h [prontuario]
Ottava lettera dell’➔alfabeto, la ‹h› in italiano, diversamente da quel che accade in altre lingue (come inglese e tedesco), è ‘muta’, cioè non si pronuncia. Soltanto in alcune interiezioni (➔ interiezione; ah, eh, boh, mah, toh, ehi, ehm, ecc.), la presenza della h si può spiegare anche come resa di un fono aspirato, o comunque a dare all’interiezione un che di sospirato o di esitante.
La h ha due funzioni:
(a) posta dopo ‹c› e ‹g› (singole o doppie) e prima delle vocali ‹i› ed ‹e›, indica che le consonanti rappresentate dai digrammi ‹ch› e ‹gh› sono ➔ velari: facchino e non faccino, ghiro e non giro, che e non ce, ghepardo, ecc. (in questa serie si possono inserire, sebbene siano un po’ diversi sul piano fonetico, i casi di chiave, ghianda, mucchio, ecc.);
(b) aiuta a distinguere tra parole che hanno diverse funzioni grammaticali e che, senza questo elemento, sarebbero omografe. I casi sono i seguenti:
(1) a preposizione ~ ha terza persona sing. del presente indicativo di avere
(2) ai preposizione articolata ~ hai seconda persona sing. del presente indicativo di avere
(3) anno nome ~ hanno terza persona plur. del presente indicativo di avere
(4) o congiunzione ~ ho prima persona sing. del presente indicativo di avere
A rigore, in questi casi la h non sarebbe del tutto necessaria, dato che anche il contesto può aiutare a disambiguare (e agli inizi del Novecento, per qualche tempo, al suo posto veniva usato l’accento: à, ànno, ecc.; ➔ ortografia). Il fatto che una h apparentemente arbitraria sia conservata nelle forme delle persone del presente indicativo di avere (e, di conseguenza, nei tempi composti di tutti gli altri verbi che richiedono avere come ausiliare: i bimbi hanno mangiato?) si spiega anche con la fedeltà etimologica alle forme originarie latine: habeo, habes, habet, habent, come è accaduto del resto in altre lingue romanze (lo spagnolo e il portoghese, non il francese; ➔ latino e italiano; ➔ lingue romanze e italiano).
Va ricordato che l’omissione dell’h nei contesti dovuti, specialmente con il verbo avere, è un errore più d’altri sottoposto a biasimo: tipico delle scritture dei semicolti o degli incolti, manifesta la mancanza del più elementare livello di istruzione.