Van Sant, Gus
Regista cinematografico statunitense, nato a Louisville (Kentucky) il 24 luglio 1952. I suoi temi prevalenti sono il viaggio come conoscenza e trasformazione, il mutare dei paesaggi esteriori e interiori, la 'linea d'ombra' tra l'adolescenza e la maturità, il vuoto di generazioni 'senza padri', il bisogno d'amore declinato nella diversità sessuale. Il suo stile è composito, diviso tra classicismo e sperimentalismo, pervaso di crudeltà e malinconia. Con Elephant (2003) ha vinto al Festival di Cannes la Palma d'oro per il miglior film e il premio per la regia.
Per V. S., figlio di un commesso viaggiatore, il vagabondaggio è sempre stato fonte di ispirazione, unitamente a una forte sensibilità pittorica. Nel 1970 si iscrisse alla Rhode Island School of Design, dove studiò pittura. Nel 1976 si trasferì a Los Angeles, dove approdò al cinema, prima come assistente di produzione e poi come assistente regista di Roger Corman. Dopo diversi cortometraggi, esordì nel lungometraggio con Mala noche (1985), che presenta una serie di assonanze con i successivi Drugstore cowboy (1989) e My own private Idaho (1991; Belli e dannati). Elementi comuni sono il paesaggio urbano di Portland nell'Oregon (la città dove V. S. abita), gli spazi desertici, le visioni intermittenti e le sgranature ipnotiche della pellicola, la percezione alterata, il destino di passione e di morte di ragazzi che vivono sulla strada, visti come 'angeli caduti', innocenti e disperati insieme. Simili anche le vicende, rispettivamente un triangolo gay di amore folle, la 'via crucis' di una banda di giovanissimi rapinatori tossicomani, le scorribande di un gruppo di prostituti.I film successivi affondano la visionarietà nei recessi profondi della psiche e del disagio giovanile. In Even cowgirls get the blues (1993; Cowgirls ‒ Il nuovo sesso), dal romanzo di T. Robbins, si contaminano cultura underground, panteismo psichedelico e incipiente mutazione dei generi sessuali. To die for (1995; Da morire) è una parabola caustica e allucinata sulla distorsione del reale, ridotto a pura virtualità. In Good Will Hunting (1997; Will Hunting ‒ Genio ribelle) e in Finding Forrester (2000; Scoprendo Forrester), intervallati nel 1998 dal remake omonimo e perfettamente omologo dell'hitchcockiano Psycho (1960), gli stilemi del melodramma traspongono in uno specchio oscuro i risvolti inconsci del rapporto maestro-allievo. In Gerry (2002) e in Elephant gli ossessivi piani-sequenza dislocano i punti di vista. Nel primo caso l'ipnotica perlustrazione accompagna l'avventura di due giovani vagabondi lungo le linee infinite di un paesaggio desertico; nel secondo le simmetrie implacabili delle lunghe riprese in steadycam fanno percepire il crescendo di violenza repressa in un liceo di Portland siano all'esplosione nella strage finale, cogliendo il lato più oscuro e la disperata brutalità dell'adolescenza.
J.R. Parish, Gus Van Sant, New York 2001; A. Morsiani, Gus Van Sant, Milano 2004; A. Termenini, Gus Van Sant, Bergamo-Pisa 2004.