HAGELADAS (῾Αγελάδας, ᾿Αγελάδας, Γελάδας, ᾿Ελάδας)
Normalmente, con questo nome, ci si vuole riferire al celebre scultore argivo dell'età dello Stile Severo, indicato dalle fonti (Suda, s. v. Γελάδας; Tzetz., Chil., viii, 325; Plin., Nat. hist., xxxiv 55, 57) quale maestro di Fidia, Mirone e Policleto. Tuttavia gli elementi cronologici forniti dalle fonti, che postulano per H. un'attività compresa fra il 529 e il 450 a. C. e quindi un'esistenza di circa 90 anni, hanno indotto varî studiosi a supporre l'esistenza di due artisti di nome H., nonno e nipote, dei quali il secondo sarebbe il celebre maestro di Stile Severo. Una soluzione sicura del problema non è possibile allo stato odierno delle nostre conoscenze. Gli elementi forniti dalle fonti sono i seguenti: Pausania (vi, 14, 11; 10, 6; 8, 6) menziona ad Olimpia, quali opere di H., due statue e una quadriga di atleti vincitori (Anochos tarantino, Kleosthenes di Epidauro, Timasitheos di Delfi), per i quali abbiamo le date del 520, 516 e 507 a. C. Parimenti arcaica doveva essere la statua di Musa con βάρβιτος ricordata in un epigramma di Antipatro di Sidone (Anth. Pal, xvi, 220) assieme ad altre due Muse di Kanachos e Aristokles. Sulla base del donario di un certo Prassitele a Olimpia, compare poi la firma di uno scultore Hargeiadas "figlio di H." (Dittenberger, Inschr. von Olympia, 631): l'iscrizione è databile al principio del V sec. a. C. A Delfi Pausania (x, 10, 6) vide un gruppo bronzeo raffigurante donne messapiche prigioniere e cavalli, donario dei Tarantini, certamente anteriore al 474 a. C. Viceversa la statua di Zeus Ithomàios fatta da H. per i Messeni profughi a Naupatto (Paus., iv, 33, 2) è da collocare fra il 460 e il 455 a. C., e probabilmente nello stesso periodo all'incirca vanno collocati lo Zeus e l'Eracle παῖδες di Aigion dello stesso H. (Paus., vii, 24, 4). Infine è ricordata l'erezione di una statua di Eracle Alexìkakos nel demo di Melite in Atene, in occasione della grande peste del 430 a. C. (Schol. Aristoph., Ranae, 504). Si aggiunga a tutto ciò che H. viene detto da Pausania (viii, 42, 10) contemporaneo di Onatas e di Hegias, mentre Plinio ne colloca l'acme al 432 a. C. Elementi quali la cronologia pliniana o la statua di Eracle di Melite sembrerebbero favorire la soluzione dei due H., ma senza dubbio, come per l'analogo caso dell'Apollo Alexìkakos di Kalamis (Paus., i, 3, 4), la data del 430 va riferita non tanto all'esecuzione della statua di Eracle, quanto alla sua nuova consacrazione quale Alexìkakos, e l'Eracle stesso doveva perciò essere più antico; né d'altra parte, come è pacifico, possiamo far gran conto della cronologia di Plmio. Ponendo dunque come limite all'attività di H. il 450 a. C., dovremmo vedere in H. una fortissima personalità di artista, vissuto dall'arcaismo alle soglie dell'età fidiaca sempre mantenendosi all'altezza dei tempi, rinnovando il proprio stile e adeguandosi alle nuove espressioni dell'arte, tanto da poter essere, per situazione cronologica e stilistica, maestro, ad esempio, di un Policleto. Esempî analoghi non mancano certo nella storia dell'arte di tutti i tempi e questa soluzione sarebbe per noi la più seducente. Ma, come si è detto in precedenza, anche l'ipotesi di due artisti diversi e legati da vincolo familiare ha i suoi elementi favorevoli e trova ampio riscontro nell'ambito della storia dell'arte antica. La scelta di una soluzione piuttosto che dell'altra rientra perciò nel campo delle singole sensibilità e concezioni. Come abbiamo visto parlando dell'iscrizione di Olimpia, H. ebbe un figlio Argeiadas, anch'egli scultore. Accenniamo di sfuggita all'ipotesi del Frickenhaus secondo la quale la parola ταρχείο dell'iscrizione di Olimpia sarebbe non èthnikon, ma patronimico: avremmo perciò un Argeios, padre di H. il vecchio, laddove l'Argeios ricordato da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 50) come scolaro di Policleto sarebbe figlio di H. il giovane. Avremmo cioè ben cinque generazioni: Argeios, H. il vecchio, Argeiadas, H. il giovane, Argeios. Naturalmente una simile costruzione è quanto mai ipotetica e parte sempre dalla premessa dell'esistenza di due H. che, finora, non è strettamente dimostrabile. Nessuna opera riferibile ad H. è rintracciabile nel nostro patrimonio monumentale e le attribuzioni finora tentate mancano purtroppo di solide basi, cosicché, per definire questa importantissima personalità dell'arte argiva, ci troviamo tuttora a brancolare nel buio. Anche il recente tentativo del Vollgraff di riportare ad H. le sculture dei frontoni di Olimpia non è sostenuta che da una fragile catena di ipotesi.
Solo attraverso le monete possiamo avere una vaga idea di due opere di Hageladas. Su una moneta di Messene [Cat. Brit. Mus.: Pelop., T. 22: iscrizione Μεσσά(νιοι) ᾿Ιϑωμ(αῖοπ)] compare infatti un'immagine di Zeus che, evidentemente, dipende dallo Zeus Ithomàios di Hageladas. Il dio avanza verso sinistra, con il ginocchio sinistro flesso, tenendo il fulmine nella mano destra levata e l'aquila nella sinistra protesa. Lo stesso schema torna nello Zeus παῖς quale è riprodotto su monete di Aigion (Journal Numism. Intern., 1899, tav. 14, 11: iscrizione Αἰγιέων παῖς). Naturalmente ogni valutazione stilistica ci sfugge, poiché questo schema è comune a tutta una serie di bronzetti distribuiti nel corso della prima metà del V sec. a. C. Non è possibile poi identificare lo Zeus Ithomàios con il celebre bronzo (cosiddetto Posidone) dell'Artemision, come qualcuno vorrebbe: infatti le immagini delle monete appaiono proiettate in avanti con il braccio destro fortemente piegato a scagliare il fulmine, laddove la statua dell'Artemision appare più staticamente bilanciata sulle gambe e con il braccio destro disteso. Né l'atteggiamento delle dita ammette l'atto di impugnare un fulmine. Tanto chiara è dunque per noi la personalità artistica di Policleto, quanto incerta ed oscura quella del suo celebre maestro H. di Argo.
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