HAIBAK
Cittadina, il cui nome significa gli "Idoli", che dal 1935 ha ripreso quello antico di Simingian, sita nella media valle del Khulm, sulla strada moderna che da Kābul porta alla Battriana.
Nei pressi è una fondazione buddistica assai importante per i suoi problemi architettonici e cronologici. Fu segnalata la prima volta dal Moorcrooft nel 1824 e poi illustrata dal Foucher nel 1924. L'eccezionalità della rovina è costituita dal Takht-i Rustam, come viene localmente chiamato un grande stūpa (v.) monolitico non terminato, ricavato scolpendo la viva roccia della montagna. Di esso sono stati eseguiti soltanto la cupola, dal profilo alquanto schiacciato e la harmika. Stūpa scolpiti monolitici, sebbene siano una contraddizione alla nozione medesima di stūpa buddistico, cioè reliquiario, non sono sconosciuti, soprattutto in India, ma sono di dimensioni assai minori e sempre ipogei, e, non è improbabile, come ritiene il Foucher, che nello stūpa di H. sia da cogliere una influenza indiana. Notevoli sono pure le grotte del convento, anche esse solo parzialmente eseguite, fra le quali si segnala un ambiente della grotta 2 in cui si nota una forte influenza sassanide nella cupola sferica su tamburo e trombe di raccordo alla pianta quadrata, articolata da quattro nicchie; ad una simbologia buddista non del tutto chiara si legano quattro semicolonne con capitello pseudo-ionico di tipo gandharico scolpite sul tamburo in corrispondenza delle nicchie. La grotta n. 3, probabilmente il dormitorio, con una pianta particolarissima, assai simile ad una di Darunta presso Gelalabad è da riferire ad un tipo architettonico locale. La datazione del complesso è senza dubbio assai tarda, il Foucher pensa che le cause dell'interruzione dei lavori siano da porre in relazione all'invasione efthalita del primo quarto del V secolo.
Nella vallata del Khulm si segnalano altri gruppi di grotte buddiste, quelle note come Hazar Sum (le mille grotte), le Sum-i Sangi (le grotte di pietra) assai rovinate, e le importantissime pitture note nella letteratura archeologica con il nome di Dokhtar-i Noshirwān, nel luogo chiamato Darra-i Nigār (valle delle pitture), documento di estremo interesse dell'incontro fra l'arte buddistica e quella iranica. Sulla parete rocciosa della valle è ricavata una nicchia dove restano tracce di una grande composizione pittorica nella quale fra l'altro era rappresentata una figura seduta in trono, vestita delle insegne regali sassanidi, in cui però è da riconoscere un qualche regolo locale più che un sovrano sassanide. Nella tradizione iranica è pure il tipo architettonico della nicchia che si riallaccia a quelle di Naqsh-i Rustam e Shapur.
Bibl.: W. Moorcroft, Travels, II, Londra 1824, pp. 402 e 410; C. E. Yate, Northern Afghanistan, Edimburgo-Londra 1888, pp. 321-322; J. Marquart, Eranšahr, Berlino 1901, p. 219; A. Foucher, in Journ. As., 1924, pp. 130-153; id., La Vieille Route de l'Inde de Bactres à Taxila, I, Parigi 1942, pp. 123-139; J. Hackin, L'Oeuvre de la Délégation Archéologique Française en Afghanistan (1922-1932), Tokyo 1933, pp. 51-57; id., Buddist Art in Central Asia ecc., in Studies in Chinese Art and Some Indian Influences, Londra 1939, pp. 1-14; A. Godard, Y. Godard, J. Hackin, Les Antiquités Bouddhiques de Bāmiyān, Parigi-Bruxelles 1928, pp. 65-74; H. Heras, The Spread of Buddhism in Afghanistan, in Journ. Univ. Bombay, VI, 1938, IV, pp. 1-14; E. Caspani-E. Cagnacci, Afghanistan ecc., Milano 19512, p. 236.