Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Klimt nasce come un maestro dell’arte accademica. Divenuto leader della rivolta della Secessione viennese, abbatte senza mezzi termini i confini tradizionali tra le arti e fonda uno stile nuovo (Stilkunst) che plasma ogni aspetto della creazione artistica alla ricerca di una armonia unitaria e universale di linee e decorazioni astraenti.
Una carriera fulminea
Nel 1883 Klimt si diploma alla Kunstgewerbeschule – la scuola viennese annessa al Österreichisches Museum für Kunst und Industrie, il Museo dell’Arte e dell’Industria, impostato sul modello innovatore del South Kensington Museum di Londra (ora Victoria and Albert Museum). Si afferma a Vienna come decoratore di interni monumentali nell’ambiente delle committenze imperiali. Negli anni Novanta ha ormai numerosi successi alle spalle come brillante esecutore di decorazioni murali nello stile del tardo romanticismo storicista. Inanella commissioni via via più prestigiose come i murali della Villa Hermes dell’imperatrice Elisabetta (1885) a Lainz presso Schönbrunn, gli affreschi per il nuovo Burgtheater (1886-1888) e infine i pennacchi e gli intercolumni dello scalone del Kunsthistorisches Museum (1890-1891). Klimt è già considerato l’erede di Hans Makart (1840-1884), pittore viveur principe dei salotti che dipinge secondo uno stile retorico, di revival neorubensiano. Nella seconda metà del secolo Makart aveva ispirato la maggior parte delle decorazioni degli edifici sulla Ringstrasse, il viale monumentale, sul luogo delle antiche mura, cuore del rinnovamento urbanistico della capitale asburgica.
Secessione
Presto però lo stile di Klimt mostra aspirazioni diverse. Già nel ciclo sulla storia dipinta del teatro negli ambienti del Burgtheater realizza quattro sequenze (Gli altari di Apollo e Dioniso, Il teatro di Taormina, Il carro di Tespi, Il Globe Theatre di Londra) con un nuovo naturalismo che guarda alle atmosfere della pittura di storia di Sir Lawrence Alma Tadema (1836-1912) e Lord Frederick Leighton (1830-1896), stelle della pittura inglese vittoriana. In La fanciulla di Tanagra, una delle pitture negli intercolumni dello scalone del Kunsthistorisches Museum, inizia a elaborare un nuovo tipo di bellezza femminile: proporzioni slanciate, chiome sparse, occhi bistrati, sensualità decadente. Simultaneamente a Vienna attecchiscono le idee del simbolismo internazionale. Numerosi artisti tornano in patria dopo esperienze a Parigi, riviste come “Pan” (pubblicata a Berlino dal 1895), “Die Jugend” (pubblicata a Monaco di Baviera dal 1896) diramano le idee del simbolismo tedesco, soprattutto l’opera di Max Klinger e Franz von Stuck. Dal 1893 la rivista inglese “The Studio” diffonde il gusto inglese nelle arti grafiche e in pittura. Vienna pullula di circoli artistici indipendenti – come Hagengesellschaft o il Siebener-Club degli architetti Josef Hoffmann e Joseph Maria Olbrich – che accusano il Künstlerhaus (l’associazione ufficiale) di una politica artistica ed espositiva mediocre e commerciale.
Klimt prende la guida della protesta e nel 1897 esce dal Künstlerhaus con altri 19 artisti per fondare la Secessione. Con il motto “Al tempo la propria arte, all’arte la propria libertà”, Klimt e i secessionisti vogliono condurre il gusto viennese, obsoleto e provinciale, verso una sensibilità artistica estesa agli aspetti della vita quotidiana. Si procurano un nuovo padiglione (progettato da Olbrich, sulla Ringstrasse) per ospitare mostre di artisti internazionali e austriaci innovatori. Tra il 3 aprile 1897 e il 14 giugno 1905 la Secessione cura 23 mostre e pubblica una rivista ufficiale, dando così inizio alla stagione dell’art nouveau austriaca.
Tra il 1898 e il 1903 Klimt lavora a un gruppo di grandi tele per il soffitto dell’aula magna dell’università. Filosofia (1899), Medicina (1901) e infine Giurisprudenza (1903) segnano una nuova tappa della pittura di Klimt. I professori dell’università, di orientamento positivista, chiedono a Klimt una rappresentazione delle facoltà come strumento della conoscenza umana progressiva. Ormai pienamente simbolista, Klimt crea un’allegoria cosmica in cui propone una visione della vita compromessa con il dolore. Dipinge Filosofia con pennellate impressioniste sul fondo e ottiene effetti cromatici che alludono a uno spazio apocalittico, lasciando trasparire la sagoma di una sfinge inquietante. In primo piano i corpi nudi e disarmonici dell’umanità sofferente, si avvitano in una spirale che inizia con un neonato e termina in una figura di vecchio. Nel turbinare dei corpi e nelle due figure alla base della colonna umana, Klimt si ispira agli studi di Auguste Rodin per la Porta dell’Inferno. Il fulcro della composizione è Das Wissen (Il sapere) una maschera arcaica e frontale, una sibilla dallo sguardo impassibile. Si percepisce in questa figura tutta l’influenza del simbolismo ermetico del belga Fernand Khnopff, che Klimt conosce fin dal 1894 attraverso le pagine di “The Studio”. Khnopff combina simboli storici, prediligendo epoche di lontananza mitica, in una pittura che fissa con la vernice i trapassi cromatici sottilissimi del gessetto. Predilige soggetti enigmatici immersi in atmosfere oniriche come La sfinge (1896), Medusa addormentata (1896). La pittura di Khnopff influenza una lunga serie di opere di Klimt, fino alla Judith I del 1901. Klimt rivisita profondamente il soggetto tradizionale. La tunica dell’eroina è decorata con il motivo del fiore inscritto nel cerchio, il fondo d’oro è solcato da forme stilizzate come graffiti primitivi. Nella presentazione frontale la figura dell’eroina è tagliata dai bordi dorati del dipinto, secondo il modulo di Khnopff o di von Stuck. Nei trapassi cromatici tenui dell’incarnato, nella capigliatura bruna, nello sguardo ghiacciato della vendicatrice Klimt predispone il canone di una femminilità quasi magica, connivente funesta di Eros e Thanatos, in intensa adesione spirituale al simbolismo ermetico di Khnopff, cui la Secessione dedica un numero monografico della rivista ufficiale, “Ver Sacrum” (n. 12, anno 1898).
“Ver Sacrum”
Il nome della rivista ha un significato simbolico molto forte per gli artisti viennesi innovatori. Evoca la tradizione religiosa delle origini di Roma per cui i nati nella primavera sacra agli dei erano destinati a lasciare Roma per fondare una nuova colonia; così anche Klimt e i suoi – come i nati della primavera sacra – abbandonano il Künstlerhaus per fondare la Secessione. La rivista si presenta in formato quadrato e pubblica saggi teorici sull’arte, sulla letteratura, poesie e opere di artisti europei e austriaci. Ogni numero è orchestrato come un’opera d’arte a più voci, progettata in ogni dettaglio, dal formato, al carattere, all’impaginazione, al rapporto tra testo e decorazioni. Sulle pagine di “Ver Sacrum” prende forma uno stile nuovo dove la linea, il colore, le proporzioni assumono un valore autonomo. Ciò che conta è la qualità decorativa, l’armonia e l’eleganza dell’insieme. Hermann Bahr, teorico della Secessione, indica nel saggio Impressionismus (1903) la direzione del rinnovamento: “Nessuno chiederà cosa significhi un ornamento, nessuno lo metterà in relazione con la realtà. Si può così immaginare un quadro del tutto privo di significato, che agisca unicamente attraverso i colori, che non significano né raffigurano nulla, ma suscitano sensazioni o stati d’animo con la sola loro forza”.
Beethoven
Su quei principi Klimt inventa una nuova pittura monumentale che è armonia bidimensionale di piani di colore e non colore, e stilizzazioni lineari, ormai lontana anche dalle atmosfere di Khnopff e dei simbolisti inglesi. Per la XIV mostra della Secessione (1902) – dedicata a Beethoven, che insieme agli scritti di Richard Wagner era il simbolo dell’abnegazione per l’arte come unica possibilità di salvezza – mette a punto un fregio che traspone in simboli visivi la Nona sinfonia. L’anelito alla felicità, Le forze ostili, L’inno alla gioia si susseguono in un disegno a carboncino, grafite e pastello. Ricopre con pennellate impressioniste le superfici secondarie. Nell’ultimo settore applica la foglia d’oro sul fondo esaltando nel contrasto gli incarnati delle figure eseguiti a pastello oppure risparmiati dal colore. Applicazioni di madreperla, argento, vetri colorati, chiodi da tappezziere, rilievi e solchi nella foglia d’oro cedono bagliori scintillanti. Nelle figure slanciate dai contorni ondeggianti del coro angelico sviluppa l’idea di Ferdinand Hodler, membro della Secessione dal 1900, per L’eletto (al Kunstmuseum di Berna) esposto a Vienna pochi mesi prima. Ma nella tecnica Klimt segue da vicino l’arte di Jan Toorop, il maggiore rappresentante del simbolismo olandese presente alla XII mostra della Secessione, che dai primi anni Novanta, crea enormi disegni a carboncino su tela fatti di linee eleganti e decori geometrici. Il Fregio di Beethoven introduce alla visione del monumento a Beethoven in marmi policromi, bronzo e dorature eseguito per l’occasione da Klinger. Il quarto movimento della Nona sinfonia, in una nuova trascrizione di Gustav Malher, si diffonde nelle sale. Così, in una grande sinestesia di musica, decorazione, scultura la mostra diventa opera d’arte totale (Gesamtkunstwerk).
Palazzo Stoclet
Dopo la mostra, Klimt e gli altri artisti d’avanguardia, come Hoffmann e Kolo Moser, portano avanti in modo più radicale l’ideale dell’opera d’arte totale, e la creazione di un linguaggio artistico basato sulla linea stilizzata. Il 14 giugno 1905 escono dalla Secessione. Per Klimt e il suo gruppo la svolta verso la modernità prevede ricerche in tutti i settori della creazione artistica – dall’oreficeria, alla grafica, all’ebanisteria, all’architettura e al design accanto alla pittura – per creare spazi artistici dove ogni elemento (persino l’abbigliamento e i gioielli) concorra alla definizione di uno stile unitario che sia simbolo dello spirito del tempo. Su questi principi ideali Hoffmann fonda la Wiener Werkstätte una impresa collettiva di artigianato e arte che dal 1905 progetta il palazzo di Bruxelles per la famiglia Stoclet. Raffinati collezionisti di primitivi italiani, arte indiana e buddista, gli Stoclet sono magnati intenzionati a vivere in un bagno di estetismo, e la dimora di Bruxelles è un tempio dell’arte, immaginato nei minimi e squisiti dettagli.
Klimt esegue il fregio per la sala da pranzo commentandolo così “è l’estrema conseguenza della mia evoluzione nell’arte dell’ornamento”. Un mosaico su pannelli di marmo intarsiati d’oro, smalto, coralli e pietre dure svolge il tema de L’albero della vita i cui tralci a spirale abbracciano le pareti della sala. Una figura femminile esile dal volto orientale è la Danzatrice (attesa) e la coppia stretta nell’abbraccio sviluppa il tema, già trattato nel Fregio di Beethoven, de L’anelito alla felicità placato nella poesia. Sulla parete che fronteggia la finestra, un mosaico rettangolare di tessere geometriche, motivi ellittici e spiraliformi, in materiali preziosi e pietre dure è un trionfo dell’ornamento privo di qualsiasi allusione figurativa.
La linea
È la pienezza dello stile Secessione. Il ritratto di Adele Bloch-Bauer (1907) e Il bacio (1907-1908) sono i capolavori del nuovo stile lineare, decorativo ed estetizzante.
Nel Ritratto di Adele Bloch Bauer Klimt ritrae una signora altoborghese dell’élite ebraica di Vienna, già sua modella per il dipinto Judith I nel 1901. Sotto una profusione di decori a motivi geometrici trapela la tessitura diafana dell’incarnato. Il monile che porta al collo, lo stesso della Judith I (un gioiello, dono del marito), ha una foggia quasi tribale. Le mani tortuosamente contratte nascondono lo sfregio della mano dopo un incidente. Nella visione di Klimt, Adele incarna la donna mutilata e mutilatrice, il femminile fragile ma anche rapace e distruttore, moderna Salomè, Giuditta o Medusa. Nella perfezione geometrica del formato quadrato, nella superficie preziosa, nella tessitura pittorica sottile, Klimt rinnova il genere del ritratto rappresentativo che non è più soltanto un precipitato del gusto e del rango del modello, ma col simbolismo dell’oro assume il carisma dell’icona orientale.
In quegli anni, l’autorità delle norme accademiche (la prospettiva, le distinzioni tra i generi) si avvia al tramonto, aprendo una crisi per la pittura tradizionale. Il ritratto di Adele Bloch-Bauer è così molto più di un dipinto tradizionale: è un collage di materiali extrapittorici come l’oro in foglia, l’argento, la madreperla, un sontuoso amalgama di pittura, arte orafa e mosaico.
Ne Il bacio le linee di contorno screpolate e flessuose esprimono tutto il lirismo e la tensione corporea dell’unione. Ma il disegno raffinatissimo fatto di linee tremule e sfatte è la qualità veramente profetica di tutta l’arte di Klimt.
In un catalogo foltissimo di fogli a matita, a sanguigna o a carboncino seguiamo l’evoluzione di Klimt fino all’invenzione di una linea che costruisce la composizione e comunica emotività. Oltre l’orizzonte dell’art nouveau, il disegno di Klimt è profondamente compreso dai giovani espressionisti, su tutti Egon Schiele. L’arte lineare di Klimt presagisce la speciale declinazione tedesca dell’espressionismo che svilupperà il potenziale espressivo della linea piuttosto che del colore. E arriverà fino al movimento della Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit) che dagli anni Venti svilupperà un realismo acuto e radicale con il segno nitido e crudo di Christian Schad, Otto Dix e George Grosz.