Vedi HADDA dell'anno: 1960 - 1973 - 1995
HAḌḌA (v. vol. iii, pp. 1080 s.)
Nell'insieme della produzione artistica di Ha. rivestono un interesse particolare le sculture gandhariche in schisto e in calcare, distribuite tra il Museo Guimet ed il museo di Kabul. Esse sono tuttavia assai meno note di quelle di stucco, a causa della curiosa selezione a suo tempo operata dal Barthoux nel pubblicare il materiale di Haḍḍa. Ne ignoriamo anche il luogo preciso di rinvenimento, da porsi comunque in uno dei due siti di Tapa Kafahira e di Bagli-Ghai (o in ambedue o nelle loro vicinanze); tanto meno abbiamo elementi per stabilirne la relazione con le sculture di stucco.
È da rilevare che i rilievi di schisto sono notevolmente vicini a quelli della zona pakistana dell'area gandharica e che soltanto sporadici sono i contatti con la produzione del Kāpishā.
Nuovi scavi, apparentemente scarsi di risultati, sono stati eseguiti dall'Università di Kyoto (1965; S. Mizuno) a Lalma e in altri siti della piana di Jalalabad.
Maggiori elementi che possono lumeggiare l'evoluzione artistica di Ha. sono emersi a Tapa Shotor, un sito scavato nel 1966 e '67 dall'Istituto Afghano di Archeologia (Sh. Mustamandi). Lì, in una ristretta area sacra, si susseguono fasi diverse con decorazioni in stucco e in argilla cruda. Una corte fu scavata al centro della collinetta per ospitare un gruppo di stūpa, di modo che lo stesso taglio nel conglomerato piuttosto incoerente che ne forma il terreno fungeva da muro di cinta dell'area sacra. Gli stūpa appartengono a momenti diversi come dimostrano l'esame della pianta e le evidenti sovrapposizioni. L'esame dei piani - che non sembra essere stato condotto in modo completo - potrà fornire indicazioni preziose. Lungo le pareti si aprono delle nicchie con immagini isolate e gruppi di argilla cruda: fra esse va ricordata quella con l'eccezionale scena del Buddha che discende nelle acque d'uno stagno per visitare un nāga, in cui sorprendono la visione coraggiosamente tridimensionale, l'uso del tutto tondo e gli effetti chiaroscurali ottenuti con l'indicazione dell'incresparsi delle acque. Con questo gruppo, e con il resto delle opere in argilla cruda, siamo ben lontani dalla produzione gandharica, cui si riferiscono invece i medesimi stucchi di Tapa Shotor: possiamo ormai considerare la regione di Jalalabad in rapporto diretto con l'area di diffusione delle correnti stilistiche centro-asiatiche (Tumšuq, Adžvina, Tepe, Fondukistan, Tapa Sardar), rappresentandone essa la punta più avanzata verso la valle dell'Indo. Il Mustamandi assegna gli stūpa con decorazione in stucco al II-III sec. d. C. Non lo si può ovviamente seguire quando egli attribuisce allo stesso periodo anche la produzione plastica in argilla, che deve scendere almeno fino al VII secolo.
Bibl.: Gli scavi giapponesi sono tuttora inediti: su quelli afghani v.: Sh. Msutamandi, Rāpūr-i ḥafriyāt-i Hayyat Bāstān Šanāsī Afgānī dar Hadda, in Āryānā, XXV, 5-6, 1967, p. 5-14; id., A Preliminary Report on the Excavation of Tapai i Shotur in Hadda, in Afghanistan, XXI, i, 1968, pp. 58-69; id., Rawāq-i māhīhā, in Āryānā, XXVI, 5, 1958, p. 1-7; id., The Fish Porch, in Afghanistan, XXI, 2, 1968, pp. 68-80. Per la produzione scultorea di Ha. in generale, si vedano i cataloghi di mostre: L'Afghanistan dalla preistoria all'Islam, Torino 1961; Exhibition of Ancient Art of Afghanistan, Tokyo 1963; B. Rowland, Ancient Art from Afghanistan, s. l. (U.S.A.) 1966; Ancient Art from Afghanistan, At the Royal Academy of Arts 1967-1968, Londra 1967. Per il materiale del museo di Kabul: A. e L. Dupree, A. A. Motamedi, A Guide to the Kabul Museum, Kabul 1964. Le sculture di schisto sono state pubblicate da B. Dagens, in Monuments préislamiques d'Afghanistan (Mémoires de la Délégation Archéologique Française en Afghanistan, XIX), Parigi 1964, p. 11-34. Per uno dei più importanti rilievi in calcare del museo di Kabul v.: B. Rowland, The Tyche of Hadda, in Oriental Art, XII, 1966, pp. 183-89. Per un tentativo di sistemazione cronologica degli stucchi di Ha., peraltro privo di serio fondamento, v.: D. Ahrens, Die Chronologie der Haddakunst, in Pantheon, XXI, 1963, pp. 314-17; M. e Sh. Mostamindi, Nouvelles fouilles à Hadda (1966-67) par l'Institut Afgan d'Archéologie, in Arts Asiatiques, XIX, 1969, pp. 15-36.