NACCIARONE, Gustavo
NACCIARONE, Gustavo. – Figlio di Nicola, noto maestro di musica nell’ambiente napoletano del suo tempo, e fratello del celebre pianista Guglielmo, nacque a Napoli il 28 febbraio 1831. Nacciarone si formò presso la Libera scuola del pittore teramano Giuseppe Bonolis, dal quale ereditò la forza plastica delle figure.
La scelta di aderire alla riforma della pittura di storia operata in quegli anni da Domenico Morelli si evince da un aneddoto, ricordato dalle fonti (Della Rocca, 1883; Giannelli, 1916), tratto dal diario dello stesso Nacciarone (quest’ultimo, comparso in un lotto d’asta, in Domenico Morelli e la sua epoca, catal. d’asta, Christie’s, Roma 10 giugno 1975, fu acquistato nel 1996 dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, inv. 9554), che innanzi a un bozzetto del pittore napoletano, comprese chiaramente il significato e l’importanza stessa della nuova formula: «passai con la mente giovanile ad una visione di un sentimentalismo affascinante».
La devozione per Morelli, e la successiva amicizia, lo avrebbe portato più tardi a divenire proprietario di un nutrito nucleo di lettere, carte e disegni appartenuto allo stesso Morelli, non solo autografi, fra i quali uno schizzo di Victor Hugo (Vertova, 2001, p. 543), confluiti dapprima nella citata asta di Christie’s, poi acquistati dallo Stato.
Nel 1855 esordì alla Mostra di belle arti del Real Museo Borbonico presentando il dipinto La morte di Roberto, che gli valse la gran medaglia d’argento (Annali civili...,1855, p. 83).
Contrariamente a quanto sostenuto dai suoi primi biografi, Nacciarone non abbandonò i pennelli per svolgere una professione diversa per poi riaccostarsi alla pittura solo in tarda età. L’allontanamento dall’arte fu breve, ed è possibile registrare la sua presenza nelle varie esposizioni della Società promotrice di belle arti di Napoli sin dalla fase iniziale.
Infatti, alla I Mostra della Promotrice esposeDonna in maschera e Isabella Orsini col suo paggio, opera, quest’ultima, che attesta l’avvenuta adesione del pittore al rinnovamento linguistico avviato da Morelli nell’ambito della pittura di storia; gli episodi erano adeguati a un linguaggio veristico, tanto nel contenuto, con l’utilizzo di costumi e di oggetti ispirati a modelli reali, quanto nell’espressione stilistica, attraverso lo studio naturalistico del rapporto fra la luce e il colore e grazie all’adozione di una pennellata moderna
La sua presenza proseguì poi nelle Promotrici di Napoli del 1864 con La sorpresa e La cripta nel duomo di Napoli (che piacque a Francesco Netti) e del 1866 con Maria Stuarda nel parco della regina e Veronica Cibo. Alla V Promotrice del 1867-68 erano in esposizione due sue opere, Ella cerca un fiore e Una contadina che, sorteggiate a chiusura della mostra, furono aggiudicate rispettivamente a Giovanni Vonwiller e a Mariano Tasso. La Fioraia presentata nel 1869 fu assegnata, sempre tramite sorteggio, al principe Umberto. Alla Promotrice del 1871 espose La romanza favorita.
Maturato in seno alle versatili possibilità offerte dall’orientamento morelliano, il genere orientalista fu indagato spesso da Nacciarone, come dimostrano i numerosi titoli del corpus delle sue opere, fra cui Gulhanam, esposta alla Promotrice del 1873, o il dipinto intitolato Ogni canto dell’harem può esser così del 1878, presentato a quella del 1879, acquistato dal re per 750 lire e confluito nelle raccolte del Museo di Capodimonte di Napoli (Valente, 1997, p. 594).
Il soggetto di quest’ultima tela, un mezzo busto femminile di grande sensualità, rientra in una precisa scelta iconografica, indirizzata alla raffigurazione di donne di grande fascino, odalische accoglienti, che appagavano la crescente richiesta di un collezionismo alto-borghese. Inoltre, la commistione fra elementi orientali e occidentali, giocata soprattutto fra l’intonazione generale delle raffigurazioni, ricche di oggetti e di stoffe che ricordavano l’oriente, e i caratteri riconoscibili delle donne partenopee, doveva risultare ancor più attraente agli occhi dei collezionisti italiani ed europei.
Ai temi orientalisti Nacciarone continuò ad affiancare vedute tratte dal vero o scene mutuate dal repertorio di vita quotidiana. Nel 1882, in riferimento a un quadro con soggetto la Costa di Posillipo, il pittore veniva giudicato uno dei migliori artisti napoletani del momento (L’Illustrazione Italiana, 4 giugno 1882). Alla mostra del 1883 espose due opere orientaliste, l’acquerello Nell’harem e Haidée, quest’ultima venne presentata anche alla Nazionale di Torino del 1884. Haidée trova origine ne Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas, noto sin dal 1844, anno della sua uscita a puntate, ispirato alla figura della principessa greca, figlia del Pascià di Giannina, salvata dalla schiavitù dal protagonista del romanzo, Edmond, e poi divenuta sua sposa.
Il suo interesse si aprì poi al giapponismo: alla Promotrice del 1880 espose la Giapponese, nel 1884 fu la volta di Nel Giappone, I fiori al sepolcro (acquistato da Umberto I), Coste di Posillipo e un acquerello privo di titolo. Alla Mostra nazionale di Bologna del 1888 inviò due acquerelli, Una Giapponese e un’Odalisca, che non sfuggirono alla critica per gusto e fattura (L’Italia artistica, XXIX [1888], 11).
La Galleria Ricci Oddi di Piacenza possiede un olio su tela raffigurante una Giapponesina, pervenuta nelle collezioni museali in allegato a una vendita di opere appartenute a Nacciarone (quattro di Morelli e una di Giuseppe Boschetto), mediata dal pittore Giuseppe Casciaro con i familiari dell’artista nel giugno 1918.
La sua multiforme produzione trovò sempre il favore dei critici e dei collezionisti. Momento di riposo, Posillipo e La preghiera, presentati alla Mostra nazionale di Torino del 1880, ottennero vasti consensi di critica che lodò particolarmente Posillipo, con «macchiette di donne ammirabilmente fatte» (Filippi, 1880, p. 159). Il dipinto, che fu acquistato da Benedetto Maglione (da identificare con Scampagnata a Posillipo; si veda Catalogo della vendita all’asta pubblica di una importante raccolta di arte moderna nonché scelti oggetti appartenenti a Donna Teresa Maglione Oneto, Napoli 1922, p. 15), piacque molto anche a Ferdinando Fontana (1880, pp. 196 s.), che commentava: «Un pittore il quale deve avere un ingegno originalissimo è il signor Nacciarone Gustavo, di Napoli. Basterebbe il suo Posillipo a provarlo e a dare di lui le migliori speranze. C’è l’impronta di un temperamento spiccato e pieno di vita. Quella tavolata di convitati, sulla sinistra della tela, è da sola un piccolo capolavoro. Anche gli altri due quadri, La preghiera e il Momento di riposo, sono buoni».
In sede nazionale continuò a esporre opere giapponesi e orientaliste: alla Mostra nazionale di Palermo nel 1891-92 oltre al Pergolesi proponeva due scene orientali, Haschich! e Orientale. L’interesse di Nacciarone passò naturalmente all’ambito pompeiano. Alla mostra della Promotrice del 1881 espose un dipinto che nel titolo riportava i versi di un Epistola di Plinio Et puteis jam non aqua manabat, sed pestilens exhalabat fumus.L’opera raffigurava: «una giovine schiava [che] va al pozzo del cavedio per attingere acqua; al momento che s’affaccia per immergere la situla, ecco che un fetido sbocco di fumo la respinge indietro spaventata e sorpresa». (L’Illustrazione Italiana, 5 marzo 1882, p. 161).
Con una Scena in Pompei Nacciarone prendeva parte alla I Esposizione d’arte italiana-spagnola organizzata a Berlino nel 1883 e con un altro soggetto pompeiano (Un’offerta) all’Esposizione italiana di Londra del 1888.
Certamente l’ombra di Morelli pesò non poco sulla notorietà di Nacciarone, che, a differenza del maestro napoletano, non giunse mai a sfaldare le forme pittoriche, preferendo, alla resa bozzettistica, una maniera più plastica e solida, in cui la nota caratteriale prevalente diveniva la grande qualità pittorica e la preziosità dei materiali, senza mai perdere, nello studio del rapporto fra luce e colore, il contatto col vero, come indicato da Filippo Palizzi, l’altro punto di riferimento di Gustavo e di tutta la scuola artistica napoletana del secondo Ottocento.
Nacciarone continuò ad essere assiduo frequentatore delle Promotrici di Napoli alternando sempre temi orientalisti, giapponesi e neopompeiani a immagini di un intimo realismo di tono borghese: nel 1885 con Curiosità pericolosa, nel 1886 con il dipinto Adsitis, Divi neu vos de paupere mensa dona, nec e puris spernite ficti[li]bus, tratto da Tibullo, e un acquerello senza titolo, nel 1890 con la Chiesa di S. Gregorio Armeno (acquistato da Umberto I) e nel 1894 con la tela In cerca di sogni.
Ebbe una vera infatuazione per la figura di Giambattista Pergolesi, che lo condusse a compiere, in un lungo rovello creativo, diverse versioni di un tema caro all’iconografia melodrammatica, estrapolando dalla biografia del musicista il momento terminale della sua vita. Stimolato da Morelli, rimasto insoddisfatto dal dipinto di Ferdinando Ruggiero raffigurante Pergolesi nell’atto di vendere all’usciere della Congrega di s. Ferdinando l’ultima sua composizione, lo Stabat Mater, della collezione Vonwiller, il dipinto di Nacciarone mostra più di un legame iconografico e compositivo col disegno di Morelli della Galleria d’arte moderna di Torino. Inoltre, il momento scelto dall’artista coinciderebbe con la scena finale del melodramma G.B. Pergolesi musicato da Paolo Serrao per il teatro di Fondo di Napoli (oggi Mercadante) nel 1857, tratto a sua volta dal dramma storico di Gennaro Bolognese (Pergolese, prima rappresentazione, Napoli, teatro dei Fiorentini, 1854), e dalla biografia del musicista inclusa da Francesco Florimo nel Cenno storico sulla Scuola musicale di Napoli (Napoli, 1869, riedito nel 1880-82; si veda F. Degrada, Dipingere il mito: N. e Pergolesi, in Omaggio a Pergolesi…, 2003, pp. 22-39).
Alla Promotrice di Napoli del 1888 oltre a un Ritratto, registrato in catalogo senza ulteriori indicazioni, Nacciarone espose il primo dipinto dedicato a Pergolesi, Quando corpus morietur, fac ut animae donetur Paradisi gloria…, riproposto nel 1889 alla Promotrice di Torino. Più tardi, alla Triennale di Milano del 1891 esponeva una versione datata 1890, intitolata più semplicemente Le ultime ore di Giambattista Pergolesi, acquistata dal ministero della Pubblica Istruzione per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (Giannelli, 1916, p. 345) ed inviata nel 1903 al Museo di S. Martino di Napoli per volere del conservatore Vittorio Spinazzola, che la destinava alla sezione dei ricordi teatrali (sulla vicenda del dipinto si veda: Omaggio a Pergolesi , 2003, pubblicato in occasione del restauro del quadro). L’opera fu esposta ancora nel 1891-92 alla Mostra nazionale di Palermo e nel 1892 alla VI Internazionale d’arte di Monaco di Baviera, con il titolo La morte di Pergolesi (... Quando corpus morietur, fac ut animae donetur Paradisi gloria...). La raccolta della Provincia di Napoli possiede una versione datata 1891 (inv. n. 235 del 1912; D’Alessio, 2001, p. 137).
Tra le numerose occasioni espositive offerte dal panorama nazionale, Nacciarone partecipò con costanza anche alle mostre di Brera e a quelle della Società promotrice di Torino, cosa che indusse De Gubernatis a classificarlo come pittore piemontese (1889, p. 320). La sua partecipazione si registra anche in poche edizioni della Promotrice di Genova: in quella del 1881 con due opere, Pompei e Una Giapponese.
Secondo quanto scritto nel già ricordato memoriale (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, inv. 9554), fu attraverso le sue relazioni con i mecenati e i collezionisti più in voga di Napoli che molti artisti del suo tempo, come Vincenzo Gemito, entrarono in contatto con queste eccellenti personalità, come i Maglione e i Rotondo (sostenendo anche di aver introdotto lo stesso Morelli in quest'ultima famigliA) e, ancora, che fu suo il merito del lascito Rotondo al Museo di S. Martino di Napoli (Morgese, 2003, p. 19).
Fra le grandi commissioni sacre o decorative, cui partecipò, si ricorda l’impresa collettiva della decorazione della cattedrale di Altamura per la quale fornì un S. Vincenzo de’ Paoli (Farese Sperken, 1996, p. 117).
Abilissimo disegnatore, fu illustratore per vari periodici a stampa specializzati in arti figurative, fra i quali L’Illustrazione Italiana. In diversi numeri del periodico edito da Treves, le illustrazioni di Nacciarone accompagnavano gli articoli sui luoghi e i costumi della città di Napoli e dei suoi dintorni redatti da Carlo Del Balzo (La necropoli monumentale nel dì dei morti, incisione, 26 novembre 1882); ancora nel 1882 (17 dicembre 1882) sono riprodotti diversi suoi disegni dedicati a monumenti napoletani (fra i quali si evidenzia quello relativo all’affresco pompeiano della villa di Alconio).
Secondo Giannelli (1916, p. 344), concluse la sua carriera come professore onorario dell’Accademia di belle arti di Napoli, notizia smentita dallo stesso artista nelle pagine del suo diario, che, non senza una nota dolente, sostenne che gli otto anni trascorsi nel corpo insegnante dell’istituto (fu docente di prospettiva dal 1894 e di ornato nel 1895 in aggiunta a Ignazio Perricci, come risulta dagli atti dell’Archivio storico dell’Accademia di Napoli) non gli avevano procurato nemmeno quell’effimera gratifica; altre fonti concordano nel riconoscergli il ruolo svolto come direttore della scuola serale dei Vergini della stessa città.
Morì a Napoli il 26 giugno 1929.
La Galleria nazionale d’arte moderna di Roma possiede un nutrito nucleo di grafica di autori vari del panorama artistico napoletano dell’ultimo Ottocento, proveniente dalla collezione di Nacciarone, consistente in 146 disegni e 28 lotti di autografi (inv. nn. 9388-9557), acquistati nel 1996.
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