Hamilton, Guy
Regista cinematografico inglese, nato a Parigi il 16 settembre 1922. Buon artigiano, sicuro dei propri mezzi, ha affrontato efficacemente tutti i generi maggiori della tradizione britannica, rivelando una particolare attitudine per le storie di spie, i gialli e i film d'azione. Impegnato a partire dagli anni Sessanta in produzioni spettacolari ed economicamente ambiziose, è riuscito spesso a nobilitarne le motivazioni commerciali mediante un tocco personale di umorismo cinico e al tempo stesso scanzonato.
Nel 1939 cominciò il suo apprendistato cinematografico lavorando presso gli studi Gaumont de La Victorine, a Nizza, come assistente alla regia, e nel 1940, prima di essere arruolato nella marina britannica, curò a Londra il montaggio dei cinegiornali della Paramount inglese. Dopo aver affiancato, in qualità di aiuto regista, autori come Carol Reed e John Huston, nel 1952 realizzò il suo primo film, The ringer (L'uomo dai cento volti), un poliziesco da E. Wallace che dosava con garbo humour e suspense. Si dedicò poi a generi popolari e collaudati come l'adattamento letterario (An inspector calls, 1954; The devil's disciple, 1959, Il discepolo del diavolo), il film bellico-avventuroso (The Colditz story, 1954, La giungla degli implacabili), il melodramma (Manuela o Stow-away girl, 1957) e la commedia (A touch of larceny, 1959, Quasi una truffa), grazie ai quali, nonostante gli esiti di-suguali, nell'arco di un decennio divenne uno dei registi più apprezzati dal pubblico inglese. Al culmine della carriera fondò una società di produzione, la Tricastle Films, con cui poté realizzare nel 1963 un'opera personale, The party's over, analisi sagace di un gruppo di giovani beatnik, ma l'ostracismo della censura, che trattenne il film per parecchio tempo, affondò bruscamente le sue aspirazioni autoriali. Nel 1964 dimostrò la sua abilità nel cinema d'azione con il terzo episodio delle avventure di James Bond, Goldfinger (Agente 007 ‒ Missione Goldfinger), film con cui H. contribuì a consacrare il mito dell'affascinante spia, affinando insieme i tratti costitutivi del personaggio e orientando la serie verso la stilizzazione fumettistica e la spettacolarità fantatecnologica. Ancora al cinema d'azione appartengono Funeral in Berlin (1966; Funerale a Berlino), con Michael Caine nel ruolo di Harry Palmer, l'anti-Bond proletario creato da L. Deighton, il kolossal bellico Battle of Britain (1969; I lunghi giorni delle aquile) e altri tre film, tra i più belli, della serie di 007: Diamonds are forever (1971; Agente 007 ‒ Una cascata di diamanti), Live and let die (1973; Agente 007 ‒ Vivi e lascia morire) e The man with the golden gun (1974; Agente 007 ‒ L'uomo dalla pistola d'oro). Negli anni Ottanta H. ha diretto due gialli pregevoli da A. Christie (The mirror crack'd, 1980, Assassinio allo specchio, ed Evil under the sun, 1981, Delitto sotto il sole) e un paio di frizzanti parodie di un cinema d'azione vecchio stampo (Remo Williams ‒ The adventure begins, 1985, Il mio nome è Remo Williams; la coproduzione franco-inglese La grande fauche, noto anche come Try this one for size, 1989, Se ti piace… vai…): film meno spettacolari ma che recano ancora il segno del suo consumato mestiere.
A. Turner, Adrian Turner on Goldfinger, London 1998; B. Dunbar, Goldfinger, London 2001; J. Cork, B. Scivally, James Bond the legacy, London 2002.