HAITI (A. T., 153-154)
Per superficie (77.253 kmq.) e per importanza la seconda delle Grandi Antille, fra le quali occupa una posizione centrale (17° 36′ 50″-19° 56′ 40″ N. e 68° 18′ 12″-74° 30′ 50″ O.), separata com'è da Cuba e da Giamaica per mezzo della profonda (più di 3000 m.) fossa di Bartlett (Canale di Sopravento) e da Portorico per mezzo del Mona Passage, che non scende oltre i 475 metri. Politicamente è divisa nelle due repubbliche di Haiti (v. appresso) e di San Domingo (v.).
Sommario: L'Isola di Haiti: Nome (p. 315); Esplorazione (p. 315); Geologia e morfologia (p. 315); Clima e vegetazione (p. 316); Fauna (p. 317); Allevamento (p. 317); Popolazione (p. 317); Etnologia (p. 318). - La repubblica di Haiti: Estensione e confini (p. 319); Condizioni economiche (p. 319); Popolazione (p. 319); Centri abitati (p. 320); Commercio (p. 320); Ordinamento politico (p. 320); Finanze (p. 320); Storia (p. 321).
isola di Haiti.
Nome. - Il nome indigeno ('aiti "montuosa") conservatosi di contro a quello di Española, che le aveva imposto lo scopritore, la definisce bene, avendosi qui non solo un territorio dei più accidentati, ma anche quello che nell'arcipelago delle Antille raggiunge la massima altezza (Loma Tina: 3140 m.).
Esplorazione. - L'isola fu scoperta da Cristoforo Colombo il 6 dicembre 1492 e da lui battezzata Española: prima spiaggia toccata la penisola di san Nicolò; quattro giomi dopo il Porto della Concezione, indi tutta la costa settentrionale. Naufragata una delle navi, Colombo costruisce col legname di essa il fortino della Navidad (25 dicembre), primo stabilimento spagnolo in America; la sponda orientale dell'isola è intanto esplorata dalla Pinta. Nella seconda spedizione Colombo completò la scoperta e visitò anche larghi tutti dell'interno. Del 1496 è la fondazione, sulla sponda meridionale, di San Domingo, ricostruita poi nel 1502. La prima carta particolareggiata dell'isola è quella inserita in una copia delle Decades di Pietro Martire d'Anghiera, esistente nella biblioteca universitaria di Bologna (1518).
Geologia e morfologia. - Haiti consta di più fasci di pieghe, orientate in modo che risultano evidenti i loro rapporti genetici con quelle delle isole vicine: una lunga anticlinale che trova la sua continuazione nella Sierra Maestra di Cuba da un lato, dall'altro nei monti di Portorico, fiancheggiata a N. e a S. da altre anticlinali, disposte all'ingrosso da O. a E.
La più meridionale di queste si collega, oltre il Canale di Sopravento, alle Blue Mountains di Giamaica. L'anticlinale mediana è anche la più cospicua; col nome di Cordigliera Centrale attraversa tutta Haiti, dalla penisola di NO. al C. Engaño, dilatandosi in corrispondenza alla sua sezione centrale (Sierra de Cibao, Sierra de Ocoa): confuso e non ancora ben noto complesso di montagne e di vallate cui conferisce unità la comune antica storia geologica. Potenti formazioni eruttive (dioriti, basalti, andesiti) si associano a scisti cristallini paleozoici, ad assise metamorfiche varie e soprattutto a calcari cretacei e argillosi, le cui locali differenze di struttura si riflettono attraverso varietà di modellamento superficiale, che non alterano il generale carattere di rilievo maturo, profondamente intaccato dall'erosione subaerea. La zona mediana, che prende nome dal Cibao (nel linguaggio indigeno "monte" per eccellenza), è la più aspra e impervia. Diverse cime superano i 2500 m. (Pico del Yaque 2955 m., Loma del Río Grande 2705 m.) e sormontano ampie valli elevate su ambedue i versanti tra i quali le comunicazioni sono piuttosto difficili. Tutta la Cordigliera è coperta verso l'alto da una fitta foresta di conifere, che solo nella sezione orientale, dove muta anche leggermente la direzione dell'asse, cede il posto a quella tropicale, non di rado interrotta da prati e da savane. Le altezze vanno decrescendo verso E. e verso O.; nell'estremità settentrionale però numerosi picchi oltrepassano ancora i 1000 m., e dominano solchi profondi, come quello delle Trois Rivières, che divide la Cordigliera dalla penisola di NO. Quest'ultima appare assai più varia morfologicamente, perché le pianure litoranee (marne, argille ed arenarie) che la frangiano, si alternano con rughe collinose dirette da E. a O. e con un vero e proprio ripiano carsico (Bombardopolis; altezza 400-450 m.), costituito da calcari miocenici, quasi dovunque sormontati da deposizioni recenti di coralli.
Lungo i due versanti di questa cordigliera, che può considerarsi la spina dorsale dell'isola, si stendono, nettamente distinte da faglie, due larghe sinclinali, che corrispondono l'una alle valli dello Yaque del Norte e dello Yuna, scolanti in direzione opposta verso l'Atlantico aperto e la Baia di Samaná rispettivamente, l'altra alla cosiddetta pianura centrale, le cui acque si dividono del pari fra due bacini, quello dell'Artibonite a NO. e quello dello Yaque del Sur, che sfocia nella Baia di Neiba: i quattro fiumi più notevoli dell'isola. Varie di ampiezza e di forme, le due depressioni rivelano da zona a zona aspetti contrastanti in rapporto col diverso mantello vegetale. Mentre la savana e le piante xerofile occupano il bacino medio e superiore dell'Artibonite e la parte di NO. della depressione settentrionale, altrove prevale la foresta, di tipo differente tuttavia lungo i corsi dello Yuna e dello Yaque del Norte.
I margini di queste sinclinali sono rappresentati a N. dalla Cordigliera Settentrionale, a S. da più serie di rilievi che il corso dell'Artibonite divide in tre masse orograficamente staccate: la Montagna Nera (Morne au Diable, 1550 m.), i Monti dei Mateux (Morne Baptiste, 1575 m.), e la Sierra de Neiba (Loma Barranca, 2285 m.).
In tutte e tre queste masse montuose predominano i calcari e gli scisti del terziario; la morfologia ha caratteri di giovinezza che attestano un'emersione recente; l'altezza media supera o si avvicina dovunque ai 1000 m. Un po' meno elevata (Loma de Diego Campo, 1220 m.) è invece la Cordigliera settentrionale, detta anche Sierra de Monte Cristi, la quale si sviluppa per 170 km. circa in direzione NO-SE. dalla foce del Rio Yaque del Norte alla penisola di Samaná; sollevamento che data anch'esso dal Cenozoico, ma che è soggetto, in conseguenza del clima più umido, a una più intensa degradazione.
La parte meridionale dell'isola, dal C. Tiburon alla piana di Azúa, risulta pur essa di un lungo allineamento di rilievi, decorrenti da O. verso E. coi nomi di Mornes de la Hotte, Mornes de Boucan-Belier, Monti de la Selle; regione aspra, intagliata in ogni senso dalle valli dei torrenti che scendono al mare: le altezze superano localmente i 2500 m. (M. de la Selle, 2715 m.) e si mantengono in più luoghi intorno ai 2000 (Camp Perin nei M. de la Hotte, 2255 m.). L'asse della lunga, esile penisola che ne risulta, piega verso SE. a mezzodì della Laguna di Enriquillo e il rilievo si allarga come un altipiano nel tozzo triangolo della regione di Bahoruco (700-800 m. in media), ancora in parte inesplorata: grosso blocco di calcari antichi piegati e interessati da faglie, anch'esso con sviluppo di fenomeni carsici. Tra questo fascio di rilievi, cui è forse da congiungere il frammento staccato costituente l'Isola de la Gonave (M. La Table, 762 m.), che divide in due il golfo di Port-au-Prince, e i massicci terziarî chiudenti il corso dell'Artibonite, si allunga, dal golfo stesso alla foce dello Yaque del Sur, un'altra depressione, che corrisponde a un'area una volta invasa dal mare e ancora in parte sommersa. Le alluvioni dei fiumi la colmarono, lasciandovi una serie di bacini chiusi (Laguna Azuey; Laguna di Enriquillo; Laguna Rincón) a livello variabile, che le piogge riuniscono, talora, in uno specchio palustre continuo. Il maggiore, la Laguna di Enriquillo, occupa una superficie che corrisponde press'a poco a quella del Lago di Garda (380-400 kmq., secondo le stagioni); le sue acque tendono ad abbassarsi (44 m. sotto il livello del mare), mentre aumenta la concentrazione dei sali, che supera di oltre il 50% quella del mare. La Laguna di Enriquillo conserva in parte la fauna marina e risente del movimento della marea.
Clima e vegetazione. - Questa grande varietà di paesaggio influisce sensibilmente sul clima, sia temperando con l'altezza (un terzo della superficie dell'isola è sopra i 600 m.) gli eccessi determinati dalla posizione geografica, sia creando contrasti fra montagne e pianure, fra litorale e interno, fra zone battute e zone riparate dai venti. Le temperature medie annue al livello del mare oscillano fra 240 e 280 all'incirca, con scarti minimi (di rado oltre 10°) diurni ed escursioni mensili che si mantengono entro valori anche più bassi (da 3° a 5°), gli uni e le altre tendendo, come sembra, ad accentuarsi man mano che si procede verso S. Se di stagioni si parla, ciò è dovuto essenzialmente alle precipitazioni, per le quali, quantità e distribuzione variano non poco da luogo a luogo, sì che, mentre si hanno distretti montuosi con piogge abbondanti in ogni mese (oltre 2 m. l'anno), localmente si scende al disotto di 400 mm. annui (Azúa), e passano anche sei o sette mesi senza che cada una goccia. In complesso la stagione piovosa va da novembre a febbraio, in rapporto con l'aliseo di NE.; perciò le provincie più favorite sono quelle settentrionali, decrescendo la quantità delle precipitazioni verso O. e SO. Al riparo dal soffio di queste correnti, le pianure centrali dell'isola risentono di una siccità eccessiva, che determina lo sviluppo della savana e delle associazioni xerofile nei fondo valle, mentre le pendici delle montagne si coprono di rigogliose foreste. Si passa così dal regime tropicale umido, a forme aride che ricordano i deserti messicani: entro spazî relativamente angusti le transizioni sono segnate da una gamma ricchissima di tipi di vegetazione, cui fa riscontro un non meno sorprendente adattamento delle varie zone alle colture utili all'uomo, ciò che spiega le espressioni entusiastiche con cui scopritori, coloni e visitatori d'ogni tempo hanno celebrato la fertilità e l'opulenza dell'isola.
Dei varî tipi di foresta di cui, nonostante l'inconsulto diboscamento, è ancora ammantata la più gran parte dell'isola, quella di conifere, che si sviluppa largamente sulle pendici delle alte Cordigliere interne, è, dal punto di vista industriale, la più importante: il Pinus occidentalis vi domina in modo netto, costituendo una riserva senza confronto più vasta che a Cuba. Anche le altre specie di boschi tuttavia racchiudono numerose essenze richieste in commercio, quali Phyllotilon brasiliensis, Swietenia mahogany, Chlorophora tinctoria, Xanthoxylum flavum, Bursera gummifera, Cedrela odorata, Bombax pyramidale, Brya ebenus, Guajacum officinale, Rhizophora mangle, ecc., e coprono in complesso una superficie almeno tripla di quella rivestita dalle conifere. Ancora più importanti, nell'economia attuale, le piante tropicali e subtropicali, indigene o introdotte dall'uomo, fra le quali la canna da zucchero, il caffè, il cotone, il tabacco e il cacao costituiscono la base degli scambî con l'estero, mentre assai modesto, relativamente, appare il posto occupato da altre colture, come p. es. quelle dei cereali (riso e mais), delle leguminose, delle foraggere, che pur trovano quasi dovunque condizioni favorevoli al loro sviluppo.
Fauna. - La fauna è composta di elementi caratteristici della sottoregione antillana della regione neotropica. Scarsi i Mammiferi, ma tra questi peculiari alcuni pipistrelli; una famiglia d'Insettivori, i Solenodontidi vi è ben rappresentata con forme comuni alla fauna di Cuba. I Carnivori e gli Ungulati mancano. Tra i Roditori sono notevoli gli Octodontidi con molte specie comuni anche all'America Meridionale. Tra i Sirenidi notiamo la presenza di Manatidi. Gli Sdentati e i Marsupiali così bene rappresentati nell'America Meridionale mancano completamente in Haiti.
L'avifauna è ricca di forme con molte specie di Passeriformi, Piciformi, Rapaci, Coraciformi, Palmipedi, Gallinacei, ecc. Tra i Rettili si notano specie interessanti di Ofidî e Lacertilî. Gli Anfibî anuri sono rappresentati da alcune specie e gli urodeli da specie del gen. Spelerpes, che si trova presente anche nella fauna paleartica. Varie specie di pesci d'acqua dolce, unitamente a numerosi gasteropodi terrestri e d'acqua dolce e a numerose specie d'Artropodi, completano il quadro della fauna dell'Isola di Haiti.
Allevamento. - L'allevamento, che potrebbe rappresentare la fortuna di molte plaghe interne non utilizzabili dalle piantagioni, ha attinto solo localmente (S. Domingo) valori notevoli: le condizioni attuali sono poi in rapporto col grado generalmente piuttosto arretrato cui è rimasta ferma la tecnica agraria.
Popolazione. - La distribuzione della popolazione risente tuttora di un dualismo che risale addirittura all'epoca della scoperta, quando fra le genti indigene, comprese tutte nel gruppo Arawak, Aruagi e Cebaney occupavano rispettivamente (all'ingrosso) la metà orientale e occidentale dell'isola. Il contrasto, perpetuatosi in epoca coloniale, per la divisione di Haiti fra Spagnoli e Francesi, si accentuò col tempo per il sovrapporsi, sul fondo etnico indigeno e sugl'immigrati bianchi, di elementi negri, introdotti per dar vita alle coltivazioni tropicali; sovrapposizione che, mentre fu contenuta a E. (S. Domingo) entro limiti modesti, sommerse alla fine, numericamente e politicamente, nell'altra parte dell'isola (Haiti), indigeni e coloni europei, creando uno stato di Negri più o meno puri. Solo la forza, e per brevi periodi di tempo (sec. XIX), poté operare la riunione di tutta l'isola sotto un governo comune, ma, se le differenze etniche rimasero profonde, l'economia andò a poco a poco uniformandosi, com'era possibile in tanta varietà di paesaggi naturali, per l'affermarsi di poche colture fondamentali. A questo processo di assimilazione contribuisce oggi, e seguiterà probabilmente a contribuire ancora a lungo, l'influenza degli Stati Uniti, che controllano tutta la vita dell'isola, bisognosa soprattutto di ordine e di tranquillità, dopo una più che secolare esperienza di rivoluzioni e d'inquieta instabilità politica.
Ciò nonostante, il contrasto fra le due unità statali che dividono l'isola (la Repubblica di Haiti con poco meno che i 2/5 della superficie totale, ma con circa i 3/4 della popolazione, e la Repubblica Dominicana) rimane senza confronti nell'ambito delle Antille. Se Giamaica ha una proporzione del 77% di Negri, questi superano il 90% ad Haiti, ma rappresentano appena il 4% a S. Domingo, dove predomina di gran lunga l'elemento mulatto (92%). Dissimili sono in parte anche le condizioni del popolamento: la densità complessiva dell'isola è di circa 43 ab. per kmq. (inferiore a quella di Portorico e di Giamaica, ma superiore a quella di Cuba), che sale a oltre 80 in Haiti, mentre non tocca i 20 nella Repubblica Dominicana. Comune è per contro l'assoluta prevalenza dell'elemento rurale sull'urbano, la concentrazione di questo lungo la costa e le pianure, la dispersione di quello nelle zone collinari, il predominio della piccola proprietà, la conduzione diretta, e, almeno fino a ora, la tendenza alla conservazione di forme di economia chiuse, che escludono, in genere, la specializzazione delle colture, cui mira invece la nuova politica agraria in ambedue gli stati. Notevole il fatto che nessuna città dell'isola tocchi ancora i 100 mila ab.; le cifre che di solito le contrassegnano nelle statistiche comprendono, oltre il centro urbano vero e proprio, la popolazione del municipio, che abbraccia zone rurali più o meno estese. Delle due capitali, Port-au-Prince, in Haiti, ha circa 80 mila ab.; S. Domingo supera di poco i 30 mila. La dispersione dei contadini in abitazioni isolate o in minuscoli aggruppamenti di case contrasta con la scarsezza di vie di comunicazione (620 km. di ferrovie in tutta l'isola, oltre 700 circa per le piantagioni), che hanno avuto un decisivo sviluppo solo dopo l'intervento nordamericano: una circostanza che sembra fondamentale nell'evoluzione economica dell'isola e alla quale rimane legata in gran parte la sua futura fortuna.
Etnologia. - Nei due terzi orientali del territorio la cultura ha carattere prevalentemente spagnolo, mentre nel rimanente essa ha subito l'influenza francese. La popolazione dell'isola, tuttavia, non può essere considerata come un tutto omogeneo, ma tanto sotto l'aspetto raziale quanto sotto quello culturale, va divisa in due gruppi distinti. Il primo comprende la popolazione urbana, i cui individui, discendenti da unioni tra Francesi e Africani, sono quasi totalmente francesi per interessi ed educazione: il secondo è formato dalla ben più numerosa popolazione rurale, la quale conserva i caratteri raziali negri quasi puri e la cui cultura è, per la maggioranza, quella dell'Africa occidentale.
Di questa cultura africana, gli elementi religiosi, raccolti sotto il nome generico di vaudou (ingl. voodoo) hanno attirato in modo particolare l'attenzione degli etnografi. Ma è da ritenersi, sebbene tanto l'organizzazione interna della vita sociale, quanto le attività economiche dei contadini haitiani siano state studiate assai poco, che influenze africane siano da riconoscere anche in altri campi. Così la "Società del Congo", cooperativa di agricoltori dell'Isola de la Gonave, mostra evidenti somiglianze anche nei particolari, con le società cooperative dell'Africa occidentale e specialmente con l'organizzazione degli agricoltori conosciuta nel Dahomey col nome di dokpwe.
Il nome vaudou trova il suo riscontro nel nome voodoo usato nelle regioni meridionali degli Stati Uniti, e nel vodu, dio-serpente dei Negri della Guiana olandese. Nell'isola di Haiti il vaudou comprende il culto di numerosi loi, deità rappresentanti gli elementi che regolano il destino dell'uomo. Le cerimonie del culto presentano un misto del vodu africano e del rito cattolico. Poche sono le descrizioni attendibili dei riti connessi, poiché quello che è stato scritto è in gran parte falsato da una specie di sensazionalismo, dovuto a una tradizione secondo la quale tali cerimonie avrebbero carattere orgiastico e sarebbero strettamente legate al cannibalismo. Alcuni studiosi però hanno rilevato che la religione del vaudou ha un alto grado di organizzazione e che essa si presenta come un culto essenzialmente disciplinato dclle diverse deità secondo il rito africano. Il Parsons inoltre spiega come la credenza nello zombi possa aver dato origine, con false interpretazioni, alla tradizione che vuole sia praticato il sacrificio umano e il cannibalismo. Secondo tale credenza, infatti, una persona uccisa per sortilegio diventa talvolta la schiava inanimata dello stregone, il quale può trasfomare il suo zombi in un animale e venderne la carne sul pubblico mercato.
Il culto stesso è amministrato da preti vaudou chiamati mamaloi e papaloi secondo il sesso; essi devono passare per quattro gradi d'iniziazione: un individuo entra nel primo grado allorché viene "chiamato" dal dio; passa quindi al secondo quando gli vengono svelati alcuni segreti del culto; al terzo gli vien dato il potere di entrare in comunicazione con le anime dei preti defunti e gli viene insegnata la lingua segreta; al quarto grado l'iniziazione è completa ed egli impara a profetizzare. Ogni prete ha il suo tempio dove esercita i riti del culto. Gli dei vengono adorati con sacrifici, danze al suono di tamburi fatti con tronchi d'albero scavati del tipo africano, e feste. Fra i numerosi dei del vaudou i più importanti sono Damballa-Ouédo, il serpente, e Ayido-Ouédo, l'arcobaleno, Legba, dio dei crocicchi e Agbéto, dio del mare. Il dio del tuono è chiamato Piè Jupitè-Tonnè e talvolta, secondo Dorsainvil, col nome dahomeiano di Hevioso. Zo è il dio del fuoco, Avlekete dea del mare, e Hoho è il dio dei gemelli comunemente chiamati marassa. Altre deità sono Loi Ogun, Hogou-Obatala e Hogou-Chango. Una estesa lista di queste mostra che in gran parte la loro gerarchia proviene direttamente dal Dahomey, e molte di esse conservano immutato il nome e la funzione. PriceMars scrive infatti che nella mescolanza avvenuta in Haiti di schiavi africani appartenenti a tribù diverse "la sola religione che si presentasse ancora come un solido equadro di tradizioni di disciplina, una gerarchia sacerdotale, capace d'imporre qualcuno dei suoi riti all'insieme delle credenze, fu quella del Dahomey". Dorsainvil distingue gli dei del vaudou in tre gruppi: quelli provenienti da Fan, Arada; Mine, Bibi e Mahi, quelli che provengono da Congo, Nago, Ibo e Canga, e quelli di origine haitiana. Evidentemente gli dei del primo gruppo sono dahomeiani, anzi tutti i primi otto sopracitati sono del Dahomey. Gli dei Aguasu e Siligbo, citati da Dorsainvil, hanno importanza speciale a questo proposito poiché tali nomi ricorrono fra i totem delle tribù del Dahomey. Gli dei del secondo gruppo (eccettuati i Congo) sono di provenienza nigeriana e quelli del terzo gruppo sono Yoruba.
Nella lingua e nella letteratura popolare le influenze africane sono pure notevoli. Il dialetto franco-haitiano è in gran parte una traduzione letterale di una lingua africana, mentre i racconti popolari sono in genere pure di origine africana (spesso favole burlesche di animali). In San Domingo gl'infussi africani sembrano essere stati minori: qui le storie popolari sono generalmente quelle europee (spagnole) e la religione è la cattolica. In Haiti invece si può dire si siano conservate in larga misura le tradizioni indigene degli schiavi africani.
V. tavv. XCI e XCII.
La Repubblica di Haiti.
Estensione e confini. - Abbraccia la parte occidentale dell'isola, su un'estensione di 27.844 kmq., ivi compresa la porzione della zona di confine contestata (852 kmq.) con la vicina repubblica di S. Domingo (accordo del 21 gennaio 1929). Oltre le due penisole di NO. e di Tiburon (quest'ultima lunga circa 250 km.), rientrano nella Repubblica di Haiti quasi tutto il bacino dell'Artibonite, una metà della depressione meridionale con i due terzi della Laguna del Fondo, la Cordigliera Occidentale (tranne la Sierra de Neiba), e una buona parte dell'anticlinale mediana dell'isola. Il territorio, in prevalenza montuoso o collinare, è ben articolato verso O., dove il profondo Golfo de la Gonave penetra fin quasi alla linea di confine; salvo la zona alta del Guayamuco (Artibonite), nessun punto interno dista più di una cinquantina di km. dalla costa.
Condizioni economiche. - L'occupazione di gran lunga prevalente degli abitanti è l'agricoltura. La popolazione urbana forma appena 1/5 della totale. E dell'agricoltura la prima fonte di ricchezza è il caffè, introdotto nel 1738 dai gesuiti e facilmente acclimato quasi dovunque. La sua coltura occupa oggi circa 150 mila ettari, e, sebbene condotta con metodi primitivi, consente una produzione notevole non meno per abbondanza che per qualità. Le oscillazioni dei quantitativi annui, dipendenti dalle richieste dei mercati di sbocco (la Francia assorbì da sola il 60% del raccolto 1929-30), tendono a ridursi: nel dopoguerra la produzione media è stata di circa 350 mila quintali all'anno, entrando fra le esportazioni per una cifra che rappresenta in valore dal 70 all'80% del totale della Repubblica (1929-30: 73%; 1925-26: 80,6%).
Il secondo posto, nell'economia haitiana, era tenuto una volta dai prodotti forestali: la ricchezza dei boschi in legni da ebanisteria (pino, baitoa, mogano, cedro, ecc.) e più ancora da tintura (campeggio, mora) è tale, che in alcuni periodi (terzo quarto del secolo XIX) il valore di questa esportazione poté uguagliare e fin superare quello di tutte le altre voci. Ma con lo sviluppo della chimica industriale e l'allargarsi dei mercati d'acquisto del legname, di fronte al valore che questo conserva nel commercio estero di Haiti (3,1% delle esportazioni nel 1927-28) presero sempre maggiore importanza gli altri prodotti. Così, p. es., il cotone, indigeno delle Antille, è ora qui diffuso nelle zone piane (Arbre, Artibonite, Cul-de-Sac); di qualità superiore, è molto richiesto anche sul mercato nordamericano. La pianta occupa, da sola o mista ad altre colture, oltre 50 mila ettari, e ha consentito negli ultimi anni una produzione più che tripla che nell'immediato dopoguerra, figurando subito dopo il caffè nelle esportazioni (1929-30: 7,8% del valore totale).
La canna da zucchero, introdotta dagli Spagnoli dopo la conquista, ebbe sotto la dominazione francese un periodo di fiore (sul finire del sec. XVIII Haiti possedeva 792 opifici, che davano 72 mila tonnellate di zucchero all'anno); dalla decadenza in cui era piombata nel secolo scorso si è risollevata dopo il 1918-19: oggi lo zucchero greggio prodotto in Haiti supera le 12 mila tonnellate annue e dà vita agli zuccherifici (nordamericani) di Port-au-Prince, dove si manipolano con successo anche i sottoprodotti (rhum).
Delle altre colture meritano ricordo il tabacco e il cacao: la prima non basta però oggi neppure al consumo interno; la seconda, diffusa soprattutto nell'estremità occidentale della penisola di Tiburon, permette di contribuire all'esportazione (14 mila quintali nel 1929; 23.000 nel 1930). Delle altre piante utili (compresi i cereali) che troverebbero ottime condizioni di sviluppo, e che sono usate anche nell'alimentazione dei contadini (mais, frumento, batata, igname, yucca, mango), nessuna emerge per importanza economica, pur essendovene grande quantità, per lo più allo stato spontaneo.
Dal punto di vista agricolo, le regioni settentrionali sono le più sviluppate; la pianura meridionale, invece, dato il clima arido e la necessità di opere irrigatorie per le colture, si presenta tuttora in uno stadio di evoluzione incompleta; larghe zone ínterne, dove affiorano i calcari o domina la savana, si prestano meglio all'allevamento. Tuttavia anche questa forma di attività attende la sua ora, e lo stesso è da dire delle risorse minerarie, che non mancano (rame, piombo, zinco, argento, manganese si trovano certo nella penisola di NO.), ma non hanno animato nessuna impresa industriale di conto.
Popolazione. - La prosperità conosciuta da Haiti sotto il dominio francese fu possibile in grazia della mano d'opera negra introdottavi in grandi masse per mettere in valore, con irrigazioni e piantagioni, territorî in cui gl'indigeni erano stati quasi sterminati. Al principio del sec. XIX la popolazione di questa parte dell'isola superava di poco il mezzo milione; la proporzione dei Bianchi, fin da allora esigua, si riduceva, in seguito alle rivoluzioni che determinarono il loro massacro o il loro allontanamento. Oggi, di fronte al 90% di Negri e al 10% di mulatti, i discendenti dei colonizzatori europei rappresentano una cifra insignificante (3000); tuttavia il loro contributo alla vita della repubblica, anche a prescindere dal protettorato nordamericano, è decisivo. Francesi e Siriani vi esercitano in buon numero il commercio; né mancano altre colonie (Tedeschi, Cinesi), tra cui anche l'italiana, quantunque esigua (250 persone). Difficili le condizioni fra cui si trovò a crescere la repubblica; pure la sua popolazione aumentò e aumenta con ritmo costante dalla liberazione in poi: 960 mila abit. nel 1887, 1.210.625 nel 1894, 2 milioni nel 1909, 2 1/2 nel 1929. La densità, che nel complesso della repubblica tocca gli 82 abit. per kmq. (secondo un computo che risale al 1927), supera i 100 e i 150 nelle due provincie del NO. e del N., le prime a essere colonizzate dagli Europei.
Centri abitati. - Dei centri abitati, la capitale, Port-au-Prince, è il più popoloso (79.797 nel 1929): sbocco della pianura detta Cul-deSac, è tra i porti naturali più belli dell'America. Da Port-au-Prince passa il 57% delle importazioni e il 27% delle esportazioni di tutta la repubblica. Delle altre cittadine Cap - Haïtien (20.000 ab.; 10% delle esportazioni, 13%, delle importazioni), Port-de-Paix (7500 ab.), capitale di Haiti fino al 1685, Gonaïves (12.000 ab.), Saint-Marc (10.000 ab.) e Fort-Liberté (12.000 abitanti) sorgono a nord, Les Cayes (15.000 abitanti), e Jacmel (10.000 abitanti) a sud; di questi porti i primi cinque sono dediti soprattutto al commercio del legname; negli altri è attivo soprattutto il commercio del caffè.
Commercio. - Le importazioni constano essenzialmente di prodotti alimentari (20% del totale; di sole farine il 14%), tessuti (15%), olî minerali, metalli e lavori di metallo (5%), saponi, veicoli, prodotti chimici, automobili, ecc.; il loro rapporto in valore con le esportazioni è chiarito dalla seguente tabella:
Quanto ai paesi che partecipano agli scambî con Haiti, il primo posto è tenuto dagli Stati Uniti, che figurano col 70% delle importazioni (1929-30; 77,5% nel 1925-6) e col 9,2%. (1929-30; 12%, nel 1924-5) delle esportazioni.
La Francia assorbe da sola una buona metà delle esportazioni (55,3% nel 1928-29; 49,7% nel 1929-30); seguono l'Inghilterra, la Germania, l'Olanda, la Danimarca, il Belgio e l'Italia: nel 1929-30 le importazioni italiane (cotonami, cappelli, olio d'oliva) rappresentarono lo 0,8% del totale haitiano, e press'a poco lo stesso valore assunse il quantitativo delle merci esportate (caffè, legnami).
Ordinamento Politico. - Secondo la costituzione del 12 giugno 1918, modificata il 5 ottobre 1927, il presidente della repubblica, eletto per sei anni dall'Assemblea, esercita il potere esecutivo e nomina i funzionarî. L'Assemblea nazionale, composta di due camere (il Senato di 15 membri eletti per 4 anni e la Camera dei deputati di 36 membri eletti per due anni) che si riuniscono annualmente e separatamente, esercita il potere legislativo ed elegge il presidente a camere riunite. La lingua ufficiale è il francese; la religione ufficiale, il cattolicesimo.
L'esercito ha un effettivo di circa 2700 uomini, compresi circa 200 ufficiali. La marina militare di Haiti si limita a un modesto servizio di guardacoste. Stanzia peraltro a Port-au-Prince e al CapHaïtien una brigata della marina americana, che dispone altresì di alcune piccole unità.
Finanze. - Bilanci e debito pubblico. - L'amministrazione finanziaria di Haiti è, per effetto del trattato concluso nel 1915 con gli Stati Uniti d'America e prorogato poi fino al 1937, sotto il controllo di un consigliere generale americano. Circa il 90% delle entrate del bilancio deriva dai dazî doganali; tra le spese è soprattutto notevole quella per il servizio del debito pubblico; il mantenimento del controllo finanziario americano costituisce un altro importante capitolo di spesa del bilancio di Haiti.
Al 31 maggio 1931 il debito pubblico estero ammontava a 13,2 milioni di dollari e quello interno a 13 milioni di gourdes.
Moneta. - L'unità monetaria è il gourde, pari a 20 cents americani (5 gourdes = 1 $). Circola largamente anche il dollaro americano, specie nelle città sulla costa. Il monopolio dell'emissione è riservato alla Banca Nazionale della Repubblica di Haiti, istituita nel 1910 e posta dal 1916 sotto il controllo della National City Bank di New York. Al 31 dicembre 1930 la circolazione ammontava a 4,9 milioni di dollari di cui 1,2 in biglietti di stato americani e 3,7 in biglietti della Banca Nazionale. Le riserve ammontavano alla stessa data a 1,9 milioni di dollari.
Storia. - L'isola ebbe grande importanza nei primi tempi della conquista dell'America; ma decadde ben presto, poiché i coloni si diressero soprattutto nel Messico e nel Perù, ed essa rimase quasi abbandonata. A tal fatto contribuirono le incursioni dei filibustieri inglesi, francesi e olandesi. Verso il 1630 corsari francesi si stabilirono nell'isola Tortuga, dalla quale attaccavano di frequente gli Spagnoli di Haiti, insediandosi a poco a poco nella parte N. e O. dell'isola, fino a costituire una vera colonia (mentre la parte orientale dell'isola continuava a rimanere sotto il dominio spagnolo; v. san domingo). Venne anche il riconoscimento ufficiale della madre patria, con la nomina, fatta da Luigi XIV, del governatore Bertrand d'Ogeron (1661); e nella pace di Ryswick del 1697 la nuova colonia, che formava quasi un terzo dell'isola, nella sua parte occidentale, fu riconosciuta ufficialmente dalla Spagna. Profonde furono in questa lontana colonia francese le ripercussioni della Rivoluzione alla fine del sec. XVIII. Già quando Luigi XVI ebbe convocato gli Stati Generali, nella colonia si organizzarono assemblee popolari, nonostante la proibizione del governatore, marchese du Chilleau; le quali, credendo di aver diritto ad inviare dei deputati agli Stati Generali, ne elessero 18. Questi al loro arrivo in Francia trovarono gli stati trasformati in Assemblea costituente, e furono ammessi nel seno dell'Assemblea solo in numero di sei. Quando poi gli schiavi della colonia seppero che l'Assemblea aveva approvato, il 20 agosto 1789, la dichiarazione dei diritti dell'uomo, essi pensarono che fosse giunto il tempo della loro liberazione; ma i coloni del Nord si riunirono in assemblea e si opposero a quella pretesa, minacciando di proclamare l'indipendenza della colonia. Pertanto la Convenzione di Parigi dichiarò l'8 marzo 1790 di non aver avuto l'intenzione di comprendere le colonie nella costituzione largita alle metropoli. Il 16 aprile di quello stesso anno si riunì nella città di Saint-Marc un'assemblea generale, in cui furono stabilite le basi della futura costituzione della colonia; ma il governatore, conte de Peynier, decretò lo scioglimento dell'Assemblea ed accusò di tradimento i suoi membri per aver concepito dei progetti d'indipendenza, ordinando al colonnello Mauduit di sciogliere con la forza l'assemblea provinciale dell'Ovest. Ciò fu fatto; e in seguito il Mauduit si diresse verso la città di Saint-Marc per sciogliervi l'Assemblea generale. I deputati fuggirono; 85 fra essi si diressero in Francia, dove l'Assemblea Nazionale li fece detenere. I filantropi "amis des Noirs" dell'Inghilterra e della Francia inviarono nella colonia il mulatto Vincent Ogé, un indigeno dell'isola, che si trovava in Francia: questi, tornato in patria, riuscì a riunire una colonna di 200 uomini con cui iniziò la rivolta, ma sconfitto e caduto nelle mani dei Francesi, il 26 marzo 1791 fu giustiziato insieme con altri 20 suoi compagni. L'eguaglianza dei diritti dei Negri e dei Bianchi delle colonie, decretata dall'Assemblea nazionale francese, produsse nell'isola una profonda indignazione fra i coloni; e allora Negri e mulatti si ribellarono apertamente. La notte del 22 agosto 1791, 4000 Negri iniziarono l'insurrezione nei dintorni del Cap-Français, la diffusero nelle campagne vicine e, nonostante la resistenza dei coloni, rimasero padroni della pianura del Cap e delle montagne vicine. In altre provincie pure era scoppiata la ribellione; i Bianchi erano impotenti a sottomettere i ribelli, che saccheggiarono Port-Saint-Louis e incendiarono Portau-Prince. La notizia di tali avvenimenti produsse grande impressione in Francia, e l'Assemblea legislativa dichiarò il 28 febbraio 1792, che ai Negri e ai mulatti dovevano essere concessi immediatamente tutti i diritti politici. Una spedizione di 8000 uomini sotto il comando di tre commissarî dell'Assemblea arrivò nell'isola; il governatore Blanchelande fu deposto e l'Assemblea coloniale fu sostituita da una commissione di dodici membri composta di Bianchi e di uomini di colore. Il generale Galbaud, che era arrivato nell'isola col titolo di governatore, fu obbligato a ritornare in Francia; ma egli rimase nel porto di Cap-Français, e, postosi a capo dei coloni scontenti, attaccò i commissarî, i quali chiamarono in aiuto i Negri che, comandati da Macaya, s'impossessarono della città di Cap-Français e incendiarono la città. I coloni che poterono scampare chiesero aiuto all'Inghilterra, la quale mandò 700 uomini comandati da Whiteloque, che si impossessò di Port-au-Prince il 5 giugno 1794. I Negri, comandati dal negro Toussaint Louverture, sostennero la guerra con gl'Inglesi durante due anni, aiutati dal governo francese. Nell'aprile 1798 prese il comando dell'esercito inglese il generale Maitlan; ma il 9 maggio egli si vide costretto a concludere un accordo col comandante negro, secondo il quale rinunciava alla conquista. Toussaint Louverture acquistò un potere quasi illimitato nell'isola, stabilì il culto cattolico e disciplinò un esercito di 60.000 uomini. Egli occupò anche la parte spagnola dell'isola, che per il trattato di Basilea del 1795 doveva passare sotto il dominio francese, e convocò un'assemblea che approvò e sanzionò il 1 luglio 1801 una costituzione nella quale si dichiarava che la colonia formava parte della Repubblica francese. Ciònondimeno Napoleone inviò contro l'isola una spedizione comandata dal generale Leclerc, che mandò Toussaint Louverture in Francia; imprigionato a Besançon, vi morì il 27 aprile 1803. I Negri proseguirono la lotta, sotto il comando di Dessalines; l'esercito francese fu costretto a capitolare, e l'isola proclamò la sua indipendenza il 1 gennaio 1804, dando alla nuova repubblica il nome di Haiti e nominando governatore a vita Dessalines, che nove mesi dopo si fece incoronare imperatore sotto il nome di Giacomo I (2 settembre 1804). Scoppiò una rivolta contro di lui sotto la guida del mulatto Alessandro Pétion e del negro Enrico Christophe; Dessalines perì nel 1806 in un'imboscata; Christophe, proclamato presidente, nel 1811 prese il titolo di re sotto il nome di Enrico I, mentre Pétion venne nominato governatore di Port-au-Prince. Venuti anch'essi in lotta fra loro, Pétion proclamò la repubblica nella parte meridionale dell'isola e, morendo nel 1818, lasciò al suo successore, Jean-Pierre Boyer, uno stato prospero e tranquillo; invece Christophe, odiato dai suoi sudditi, dovette fuggire nel 1820. Boyer, proclamato presidente nel 1822, divenne padrone di tutta l'isola; ma nell'anno 1843 egli fu mandato in esilio da una rivoluzione, e la repubblica di San Domingo (v.) proclamò l'indipendenza da quella di Haiti nel maggio del 1844. A Boyer succedettero Hérard Rivière e altri, e finalmente il negro Faustino Soulouque, che nel 1849 si fece proclamare imperatore sotto il nome di Faustino I; ma fu deposto nel 1859 da una rivoluzione, che ristabilì la repubblica sotto la presidenza di Fabre Goffrard. Dal 1886, quando il generale Salomon ebbe compiuto il termine della sua presidenza, fino al 1915, tutti i presidenti, meno uno, furono deposti da rivoluzioni; e nel 1915 vi furono disordini, che ebbero per risultato l'assassinio del presidente Vilbrun Guillaum Sam. Il 28 luglio dello stesso anno sbarcarono nell'isola truppe degli Stati Uniti, sotto la cui protezione il congresso elesse il presidente Sudre Dartiguenave. Per riordinare l'isola, fu tuttavia proclamata per alcun tempo l'occupazione nordamericana. Nel 1922 Luigi Borno, nuovo presidente (rieletto poi nel 1926), concluse un prestito col governo di Washington, e a lui si devono i passi giganteschi compiuti da Haiti. L'ultimo presidente, Stenio Vincent, ha preso possesso della sua carica il 18 novembre 1930.
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Sulla repubblica di Haiti, l'opera fondamentale di W. P. Woodring, J. S. Brown, W. S. Burbank, Geology of the Republic of Haiti, Port-au-Prince 1924, va completata, per la parte che riguarda la Repubblica Dominicana, con quella di T. W. Vaugan, W. Cooke, D. D. Condit, P. Ross, W. S. Woodring, A geological reconnoissance of the Dominican Republic, Washington 1921. Cfr. poi S. St. John, Haiti, or the black Republic, Londra 1889; R. Lütgens, Geographische und geologische Beobachtungen in Nordwest Haiti, in Mitteil. der Geogr. Gesell. in Hamburg, 1919; B. Niles, Black Haiti, Londra 1926; H. P. Davis, Black Democracy: The Star of Haiti, Londra 1929; R. Burnett Hall, The Geography of the Republic of Haiti, in Scottish Geogr. Magaz., XLVI (1930), pp. 140-52. Per la storia della Repubblica, v. P. F. Charlevoix, Histoire de Saint-Domingue, Parigi 1730-31; Vida de J. I. Dessalines, jefe de los negros de Santo Domingo, Madrid 1805; A. Basket, History of the island of Santo Domingo, Londra 1818; L. J. Clausson, Précis historique de la Révolution de Saint-Domingue, Parigi 1819; P. Lacroix, Mémoire pour servir à l'histoire de la Révolution de Saint-Domingue; Parigi 1826; Ch. Malo, Histoire d'Haïti depais sa découverte jusqu'en 1824, Parigi 1825; Rabau, Resumé de l'histoire de Saint-Domingue, Parigi 1825; J. Barskett, Histoire politique et statistique de l'île d'Haity, Parigi 1826; A. Monte y Tejada, Historia de Santo Domingo desde su descubrimiento, Avana 1853; B. Ardouin, Études sur l'histoire d'Haïti, Parigi 1853-61; H. Handelmann, Geschichte der Insel Haïti, Kiel 1860; A. Bonneau, Haïti, ses progrès, son avenir, Parigi 1862; S. Hazard, Santo Domingo. Past and Present, Londra 1873; F. de Armas y Céspedes, Régimen politico de las Antilla españolas, Palma 1882; J. Ruiz Martinez, Gobierno de D. Nicolas de Obando en la Española, Madrid 1892; N. Léger, Haiti her history her and Detractors, New York 1907; N. C. de Moya, Bosquejo histórico del descubrimiento, ecc. de Santo Domingo, San Domingo 1913; Kelsey, American intervention in Haiti and the dominican Republic, Filadelfia 1922; Madiou, Histoire d'Haïti, Port-au-Prince 1922; D. Bellegarde, L'occupation Américaine de Haïti, Port-au-Prince 1929; A. N. Léger, Histoire diplomatique d'Haïti, Port-au-Prince 1930.