Stresemann, Gustav
Politico tedesco (Berlino 1878-ivi 1929). Da giovane fu uno degli esponenti delle organizzazioni imprenditoriali tedesche e propugnò una più attiva partecipazione dell’industria alla vita politica del Paese. Membro del Partito liberal-nazionale (1903), deputato al Reichstag (1907-12; e dal 1914), capo del gruppo parlamentare del suo partito (1917), fu fautore convinto dell’espansione economica e coloniale e dell’estensione territoriale della Germania in Europa, dalle Fiandre ai Paesi baltici; solo più tardi (1918) riconobbe il fallimento di queste sue idee, divenendo un promotore della conciliazione fra i popoli. Fondò (1918) la Deutsche Volkspartei e divenne membro dell’Assemblea costituente di Weimar. Concesse l’appoggio del suo partito al gabinetto Cuno, poi (1923) divenne cancelliere e ministro degli Esteri di una grande coalizione, comprendente anche i socialdemocratici. Scopo della sua politica fu il risanamento finanziario e il ristabilimento della pace interna: garantì il primo con l’emissione della Rentenmark, il secondo con il rovesciamento dei governi comunisti in Turingia e Sassonia e con la repressione del Putsch di Hitler a Monaco. Tutto ciò nel breve periodo di qualche mese, perché il 23 nov. 1923 fu estromesso dal cancellierato. Rimase però ininterrottamente ministro degli Esteri fino alla morte, e fu merito della sua abilità l’inserimento progressivo della Germania nella nuova comunità internazionale del dopoguerra. Ottenne agevolazioni nel pagamento delle riparazioni, pose termine alla questione della Ruhr, accolse il principio della sicurezza collettiva con il Patto di Locarno, condusse le trattative per l’ammissione della Germania nella Società delle nazioni; infine rassicurò l’URSS, preoccupata dal riavvicinamento alle potenze occidentali, confermando gli impegni già stabiliti a Rapallo (conferenza di Berlino, 1926). Ebbe (1926) il premio Nobel per la pace, con A. Briand.