Vedi HAGHIA TRIADA dell'anno: 1960 - 1995
HAGHÌA TRIADA (v. vol. Ill, p. 1087)
Con la pubblicazione postuma di F. Halbherr, E. Stefani e L. Banti (1980), si è idealmente conclusa la fase dei primi scavi del sito (1902-1914), assai fortunati per le SCOperte, non altrettanto per l'edizione. La descrizione delle rovine e dei trovamenti, resa talvolta meno incisiva dalle tormentate vicende successive allo scavo, non comprende purtroppo il periodo postpalaziale, al quale L. Banti intendeva dedicare uno studio specifico. Una limitata ripresa dei lavori sul campo, in seguito a scoperte occasionali, aveva nel frattempo consentito, nei primi anni '70, lo scavo di alcune abitazioni di età prepalaziale a E dell'area della necropoli e quello di un forno da vasaio del periodo Tardo Minoico I subito a E del phylàkion. La necessità di recuperare ulteriori dati relativi al primo ciclo di indagini ha indotto nel 1977 la Scuola Archeologica Italiana di Atene a riprendere sistematicamente l'esplorazione dell'area già scavata con una serie di saggi stratigrafici protrattisi fino al 1989. I risultati di queste campagne, il riesame dei taccuini di scavo e dei materiali superstiti nei magazzini del museo di Iraklion (variamente rimaneggiati nei tragici momenti dell'occupazione tedesca dell'isola), non hanno consentito, ovviamente, di chiarire tutti i dubbi. Si consideri, fra l'altro, che la stessa area archeologica di H. T. aveva ospitato una postazione militare, le cui tracce sono state a più riprese evidenziate dai nuovi saggi (trincee di tiro, canali di drenaggio, cavi in profondità per telefoni da campo, oltre ai resti di materiale bellico negli strati superficiali). Le varie fasi cronologiche e urbanistiche risultano tuttavia abbastanza chiare, in rapporto anche alle vicende della vicina Festo (v.).
Mancano finora tracce di frequentazione neolitica del sito. Per il periodo Antico Minoico, la qualità e la quantità dei nuovi ritrovamenti testimoniano un insediamento di notevole rilevanza, forse articolato in nuclei diversi. Un quartiere di abitazioni è stato localizzato a un centinaio di metri a E della grande tomba circolare, con vani di pianta rettangolare e soluzioni architettoniche che trovano confronti a Myrtos; un ambiente, proprio al limite dell'area saggiata, aveva contorno absidato. L'andamento dei muri e i livelli pavimentali documentano due distinte fasi costruttive. Fra i materiali si segnalano alcuni pìthoi, decorati anche con impronte di sigillo attorno alla base del collo; la ceramica fine è dello stile di Haghios Onouphrios; alcune forme vanno verosimilmente riferite all'Antico Minoico II; non esistono, nell'area indagata, testimonianze di frequentazione successiva al periodo prepalaziale. Un secondo polo dell'insediamento dell'Antico Minoico è stato individuato nell'area subito a s del «Piazzale dei Sacelli», dove un ricchissimo scarico, solo parzialmente esplorato, si sistemava direttamente sul terreno vergine. Un piccolo deposito di ceramica dell'Antico Minoico isolato nell'area del vano 66a della Villa e parecchi frammenti recuperati lungo le fondazioni N del c.d. Mègaron, lasciano supporre che tale scarico scendesse originariamente lungo tutto il pendio dell'altura di S. Giorgio Galata e che fosse pertanto relativo a un abitato piuttosto esteso. La ceramica, degli stili di Pyrgos e Haghios Onouphrios in costante associazione, appare per larga parte assegnabile all'Antico Minoico I e si riferisce quindi a un nucleo più antico di quello a E delle tombe, che risultano quasi equidistanti dai due agglomerati. Tra le forme di Pyrgos sono particolarmente diffuse sia la coppa troncoconica che la coppa-fruttiera su alto piede; abbastanza numerose sono anche le pissidi. Il repertorio dello stile di Haghios Onouphrios comprende, fra l'altro, numerose brocche di varie dimensioni, boccaletti, anfore; poco rappresentato risulta lo stile di Lebena, con decorazione in color crema su fondo rosso. Non si conoscono, finora, livelli dell'Antico Minoico III e del Medio Minoico IA; è quindi verisimile supporre che lo stile di Haghios Onouphrios sia rimasto parzialmente in uso fino alla fine dell'età prepalaziale. Colpisce, tuttavia, come a Festo, la scarsa documentazione della ceramica tipo Patrikiès (Medio Minoico IA), che prende il nome dall'insediamento «artigianale» a metà strada fra Festo e H. T.: l'abbondantissima e standardizzata produzione di teiere, lì documentata, presuppone una domanda e un mercato interno che sarebbe stato logico attendersi proprio nei due centri attigui.
Resti di abitazioni o di strati dell'età dei primi palazzi sono stati isolati nella zona del Sacello del Tardo Minoico III, sotto la Villa, presso il c.d. Bastione e al limite N dello scavo: l'insediamento si estendeva, probabilmente, su tutta l'area già esplorata. Sotto e a S del Sacello, i vani α-β presentavano pavimenti sovrapposti di stucco rosso e bianco, con materiali del Medio Minoico IB e del Medio Minoico II. Tronconi di muro e tratti di pavimenti di stucco sono stati riscontrati anche sotto il corridoio 74, sotto il vano 66 e nel c.d. Avancorpo Orientale della Villa. Un imponente scarico con materiali in prevalenza Medio Minoico IB-Medio Minoico II occupava l'area del vano Tardo Minoico III a S del Bastione, dove erano anche resti di strutture murarie; livelli del Medio Minoico II sono stati isolati anche all'interno dei vani 4 e 13 del Bastione e nell'area dell'edificio W. Il periodo successivo (Medio Minoico IIIA) è documentato da materiali recuperati in strati non omogenei e forse da un livello pavimentale del vano ϒ a S del Sacello: la circostanza potrebbe indicare sia una contrazione dell'insediamento dopo la grande distruzione attestata nell'isola alla fine del Medio Minoico II, sia un radicale sbancamento per la costruzione della Villa e la risistemazione dell'abitato nella fase Medio Minoico III-Tardo Minoico IA. A questo primo momento di età neopalaziale vanno riferite la Villa, il vano ϒa S del Sacello, il «vano con pilastro a S del Bastione», le case a NO del Bastione, l'Edificio Ciclopico, la «Casa della Soglia alabastrina» al limite N dell'area scavata, la «Casa del Vassoio tripodato» sotto l'«Edificio Ovest». L'orientamento degli edifici si adegua a quello del Medio Minoico IB-Medio Minoico II, con la sola e significativa eccezione della Villa. Nello stesso periodo a Festo si tenta, senza molto successo, di ricostruire il palazzo.
Una totale ripresa dell'impianto urbano si verifica tra il Tardo Minoico IA e il Tardo Minoico IB: la Villa, che subisce una serie di rifacimenti, diventa il punto di riferimento del complesso, tagliato ora in senso E-O dal grande muraglione a denti. A questo secondo momento neopalaziale, la cui fine coincide con la distruzione dei secondi palazzi, vanno attribuiti la «Casa dei Fichi» presso il Sacello del Tardo Minoico III, la grande «Casa Est», il Bastione con la stoà a pilastri n. 10, la «Casa del Lebete», la «Casa delle Sfere fittili» e il «Vano del Pistrinum». Particolarmente significativa, in questo stesso periodo, appare l'area a ridosso della necropoli. Il recente riesame della c.d. Tomba degli Ori ha infatti permesso di individuare una vera e propria sistemazione monumentale, con un secondo edificio, un paio di scale e una corte lastricata. Dei materiali recuperati nello strato di distruzione, con precisi confronti nei vani della Villa, alcuni avevano sicuramente una destinazione rituale; alla stessa sfera riporta una bella testa di mazza in breccia rossastra. A questa seconda fase neopalaziale, di grande prosperità nella vita dell'insediamento, vanno riferiti i famosi vasi di steatite, gli affreschi, i pani di metallo, oltre alle registrazioni di transazioni delle tavolette in lineare A e delle cretule. A Festo viene completata la ricostruzione del palazzo, i cui strati di distruzione non hanno offerto alcuna prova di un'attività burocratico-amministrativa.
Nessun livello omogeneo è possibile finora attribuire al Tardo Minoico II; resti di strutture del Tardo Minoico IIIA stavano sotto e a O della «Casa delle Camere decapitate», e nell'area dell'«Edificio Ciclopico»; scarichi ceramici dello stesso momento colmavano alcuni settori a O dello stesso «Edifìcio Ciclopico». Il XIV sec. a.C. (Tardo Minoico IIIA2) rappresenta un periodo assai intenso di attività edilizia (in qualche settore con almeno quattro fasi costruttive), che comporta un nuovo impianto urbano con una serie di edifici monumentali; la loro tipologia, in qualche caso unica, mostra interessanti commistioni di motivi continentali e di tradizione minoica. L'assetto finale di tale impianto prevede nel settore S il polo politico-religioso costituito dal c.d. Mègaron, dalla stoà a E di esso, dal Sacello e dal «Piazzale dei Sacelli». Il polo commerciale (e burocratico-amministrativo?) occupava invece tutto il settore centro-settentrionale, con il terrapieno nell'area del Bastione, e la «Casa dei Vani progressivamente aggiunti» a S del muraglione a denti rimasto ancora in uso.
Quest'ultima costruzione, alla quale si accostò il recinto W, costituiva forse la dimora di coloro che erano preposti al funzionamento del polo commerciale. L'intero lato E era occupato dalla grande stoà con i magazzini; a N stavano l'edificio P, l'«Edificio Nord-Ovest», l'«Edificio Ovest». Per questo periodo sono documentate a Festo soltanto alcune case.
Già al Tardo Minoico IIIB vanno riferiti i vani R e S a N della stoà, rifacimenti all'interno dell'«Edificio Nord-Ovest», alcuni vani che invadono l'area del piazzale davanti alla grande stoà, i livelli superiori del Sacello. La distruzione sopraggiunge nel corso del Tardo Minoico IIIB; al momento immediatamente successivo si riferisce la maggior parte delle statuine delle stipi votive nel «Piazzale dei Sacelli», che risultano usate forse fino agli inizi dell'età geometrica. Mentre H. T. continua a vivere soltanto come area sacra, Festo (già dal Tardo Minoico III B-C) riassume la consistenza di un grosso centro.
Dopo sparute testimonianze di frequentazione di età arcaica e classica, una piccola kòme di periodo ellenistico si sistema sulle rovine Tardo Minoico III, con l'edicoletta di Velchanos nell'area sopra la stoà a pilastri n. 10 e con l'altare rettangolare all'angolo NE del «Piazzale dei Sacelli». Come il grande centro di Festo, la kòme di H. T. viene distrutta dai Gortinii nel corso della prima metà del II sec. a.C. Una fattoria con pigiatoio per l'uva della prima età imperiale sopra l'edicoletta di Velchanos e resti di strutture non lontane dalla grande tomba circolare documentano un'occupazione agricola del territorio in età romana.
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