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Haiti è una repubblica situata nella parte occidentale dell’isola Hispaniola, nel Mare dei Caraibi. Lo stato confina con la Repubblica Dominicana e si trova a poche miglia marittime da Cuba e Giamaica.
Il 12 gennaio 2010 un terremoto di magnitudo 7 e con epicentro a 15 chilometri dalla capitale Port-au-Prince ha messo in ginocchio il paese che, a causa dell’instabilità politica degli ultimi decenni e dell’arretratezza del sistema economico, già verteva in condizioni critiche. La maggiore catastrofe naturale che abbia mai colpito Haiti ha ucciso circa 220.000 persone, ha lasciato senza casa più di due milioni di abitanti e ha provocato una grave crisi sanitaria tuttora in corso.
Da allora le sorti di Haiti dipendono in gran parte dagli aiuti umanitari internazionali, affluiti nel paese all’indomani della tragedia e posti sotto il coordinamento delle Nazioni Unite. In particolare, i caschi blu della Missione di stabilizzazione in Haiti (Minustah), sbarcati sull’isola nel 2004 per monitorare il processo di consolidamento democratico e per mantenere l’ordine pubblico, sono oggi impegnati a fornire il proprio supporto tecnico e logistico per la ricostruzione del paese. A causa degli scarsi progressi sino ad ora conseguiti e della comprovata attribuzione di una diffusione di colera a un gruppo di caschi blu, la missione non gode del consenso della popolazione locale; ciò nonostante, nell’ottobre 2011 Minustah ha ricevuto un’ulteriore estensione del suo mandato.
Tra i paesi che si sono mobilitati in soccorso di Haiti figurano anche i vicini Stati Uniti e Repubblica Dominicana. L’ex potenza occupante statunitense ha sostenuto l’isola attraverso la Commissione provvisoria per la ricostruzione di Haiti (Ihrc), co-presieduta dall’allora primo ministro haitiano Jean Max Bellerive e dall’ex presidente statunitense Bill Clinton. Dalla scadenza del mandato dell’Ihrc in data 21 ottobre 2011, gli Usa continuano a supportare lo stato caraibico attraverso l’Agenzia per lo sviluppo internazionale (Usaid) e altri piani commerciali volti a sollecitare la ripresa economica del paese. A tale riguardo, l’accordo per favorire la partnership tra i due paesi (Hope II) è quello più significativo, in quanto permette ad Haiti di esportare negli Usa i prodotti della propria industria tessile senza pagare dazi doganali.
Anche la Repubblica Dominicana, nonostante le tensioni che da sempre caratterizzano il rapporto tra i due paesi, ha offerto il proprio sostegno e, data la vicinanza e l’incremento delle immigrazioni illegali di haitiani conseguenti al terremoto, è uno dei partner più interessati alla ricostruzione di Haiti.
A livello regionale, prima del terremoto Haiti aveva stretto accordi con Cuba, che fornisce assistenza al paese nei settori della sanità e dell’istruzione, e con il Venezuela, che nel 2007 ha siglato un piano da 100 milioni di dollari per sostenere l’economia haitiana. Questo consiste nella fornitura di petrolio a basso prezzo, di supporto medico, di aiuti per la costruzione di aeroporti e di generatori di elettricità. Dal 2006, Haiti è inoltre divenuto membro effettivo della Comunità Caraibica (Caricom).
Dal 22 marzo 2011, dopo un estenuante iter elettorale viziato da frodi e accuse tra candidati, Michel Joseph Martelly (ex cantante, noto al pubblico con il nome d’arte Sweet Micky) è alla guida del paese e fino ad ora ha posto come priorità nel suo programma politico il controllo haitiano del processo di ricostruzione. Il nuovo primo ministro, Laurent S. Lamothe, sta invece cercando di ottenere risultati nel breve termine sostenendo le fasce più povere della popolazione attraverso un programma di trasferimento di flussi finanziari.
Popolazione, società e diritti
Haiti è il paese più povero dell’emisfero occidentale, con il 76% della popolazione che vive con meno di due dollari al giorno, e il secondo, dopo le Barbados, più densamente popolato, con 364 abitanti per km². L’indice di sviluppo umano di Haiti non solo è molto basso, ma registra anche un trend contrario rispetto a quello regionale.
La popolazione è costituita per più del 50% da giovani con meno di 21 anni e il 36,5% ha meno di 15 anni. Circa due milioni di haitiani sono emigrati negli Stati Uniti e si stima che oltre 500.000 siano emigrati nella Repubblica Dominicana; il 30% delle famiglie haitiane ha infatti parenti all’estero e le rimesse degli emigrati costituiscono una voce rilevante nell’economia del paese.
Gli haitiani sono, per il 95%, neri di origine africana, che parlano prevalentemente creolo, e per il 5% bianchi e mulatti di lingua francese, che rappresentano sostanzialmente l’élite economica, sociale e culturale del paese.
A conferma della situazione di arretratezza, la mortalità infantile sotto i 5 anni è molto alta, con 70 decessi ogni 1000 bambini, mentre la speranza di vita alla nascita è bassa e si attesta a 62 anni di età. L’accesso all’acqua potabile è garantito a solo il 69% della popolazione.
Il terremoto del gennaio 2010 ha ulteriormente peggiorato la condizione dei cittadini haitiani, provocando oltre due milioni di sfollati e mettendo in ginocchio le già deboli strutture politiche e amministrative. Attualmente il problema maggiore è costituito dalle epidemie che, a causa della mancanza di un’efficiente struttura sanitaria, si stanno diffondendo rapidamente. In particolare, il colera, dalla sua comparsa a fine 2010, ha mietuto ben 7000 vittime. Per curare i malati e preservare la popolazione sana dall’epidemia si stima che siano necessari 174 milioni di dollari; inoltre, per il funzionamento a regime dei centri per il trattamento del colera il paese ha bisogno di un maggior numero di personale qualificato.
Il sistema scolastico di Haiti è molto arretrato e può essere paragonato a quello dei paesi dell’Africa sub-sahariana. Solo il 67% dei bambini tra i 6 e i 12 anni sono iscritti a scuola e solo il 30% degli studenti della scuola primaria completa i cinque anni d’istruzione previsti. Il motivo degli abbandoni e del basso tasso d’iscrizione è da imputarsi al costo dell’istruzione, troppo oneroso per le famiglie haitiane. La spesa pubblica per l’istruzione non è, infatti, sufficiente a garantire l’insegnamento a tutti i ragazzi. Con l’operazione ‘Tutti a scuola’ l’Unicef garantisce l’istruzione a 720.000 bambini, grazie a 15.000 insegnanti. Tuttavia il divario da colmare rimane immenso, considerando che nel 2006 il 51% della popolazione era ancora analfabeta.
Il terremoto ha avuto conseguenze negative anche per la sicurezza del paese. La condizione di povertà dilagante, il collasso delle strutture giudiziarie e penitenziarie e la mancanza di controlli nelle tendopoli da parte della polizia hanno contribuito a fomentare lo sciacallaggio da parte di gruppi armati organizzati e a mettere in pericolo in particolare le donne che, secondo Amnesty International, sono sempre più vittime di stupri.
Economia ed energia
Il terremoto del gennaio 2010 ha distrutto la già fragile economia haitiana e ha indotto il governo a varare una strategia di ricostruzione del paese che preveda la creazione di un’amministrazione pubblica efficiente, lo sviluppo delle infrastrutture e un piano di modernizzazione del settore agricolo. La ripresa economica di Haiti dipende in parte dall’attuazione di tali propositi e in parte dal sostegno finanziario della comunità internazionale. Tuttavia le carenze strutturali, la stagnazione economica e un debole sistema di coordinamento tra i donors impediscono all’amministrazione haitiana di organizzare al meglio gli aiuti provenienti dall’estero e di ottimizzare gli sforzi profusi per la creazione di posti di lavoro e per stimolare la ripresa economica.
L’agricoltura è il settore più importante del paese, da cui dipendono i due quinti della popolazione: caffè, sisal, zucchero, cacao e coltura di fagioli, miglio, sorgo, riso e mais sono i prodotti della terra haitiana. Tuttora, comunque, si pratica un’agricoltura di mera sussistenza, che contribuisce solo per il 26% al pil nazionale e che non produce reddito né rientra nelle statistiche ufficiali.
Nel dipartimento del nord-est, inoltre, sono presenti giacimenti di oro e rame, ma l’estrazione non ha ancora raggiunto livelli significativi. Il settore industriale è arretrato e specializzato nella sola produzione tessile, i cui manufatti sono per la quasi totalità indirizzati al mercato degli Stati Uniti, maggiore partner commerciale del paese. Le rimesse sono la principale fonte di valuta estera, pari a quasi il 20% del pil e a più del doppio dei proventi delle esportazioni. A causa delle limitate infrastrutture e della sua sicurezza precaria, Haiti soffre anche di una mancanza di investimenti, cui l’amministrazione Martelly sta cercando di far fronte puntando anche sul turismo.
L’elettricità, cui ufficialmente ha accesso solo il 12,5% della popolazione, è prodotta per quasi l’80% da centrali idroelettriche e per il restante 20% da centrali termiche. In gran parte del paese d’altronde, e soprattutto nelle zone montuose dell’interno, la carenza delle infrastrutture impedisce un accesso continuativo alla rete elettrica per la maggioranza della popolazione, che continua quindi a utilizzare la legna come combustibile primario, con pesanti conseguenze in termini di deforestazione.
Difesa e sicurezza
Terminata nel 1986 la lunga dittatura dei Duvalier (‘Papa Doc’, 1957-71, e ‘Baby Doc’, 1971-86), Haiti ha vissuto un periodo di forte instabilità, con una continua alternanza tra elezioni democratiche e golpe militari fino al 1994. Nel settembre dello stesso anno una missione multinazionale (Multinational Force in Haiti, Mnf) guidata dagli Stati Uniti e approvata dalle Nazioni Unite, composta da 21.000 soldati di 31 diversi paesi e da 1000 osservatori internazionali, ha favorito l’instaurazione di un governo costituzionale. Nell’ottobre successivo l’esercito haitiano è stato smantellato e sostituito da un nuovo corpo di polizia. Alla Mnf è subentrata una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite (Unmih), costituita da 38 paesi e con il compito di vigilare sull’ordine pubblico e sui processi democratici del paese. Dal primo giugno 2004, a seguito di un nuovo periodo di violenza e instabilità ad Haiti, le Nazioni Unite hanno avviato una missione di consolidamento del paese (Minustah), con 6700 militari e 2066 unità della polizia civile.
Oggi la situazione resta precaria. Una rivolta è scoppiata anche nel 2012 tra ex membri dell’esercito di Haiti e ‘reclute’ più giovani che hanno appoggiato i veterani. Il governo, comunque, anche grazie all’aiuto di 9000 caschi blu, riesce a tenere la situazione nel paese sotto controllo e si sforza di soddisfare le attese della popolazione e di un gran numero di senzatetto.
Sul piano internazionale, problemi di sicurezza non ancora risolti riguardano l’emigrazione clandestina e la lotta al traffico della cocaina: i controlli della polizia non sono, infatti, sufficienti a frenare i flussi irregolari verso l’estero, e neppure a contrastare il narcotraffico che, nel tragitto tra America Settentrionale e Meridionale, trova in Haiti un’importante base di appoggio.