MORELLI, Gustavo Stanislao
MORELLI, Gustavo Stanislao (Stanislao). – Nacque a Figline di Valdarno (Firenze) il 21 febbraio 1828 da Rinaldo, piccolo possidente, e da Adriana Cappelli. Compì i suoi studi prima a Figline e poi all’Università di Pisa. Nel 1848 prese parte, con il battaglione degli universitari pisani, alle battaglie di Curtatone e Montanara. Falliti i moti del 1848, fu ancora nella legione di universitari che tentarono di occupare Roma, ma venne fermato ai confini, arrestato dagli agenti del governo toscano e costretto a rimpatriare. Tornò allora agli studi: si trasferì all’Università di Siena e si laureò in Giurisprudenza. Esordì nel mondo letterario con alcune poesie patriottiche e con la collaborazione al giornale L’arte.
Tra i pochi componimenti giovanili pervenuti, si ricordano un brindisi recitato a Siena nel 1852 in un banchetto di scolari e un inno alla Bandiera d’Italia in terzine: «Non è l’insegna di un popol potente / Che sogni col lampo dell’armi cruente / Il mondo alla legge del forte curvar. // È l’iride in terra di un popol di schiavi / È l’umil vessillo d’un pugno di bravi / Che al dritto alla fede sacraron l’acciar. // Oh sventola altero, segnal dei risorti / Tu sei battezzato col sangue dei forti / Che han dato il più bello dei tuoi tre color! / Oh sventola! E intorno ti cingan serrati / I fianchi lucenti dei nostri quadrati / Bastioni di ferro dell’italo onor» (Magherini Graziani, 1881).
Risale al 1856 il suo primo dramma, Fra Monreale, pubblicato a Firenze per i tipi di Mariani, nel quale volle riunire in una sola vicenda le due figure storiche di Cola di Rienzo e di Monreale, e rappresentarli come «novelli Titani» pronti a sacrificarsi per la medesima ambizione. Nel 1859 la salute malferma gli impedì di tornare a combattere: decise allora di scrivere un dramma storico e patriottico da molti anni immaginato, l’Arduino di Ivrea, così da partecipare alla causa nazionale «colla penna e colla parola» (Magherini Graziani, 1881, p. XI).
Tra il 1859 e il 1860 restò a Figline, vivendo in modestissimo stato, con gli scarsi guadagni della sua professione di procuratore. Dopo la dichiarazione di guerra all’Austria nel 1866, abbandonò la moglie e le due figlie per arruolarsi con Garibaldi e partecipare alla campagna del Tirolo; poi, ascritto al 9° reggimento, fu sui campi di Condino, dove guadagnò la medaglia al valor militare. In questa occasione contrasse l’etisia, che gli tolse lentamente la vita e le forze.
Di ritorno a Figline lavorò tenacemente e portò a termine l’Arduino di Ivrea, dramma che lo consacrò alla fama nazionale. Grazie alla mediazione di alcuni amici, primo fra tutti Ferdinando Martini, riuscì a farlo rappresentare al teatro Alfieri di Torino e a coinvolgere, nella parte del protagonista, prima il grande attore Tommaso Salvini, poi l’altrettanto noto Ernesto Rossi. Tra il 1868 e il 1872 il dramma fece il giro dei teatri italiani, ottenendo ovunque successo.
Riprendendo la poetica di Ugo Foscolo, Alessandro Manzoni e Giovanni Battista Niccolini, Morelli volle incarnare con quest’opera il suo ideale di dramma nazionale e annodare l’epopea medievale con quella del riscatto dell’Italia: Arduino era infatti il primo italiano ad aver cinto la corona del suo paese, a dover lottare contro un re tedesco, a tentare di arginare l’invasione dello straniero, e fu rappresentato come ‘figura’ di Vittorio Emanuele II e della sua lotta per l’indipendenza e l’unificazione italiana. «Lo scopo del Morelli nello scrivere il suo dramma – osserva Magherini Graziani (1881, p. XXIII) – non era quello di porger diletto al pubblico e di ricavare applausi, sibbene d’incarnare l’idea, che l’aveva fatto il Tirteo dell’Università quando vi era studente, quella che l’aveva fatto combattere sui campi lombardi. Coi primi versi giovanili egli poneva le basi del suo edifizio letterario, compiuto poscia in età matura coll’Arduino il quale trovava la sua origine nel grande e generoso intendimento di riunire le sparse membra dell’Italia all’ombra di un solo vessillo. L’opera del poeta così compiva quella del soldato».
Con il dramma successivo, Ettore Fieramosca (1873), per il quale si ispirò al romanzo omonimo di Massimo d’Azeglio, Morelli volle «rammentare al pubblico che, se l’Italia era da poco divenuta nazione e come tale considerata dalle altre in seguito ad eventi insperati, non erano stati gl’Italiani sotto il dominio dello straniero per mancanza di valore, […], sibbene per fatalità di tempi e di sorti avverse»: egli tentò così di proseguire il «lento lavoro di rigenerazione del carattere nazionale» (ibid., p. XXXIX). Nel 1874 fu la volta della commedia Perdonare e farsi perdonare, rappresentata in gennaio al teatro delle Logge col titolo Luisa.
Come avvocato Morelli ebbe doti di eloquenza e passione pari a quella poetica: «accortissimo, sapea ben tendere lacci e simularli con abilità; difficile ch’egli cadesse in quelli dell’avversario per quanto posti con arte e nascosti con maestria: nell’esposizione dei fatti era semplice e conciso, stringente ed efficace» (ibid., p. XLVIII). Democratico moderato, ricoprì anche cariche di natura politica e amministrativa: rappresentò il comune di Figline nel Consiglio della Provincia, fu consigliere comunale, giudice conciliatore, e infine presidente della Società operaia del suo paese. «Non volle esser deputato, malgrado le reiterate preghiere dei suoi compaesani adducendo per buona ragione che se avesse accettato avrebbe dovuto trascurare l’onorevole mandato, perché non poteva abbandonare gli affari da cui traeva la vita e per sé ed i suoi cari» (Catanzaro, 1889, p. 105).
Giornalista appassionato ed esperto di cose militari, collaborò con la Gazzetta d’Italia (di cui fu altresì redattore) e con la Rivista europea durante il conflitto russoturco.
Tra la fine del 1880 e l’inizio del 1881, la sua malattia si aggravò. «Era uno strazio sentirlo parlare negli ultimi anni – ebbe a ricordare Emma Perodi (1882, p. 316) – Per esercitare la professione legale era costretto a venire a Firenze e difendere dinanzi al tribunale le cause, poi correva alla Gazzetta d’Italia a scrivere il Diario Politico-Militare e lavorava stanco, sfinito, coi capelli attaccati alle tempie dal sudore della febbre. Era un’ombra che camminava e quando io gli diceva di aversi cura, di non fare quella vita strapazzata che lo uccideva, rispondevami con voce quasi spenta e tossendo: “Bisogna che porti un po’ di ciccia alle mie bambine”. Poi venivano i mesi in cui la forza di lavorare per le sue bambine gli mancava, in cui la febbre, la tosse, i getti di sangue lo costringevano a letto ed allora non lo vedevano più sotto gli Uffizi cogli scartafacci in mano o nei dintorni della Porta della Croce per raggiungere là il treno di Figline, dove il cuore lo chiamava non appena aveva un minuto di riposo. Ma anche sfinito, distrutto, se in presenza sua uno evocava una grande figura storica o recitava un bel verso, egli accendevasi ad un tratto in viso, gli occhi acquistavano un fuoco insolito e trascinato dalla commozione parlava lungamente con enfasi citando date, narrando avvenimenti con rara dottrina accoppiata a più rara eloquenza».
Negli ultimi giorni di vita, «scarno, estenuato, cogli occhi velati, colla bocca semiaperta, distesa sopra un modesto letticciolo, in una modestissima camera», raccomandò «con voce interrotta» al letterato Giovanni Magherini Graziani la pubblicazione dei suoi lavori per aiutare con i proventi le figlie che lasciava orfane (Magherini Graziani, 1881, p. LVIII).
Morì il 17 marzo 1881, nel convento dei minori osservanti a Figline.
Pochi mesi dopo uscì, per i tipi della Tipografia della Gazzetta d’Italia a Firenze, il volume Opere drammatiche dell’avvocato Stanislao Morelli, con prefazione e cura di G. Magherini Graziani. Il 4 giugno 1884 L’Arduino fu rappresentato a Firenze, con Salvini nella parte principale, e il 7 giugno a Figline, con Giovanni Emanuel. Magherini Graziani pubblicò per l’occasione il libello Dell’Arduino d’Ivrea di Stanislao M., in edizione di 1000 esemplari a beneficio delle orfane del poeta.
Fonti e Bibl.: Registro delle nascite della Comunità di Figline, n. 82, anno 1828, atto n. 405. E. Perodi, Stanislao M. Con ritratto e versi inediti, in Strenna album della associazione della stampa, pubblicata per cura della Commissione esecutiva per l’aumento del patrimonio sociale, Roma 1882, pp. 356 s.; Yorick [Pietro Coccoluto- Ferrigni], Vent’anni al teatro, II, Firenze 1885, pp. 111-118; C. Catanzaro, Cari estinti, Firenze 1889, pp. 101-106; Dizionario della letteratura italiana, a cura di E. Bonora, Milano 1977.