gusto
Il gusto è la modalità sensoriale che permette di identificare la natura degli alimenti. Il gusto riveste un ruolo chiave nel discriminare le sostanze ingeribili, perché utili all’organismo, da quelle da evitare, in quanto potenzialmente dannose. Per questo motivo il piano generale e le proprietà funzionali di base di tale sistema sono stati altamente conservati durante l’evoluzione naturale sia nei vertebrati sia negli invertebrati. L’interazione tra le molecole contenute nei cibi e i recettori localizzati sulla superficie apicale delle cellule gustative, presenti nel cavo orale, determina la depolarizzazione di queste ultime e il rilascio di neurotrasmettitori a livello delle sinapsi tra cellule gustative e neuroni gustativi primari. Le informazioni sugli stimoli gustativi vengono poi trasmesse alle stazioni centrali del sistema nervoso e nei vertebrati raggiungono la corteccia gustativa primaria, dove ha luogo la percezione cosciente del gusto. È importante sottolineare che i termini gusto e sapore in neurobiologia non sono sinonimi e che molti dei sapori che siamo in grado di percepire sono attribuibili a una combinazione di componenti gustative, olfattive e somatosensitive. [➔ chemotrasduzione; limbico, sistema; meccanotrasduzione; memoria; olfatto; piacere; sensazione e percezione] Le qualità gustative primarie sono quattro: amaro, aspro, dolce e salato. Recentemente è stato identificato un quinto g. fondamentale, al quale è stato dato il nome di umami, che viene suscitato da alcuni amminoacidi, e in partic. dal glutammato monosodico. La possibilità di percepire solo poche sensazioni distinte potrebbe essere interpretato come una minore capacità di questo senso rispetto ad altri, per es. all’olfatto, ma esiste una spiegazione evolutiva: un numero limitato di gusti da discriminare aiuta a riconoscere con facilità gli alimenti che devono essere assunti e a evitare quelli dannosi. La maggior parte delle specie animali tende a consumare prevalentemente cibi che hanno g. dolce o umami, perché questi identificano sostanze nutritive altamente energetiche o necessarie per la sintesi proteica, mentre l’aspro e l’amaro possono essere rilevatori della presenza di componenti nocive, quali tossine o batteri. Il salato risulta attrattivo o repulsivo a seconda delle necessità fisiologiche dell’organismo e della concentrazione di sali in quell’alimento.
Le molecole delle quali sentiamo il g. vengono rilevate da recettori specializzati presenti sui microvilli della membrana apicale delle cellule gustative, che sono elementi epiteliali modificati, localizzati in tutto il cavo orale, in partic. sulla lingua e sul palato. Al polo basale le cellule gustative formano sinapsi con i dendriti dei neuroni sensoriali (fibre afferenti gustative primarie), che trasmettono le informazioni al cervello. Anche se le cellule gustative non sono neuroni, esse sono elettricamente eccitabili e i loro contatti con le fibre sensoriali hanno le caratteristiche delle sinapsi chimiche. Le cellule gustative si raccolgono nei bottoni (o calici) gustativi, strutture di forma sferoidale tipicamente composte da 50÷100 cellule. I bottoni possiedono una piccola apertura (il poro gustativo) situata alla superficie dell’epitelio da cui protrudono i microvilli che prendono contatto con le sostanze disciolte nella saliva. In ogni bottone gustativo si osservano quattro tipologie cellulari: cellule chiare, scure, intermedie e basali. Le cellule basali sono cellule staminali che permettono il turnover dei componenti del bottone gustativo; le cellule gustative, infatti, hanno vita breve (circa 10÷15 giorni) e vengono rigenerate continuamente. È ancora dibattuta, invece, l’identità degli altri tipi cellulari; a oggi (2010) sono state formulate due ipotesi: alcuni ritengono che rappresentino i successivi stadi di differenziamento delle cellule gustative, mentre altri le classificano come elementi appartenenti a linee cellulari distinte che codificano l’informazione derivante da stimoli gustativi diversi. Sulla lingua i bottoni gustativi sono, a loro volta, organizzati in papille, piccole protuberanze che rivestono interamente la superficie di questo organo. Nell’uomo esistono tre tipi di papille gustative, che si distinguono per caratteristiche morfologiche e localizzazione elettiva. Le papille fungiformi, così chiamate per la loro forma a fungo, contengono da uno a otto bottoni gustativi e si trovano nei due terzi anteriori della lingua. Le papille circumvallate, costituite da centinaia di bottoni gustativi, sono le più voluminose, hanno la forma di piccole piattaforme circondate da solchi e sono localizzate nel terzo posteriore della lingua. Le papille fogliate, contenenti anch’esse diverse centinaia di bottoni gustativi, sono pieghe verticali situate sui bordi della lingua. Un tempo si riteneva che le cellule gustative, che rispondono a ciascuna delle qualità fondamentali del g., fossero compartimentalizzate in diverse zone della lingua (per es., il dolce sulla punta della lingua e l’aspro sulle parti laterali). Più recentemente questa teoria ha perso la sua validità, dal momento che è stato osservato che la distribuzione topografica delle papille gustative non è discontinua, ma presenta ampie zone di sovrapposizione.
Le papille gustative non sono gli unici recettori sensoriali presenti nel cavo orale: infatti, esse sono intercalate con meccanocettori e termocettori,che sono sensibili a proprietà fisiche, chimiche e termiche dei cibi. I segnali trasdotti da questi recettori sono trasmessi al sistema nervoso centrale dai nervi cranici trigemino, vago e glossofaringeo. Da questa componente somatosensitiva derivano le informazioni sulla consistenza e sulla temperatura, ma anche le sensazioni prodotte dagli alimenti piccanti, da sostanze come la menta o dalle bevande frizzanti. Per es., alcune terminazioni sensoriali presentano recettori sensibili al calore, ma che rispondono anche all’interazione con alcune spezie, come la capsaicina contenuta nel peperoncino. Altri termocettori, invece, solitamente associati alla percezione del freddo, sono attivati dal mentolo e sono responsabili della sua caratteristica sensazione rinfrescante. Anche la sensazione di bruciore che accompagna l’ingestione di bevande alcoliche o quella astringente prodotta dai polifenoli (come l’acido tannico contenuto nel tè, nel vino rosso e nei frutti acerbi) sono attribuibili alla stimolazione chimica di recettori presenti sulle terminazioni somatosensitive.
L’interazione tra senso del g. e olfatto è fondamentale per la percezione della vasta gamma di sapori che ciascuno è in grado di riconoscere. Durante la masticazione e la deglutizione, infatti, le molecole volatili che si liberano dai cibi e dalle bevande si disperdono nell’aria all’interno della bocca e raggiungono l’epitelio olfattivo sito nella parte superiore delle cavità nasali attivando i recettori olfattivi. Per capire fino a che punto le sensazioni olfattive siano parte integrante della percezione gustativa, basta provare ad assaporare qualcosa tappandosi il naso (e chiudendo gli occhi): risulta difficile distinguere il tè dal caffè, il vino bianco da quello rosso, la mela dalla patata, la cioccolata dallo zucchero. Questo non dovrebbe sorprendere dal momento che tutti hanno vissuto l’esperienza del mancato riconoscimento dei sapori durante un raffreddore. Nonostante questo rilevante contributo fornito dal sistema olfattivo, il g. viene identificato come una sensazione che proviene solo dalla bocca e non dal naso. Si pensa che questo sia dovuto all’attivazione del sistema somatosensitivo che si determina per il contatto dei cibi e delle bevande con la superficie della lingua e le pareti della cavità orale.
Le qualità gustative primarie sono trasdotte tramite meccanismi di chemotrasduzione differenti tra loro. La percezione dei gusti ‘buoni’, il dolce e l’umami, è mediata da due recettori accoppiati a proteine G, che formano la famiglia T1RS (Taste Receptors 1, ossia recettori del gusto di tipo 1). Esiste un unico recettore per il rilevamento delle sostanze dolci (naturali ed artificiali) e uno per le molecole che inducono la sensazione umami, ma la presenza di numerosi siti di legame sulla porzione extracellulare di questi recettori può spiegare come sostanze di struttura molecolare diversa, che suscitano le stesse sensazioni gustative, interagiscano con il medesimo recettore. Le proteine T2RS (Taste Receptors 2) sono un’altra famiglia di recettori associati a proteine G (circa 30), identificati come i sensori degli stimoli amari. La variabilità interindividuale, che è stata accertata nell’espressione dei recettori T2RS, può spiegare il motivo per cui alcune persone apprezzano il sapore di cibi che contengono sostanze amare (come i cavoletti di Bruxelles), mentre altre li trovano sgradevoli. I recettori per la percezione del g. aspro sono canali ionici sensibili al passaggio degli ioni H+ presenti nelle soluzioni acide, mentre quelli del g. salato sono canali ionici selettivi per lo ione Na+. Per la trasmissione dei segnali nel compartimento intracellulare sono stati proposti meccanismi differenti: in tutti i casi il risultato finale è la modulazione dello stato di apertura dei canali ionici delle cellule gustative, che determina la loro depolarizzazione e il conseguente rilascio di neurotrasmettitori alle sinapsi con i neuroni gustativi primari.
La liberazione di neurotrasmettitori da parte delle cellule gustative determina l’insorgenza di potenziali d’azione nei neuroni sensoriali primari, che trasmettono le informazioni relative agli stimoli percepiti al sistema nervoso centrale. Recentemente (2005) è stato dimostrato che il neurotrasmettitore chiave di questo sistema è l’ATP. I bottoni gustativi delle papille fungiformi sono innervati da neuroni del ganglio genicolato, i cui assoni fanno parte della chorda tympani, una branca del nervo facciale (VII nervo cranico), mentre le papille circumvallate e foliate sono innervate dai neuroni del ganglio petroso, le cui fibre si immettono nel ramo linguale del nervo glossofaringeo (IX nervo cranico). Le cellule gustative localizzate sul palato sono innervate dal nervo gran petroso superficiale, un ramo del VII nervo cranico, mentre il X nervo cranico (nervo vago) porta le informazioni dai recettori dell’epiglottide e dell’esofago. Una peculiarità del sistema gustativo è che, diversamente dalla maggior parte delle altre modalità sensoriali, non si ha decussazione (incrocio) delle fibre e la rappresentazione degli stimoli gustativi a livello centrale è ipsilaterale, ossia il lato destro della lingua invia informazioni all’emisfero destro del cervello e il lato sinistro all’emisfero sinistro. La prima stazione di collegamento per le fibre gustative è il nucleo del tratto solitario, che si trova nel bulbo e che regola le risposte comportamentali involontarie come la salivazione. I neuroni di questa area gustativa inviano i loro assoni ai nuclei posteromediali ventrali del talamo, i quali, a loro volta, trasmettono le informazioni alla corteccia gustativa primaria (area 43 di Brodmann) localizzata a livello della corteccia insulare, e da qui alla corteccia gustativa secondaria, situata nella corteccia orbitofrontale. La corteccia gustativa secondaria è un’area di integrazione, dal momento che i neuroni localizzati in questa regione sono multimodali, ossia rispondono a un’ampia gamma di caratteristiche dello stimolo come temperatura, odore e informazioni somatosensoriali. La percezione cosciente e la discriminazione degli stimoli gustativi, infatti, ha inizio a livello della corteccia gustativa primaria, ma si completa nella regione gustativa secondaria, dal momento che l’identità del vasto spettro di aromi che vengono percepiti è codificata da una combinazione di stimoli gustativi, olfattivi, somatosensitivi e termici.
Sono stati proposti due modelli per spiegare quale sia il meccanismo mediante il quale il sistema gustativo è in grado di discriminare un g. dall’altro. I sostenitori della teoria chiamata labeled-line (delle linee marcate) ritengono che le cellule gustative periferiche siano specializzate per rispondere a una qualità gustativa primaria e che le informazioni siano trasmesse al cervello tramite vie anatomicamente segregate tra loro, postulando l’esistenza di un canale deputato alla percezione del dolce, un altro per il salato e così via. L’attivazione selettiva di specifici gruppi di neuroni sarebbe, quindi, necessaria e sufficiente per la percezione di un certo gusto. Tuttavia, si è innescato un dibattito (ancora aperto) a seguito dell’osservazione che ciascuna fibra gustativa primaria, pur rispondendo in maniera ottimale a una delle categorie gustative, è sensibile, in misura differente, anche ad altri tipi di stimoli. La teoria alternativa emersa asserisce che i diversi gusti sono codificati dalla comparazione dell’attività di scarica suscitata nella popolazione dei neuroni della corteccia gustativa (teoria dell’across-fiber patterns, ossia del pattern di attivazione della popolazione di neuroni). Secondo questo modello, il pattern di attivazione dei diversi gruppi di neuroni, ognuno dei quali risponde, preferenzialmente ma non esclusivamente, a specifiche qualità degli stimoli, determina la percezione del gusto.
Il g. è il solo tra i sistemi sensoriali in cui la percezione degli stimoli è naturalmente associata a una componente edonica. Quando assaporiamo una pietanza, infatti, non discriminiamo solo le diverse qualità degli stimoli gustativi (aspetto sensoriale), ma ricaviamo anche una sensazione di gradevolezza o sgradevolezza del g. (aspetto edonico), da cui dipende primariamente la scelta comportamentale di consumare o rifiutare quel determinato alimento. I circuiti cerebrali del piacere del cibo sono analoghi a quelli del piacere sessuale, e sono controllati dagli stessi meccanismi neuroendocrini. L’impatto edonico del g., in partic., è legato al rilascio di endorfine (➔) e alla conseguente attivazione del sistema μ- oppioide nel nucleo accumbens. Il nucleo accumbens riceve informazioni sugli stimoli gustativi grazie all’esistenza di connessioni dirette e indirette con il nucleo del tratto solitario e la corteccia insulare.
La percezione gustativa è fortemente influenzata dall’esperienza e dalla memoria delle conseguenze che l’ingestione dei diversi cibi ha prodotto a livello organico. Quando uno stimolo gustativo non ha conseguenze negative, esso viene individuato come sicuro e il consumo della sostanza a esso collegato non viene condizionato, ma se uno stimolo gustativo è associato al manifestarsi di un malessere, si determina la rapida evoluzione di un comportamento avversivo che induce il rifiuto di quel determinato alimento. Questa forma di memoria è definita avversione condizionata al gusto. La genesi della traccia mnemonica richiede l’associazione tra la percezione dello stimolo gustativo e il segnale che indica la comparsa di sintomi patologici a carico del sistema gastrointestinale. Le informazioni riguardanti lo stato del sistema viscerale (➔ neurovegetativo, sistema) sono trasmesse al sistema nervoso centrale da un ramo del nervo vago che proietta al nucleo del tratto solitario. È importante, però, sottolineare che i neuroni gustativi primari e i neuroni viscerali inviano i propri assoni in regioni distinte di tale struttura. La convergenza del segnale, che rappresenta l’identificazione dello stimolo gustativo e del feedback proveniente dal sistema gastrointestinale, si realizza nei nuclei laterale e basolaterale dell’amigdala. Sono state documentate, infatti, connessioni dirette e indirette tra la regione viscerale del nucleo del tratto solitario e i nuclei dell’amigdala; inoltre, una porzione cospicua dei neuroni della corteccia gustativa primaria invia proiezioni assonali alle stesse strutture del complesso amigdaloideo.Una volta stabilita l’associazione tra la sensazione gustativa e il feedback viscerale negativo, l’informazione viene trasmessa nuovamente alle diverse stazioni del sistema gustativo e all’ipotalamo (➔) al fine di modificare la risposta suscitata da quel determinato stimolo, trasformandola da induzione del comportamento di ingestione a rifiuto. Non è del tutto chiaro, tuttavia, quali siano le connessioni anatomiche che mediano questa comunicazione.
Con il termine disgeusia si definisce uno stato patologico in cui si osserva una distorsione della sensibilità gustativa, che può modificarsi in eccesso (ipergeusia) oppure in difetto (ipogeusia o ageusia). Queste alterazioni della percezione sensoriale possono essere riconducibili a molteplici cause, sia congenite sia acquisite. Tra queste sono da annoverarsi carenze vitaminiche, alterazioni del metabolismo, malattie neuroendocrine, malattie infettive, traumi cranici, neoplasie, patologie del sistema nervoso, effetti collaterali di alcuni farmaci. Laura Baroncelli