HALA SULTAN TEKKE
Città cipriota della tarda Età del Bronzo, scavata sistematicamente a partire dal 1971 da una spedizione svedese diretta da P. Åström dell'Università dl Göteborg.
Nel corso di due precedenti campagne di scavo promosse dal British Museum (1897 e 1898) erano già state scoperte c.a 60 tombe datate fra la fine del Medio Cipriota III (c.a 1600 a.C.) e il Tardo Cipriota IIC (c.a 1190 a.C.). I corredi funerarî, molto ricchi, annoverano oggetti in oro, argento, bronzo, avorio e molta ceramica. In seguito, nel 1948, A. Furumark riportò alla luce per conto del Dipartimento delle Antichità un grande pìthos, e nel 1968 V. Karageorghis scoprì due tombe, una delle quali conteneva deposizioni di cavalli.
In seguito agli scavi svedesi è stato possibile stabilire che la città fu fondata nel Medio Cipriota III, fiorì nel Tardo Cipriota I-II e fu ricostruita nel Tardo Cipriota IIIA1. Dopo un ultimo periodo di occupazione di breve durata, essa fu distrutta e in gran parte abbandonata. Solo la sporadica presenza di alcuni frammenti di ceramica a vernice nera indica la possibilità di un successivo insediamento di epoca ellenistica.
Il sito è delimitato a N dal lago salato di Larnaca, a E da un canale di irrigazione di epoca tarda, a S da una scarpata e a O da una zona più alta. La città nuova si estende su un'area di c.a 276.000 m2 con c.a 11.000 abitanti. Gli scavi hanno rivelato in diverse aree un impianto urbano dalla pianta a griglia. Non sono visibili resti di mura di cinta della città, tuttavia la presenza di molti massi erratici nei campi circostanti ne lascerebbe supporre l'esistenza.
La città era attraversata in direzione N-S da una strada, larga c.a 4 m e fiancheggiata da isolati di abitazioni composte da una serie di stanze disposte intorno a un cortile interno.
Al cortile di un'imponente casa (edificio A) dalla pianta molto complessa si accede per mezzo di un'ampia scalinata, a sinistra della quale si apre una stanza da bagno ben costruita. La presenza di tracce d'usura sul pavimento nonché di alcuni frammenti bronzei di cardini o di un perno, suggerisce l'esistenza di una porta con apertura verso l'interno. Il pavimento della stanza è rivestito con conci, e alle pareti sono fissate sottili placche di calcare. Questa stanza sembra essere un'imitazione locale e tarda del c.d. bacino lustrale minoico la cui funzione era cerimoniale o cultuale. A un'estremità della stanza si trova un ricettacolo per l'acqua incastrato nel pavimento. Fra i conci di quest'ultimo si trovano tracce di piombo fuso mentre nel cortile sono state rinvenute tubature rotte sia in pietra che in terracotta.
In altri due punti del cortile sono stati rinvenuti numerosi resti frantumati di conchiglie murex da cui si estraeva la tintura di porpora che veniva probabilmente prodotta in questa città. D'altra parte, però, questi molluschi sono anche commestibili. Nella stessa area furono anche ritrovati nuclei di ocra rossa e gialla: ancora ai giorni nostri, nell'area di Larnaca sono state attive alcune industrie della lavorazione dell'ocra. Una cucina, con un pozzo e un magazzino contenente un pìthos ancora in situ, si affaccia sul cortile. Da un angolo di questa cucina proviene una testa egiziana decorata in bianco su fondo blu con ciuffi di papiro, recante il cartiglio del faraone Horemheb (1322-1295 a.C.). La testa è alta 3,65 cm e sulla superficie inferiore è visibile un foro quadrato che reca ancora tracce di un bastone eburneo. Probabilmente si trattava di un cimelio di famiglia, ricordo di un ambasciatore o di un messaggero egiziano che portò quest'oggetto a Cipro; oppure esso vi giunse come merce di scambio. Fra i rinvenimenti di superficie di H. S. T., degna di rilievo è un'ansa di giara con il cartiglio stampato di Seti I (1293-1279 a.C.). L'edificio B consiste in un cortile circondato da quattro stanze. La parte inferiore del suo muro occidentale è costruita con ortostati poggianti su un plinto sporgente in conci.
L'edificio Сha un cortile esterno con pozzo e uno interno con camera su due lati. Quest'edificio è parzialmente costruito in conci. Nel cortile sono state rinvenute un'olla cananea, brocche carenate di tipo palestinese e un'anfora decorata con palme fiancheggiate da cervi. Sulla superficie di una ciotola d'argento, ritrovata capovolta in un muro, è incisa un'iscrizione in cuneiforme alfabetico ugaritico che dice: «Ciotola di [o fatta da] Aky, figlio di Yiptahaddu».
Nel periodo Tardo Cipriota III (1190-1050 a.C.) fiorirono a Cipro le industrie manifatturiere di rame e di avorio; a H. S. T. la lavorazione del rame era sicuramente molto sviluppata, come dimostrano le numerose scorie sparse un po' ovunque. È inoltre attestata la lavorazione dell'avorio, poiché in un pozzo sono stati rinvenuti degli scarti di lavorazione. Durante una delle prime spedizioni del British Museum fu rinvenuto un bell'esemplare di disco in avorio con un toro intagliato, attualmente esposto a Londra. Un pettine in avorio decorato con volute incise è stato invece rinvenuto durante gli ultimi scavi. Fra gli svariati oggetti in bronzo provenienti da questo sito, degni di nota sono una pala da carbone, un falcetto, punte di lancia e di freccia, i coltelli, un pezzo di scaglia di armatura e un corsetto in metallo composto da diverse centinaia di lamine di bronzo.
L'ottimo livello dell'artigianato locale è testimoniato inoltre dagli intagli in pietra. Notevole è un rilievo miniaturistico in calcare di forma pressoché rettangolare, che riproduce il modello di un edificio, probabilmente un santuario ad almeno due piani, con la porta rientrante e con griglia alle finestre. Un raro esempio dell'arte scultorea del XII sec. a.C. è fornito da un bacino in pietra decorato con una testa di toro; esso conserva ancora tracce del colore blu di base. Sono stati inoltre rinvenuti uno stampo in pietra per la foggiatura delle punte di freccia e dei pesi da rete di pietra appartenuti a un pescatore; per la pesca si usavano anche pesi di piombo. Dalle ossa rinvenute a H. S. T. sono state identificate molte specie di pesci fra cui: tonno, pescecane o razza, branzino, pesce-pappagailo, pagello nero e orata.
Altra industria di rilievo, fra le attività manifatturiere del sito, era quella della faïence. Sebbene molti oggetti siano di importazione, è documentata la lavorazione in situ di una grande varietà di perline di faïence. Sicuramente di produzione locale è anche un rhytòn conico. Gli oggetti in faïence d'importazione provenivano dall'Asia Antenore e dall'Egitto. Il repertorio delle forme annovera olle a staffa, un calice, una brocchetta e delle ciotole. Inoltre un pendente in faïence dalle sembianze umane rappresenta probabilmente una divinità ed è il primo esemplare di questo genere rinvenuto a Cipro. Questo tipo di oggetto ha origine a Babilonia ed è ampiamente diffuso nel Vicino Oriente: veniva probabilmente portato al collo come i pendenti più antichi in vetro o in metallo.
Gli abitanti di questo antico porto marino conoscevano l'uso della scrittura come testimoniano varí stili in osso, numerose incisioni sulla ceramica, due palle di argilla, un peso cubico in pietra e dei pìthoi iscritti con caratteri cipro-minoici. La palla di argilla può essere interpretata come una «carta di identità» poiché reca il nome del proprietario. Sul peso in pietra è invece inciso il numerale «uno» e un segno corrispondente alla sillaba che equivale a «ti» nell'alfabeto cipro-classico più tardo. Alcuni proiettili da fionda in piombo, tutti iscritti in caratteri Cipro-minoici, rappresentano la più antica testimonianza dl armi di questo genere rinvenute a Cipro. Stando all'evidenza stratigrafica è chiaro che questi proiettili erano in uso nel periodo Tardo Cipriota III.
Fra gli altri rinvenimenti degni di nota, vi è un cratere anforoide del Miceneo IIIA2, parzialmente ricostruito, che mostra l'insolita decorazione pittorica di un saltatore raffigurato mentre esegue un salto mortale sulla schiena di un toro. Questo motivo, tipicamente cretese, era stato trovato, finora, una sola volta su ceramica micenea.
Alcuni conci dalla sommità arrotondata possono aver avuto un qualche significato religioso per gli abitanti della città. Si tratta probabilmente di stele o di rappresentazioni aniconiche delle divinità. Due di queste pietre si trovavano, al momento della scoperta, giacenti nelle immediate vicinanze di quello che doveva presumibilmente essere l'ingresso di una camera, come se un tempo fossero effettivamente state poste a guardia della porta. Non mancano altri esempi simili di pietre o pilastri aniconici ai lati delle porte o degli ingressi.
Entrambe le pietre all'ingresso recano tracce di disegni incisi, tra cui una probabile nave, e un uomo con berretto a punta, recante una lancia nella mano protesa, in piedi su una barca con alta prua. Diverse pietre a gradini formavano probabilmente le basi di pilastri o di stele. Sulla sommità di due di queste sono delle rosette incise.
Nel 1980 in una delle stanze fu trovato un sigillo, che reca il segno geroglifico dello scriba, di eccezionale importanza poiché è una imitazione locale di un modello ittita. Questo rinvenimento assume carattere di rilievo soprattutto se si considera la scarsità di oggetti ittiti a Cipro.
Nel 1978 si rinvenne, quasi in superficie, un tesoro composto di 23 oggetti in oro, bronzo, agata, cornalina e cristallo di rocca (orecchini, pendenti, perline, ecc.). I due pendenti d'oro piriformi con parte terminale arrotondata all'insù con incise una figura femminile e una maschile, sono esemplari unici in tutta Cipro. Il tesoro conteneva inoltre alcuni pendenti in corniola, uno spillone in bronzo e due perline di faïence. Il geroglifico dello scarabeo è stato interpretato come un nome di persona femminile: Nbwy (Nebui) nome che viene citato dalle fonti egiziane sia nel Medio che nel Nuovo Regno (c.a 2134-1070 a.C.). Non è possibile dire se indicasse effettivamente la proprietaria del tesoro o se piuttosto lo scarabeo non sia da interpretare come un dono proveniente dall'Egitto.
La figura maschile rappresentata su uno dei pendenti in oro può essere sia un giovane dio nudo che un adorante: è raffigurato in piedi con lo sguardo volto a sinistra, la gamba destra protesa in avanti, la testa di profilo e ha le braccia sollevate e piegate in un atteggiamento d'adorazione o di benedizione. I contorni della figura sono resi in modo molto sommario e in più punti si vedono delle linee ripassate.
Un altro pendente d'oro mostra una divinità femminile o un'adorante resa di profilo e vestita di abito lungo, raffigurata in piedi con lo sguardo volto a destra, con le braccia sollevate e con capelli lunghi fino alle spalle, alla maniera egiziana. L'abito della divinità è decorato nella parte superiore con linee verticali incise, è liscio nella parte centrale e termina con motivi a chevron e linee curve sottostanti e, infine, nella parte inferiore è decorato con linee incrociate; il tratto è delicato e reso con mano ferma e non si notano in questo caso contorni doppi. Tesori simili di oggetti in oro provengono dal sito di Tell el-'Ağğūl, in Palestina.
Nel 1979 furono scoperte fortuitamente una brocca e una ciotola con piatto: si trattava di oggetti in bronzo facenti parte del corredo funerario di un uomo di quarant'anni, seppellito in una tomba a pozzo nell'angolo di un cortile. Ai suoi piedi erano deposti, inoltre, un magnifico tridente di bronzo lungo 87,5 cm, una scatola d avorio e due ciotole di faïence; alcuni frammenti della scatola e una fascia da pellegrino giacevano ai lati. All'altezza del torace sono stati rinvenuti un pugnale di bronzo, quattro punte di freccia e una conchiglia murex. Il defunto aveva al collo una lunga collana che scendeva fino al petto, formata da un gran numero di faïences con cornice aurea recante il cartiglio di Ramesse II (1279-1212 a.C); portava inoltre orecchini d'oro, un pesante anello d'oro e un anello d'argento inciso sul castone con il tipico motivo ittita del disco solare. Il testo dello scarabeo diceva: «Ramesse, amato da Ammone, favorito da Thot, signore della Verità (?)». Non vi è dubbio sull'identificazione di Ramesse II, poiché egli era l'unico dei Ramessidi solitamente definito con l'epiteto «Ramesse amato da Ammone»; dunque lo scarabeo fu sicuramente fabbricato durante il regno di Ramesse II, ma questo ovviamente non esclude la possibilità che l'oggetto abbia potuto circolare a lungo dopo la morte di quel faraone.
Il tridente ha invece un parallelo siriano a Ras Šamra dove in un deposito di bronzi fu rinvenuta una spada con il cartiglio del faraone Merenptah (1212-1202 a.C.). Il defunto in questione fu probabilmente seppellito nel secondo quarto del XII sec. a.C. e, quindi, dopo la distruzione del sito avvenuta a opera dei c.d. Popoli del Mare che fecero incursione sulle coste del Mediterraneo orientale proprio in quell'epoca.
Sono inoltre state fatte delle ricerche archeologiche subacquee all'altezza di Capo Kiti che hanno portato al rinvenimento di vasi e ancore della tarda Età del Bronzo e di epoca bizantina, nonché alla localizzazione di una serie di siti di possibili naufragi. Del resto nella stessa città erano state rinvenute molte ancore in pietra a riprova delle sue attività marinare. Un'ancora in pietra dello stesso tipo di quelle rinvenute a H. S. T. proviene dal sito di Karnak in Egitto. La cultura materiale di H. S. T. consente molti confronti con la Grecia micenea, con Creta, con l'Anatolia, con la Siria, con la Palestina e con l'Egitto. Senza dubbio il porto della città accoglieva navi provenienti da tutti questi paesi, prima di essere ostruito dal fango fino a divenire un lago salato.
Bibl.: P. Åström e altri, Hala Sultan Tekke I-9 (Studies in Mediterranean Archaeology, XLV, 1-9), Göteborg 1975-1989; P. Åström, Excavations at Hala Sultan Tekke, in Archaeology, XXXVII, 2, 1984, pp. 24, 52, 58 ss.; id., Hala Sultan Tekke, in V. Karageorghis (ed.), Archaeology in Cyprus 1960-1985, Nicosia 1985, pp. 173-181 (con blbl.); id., in Centre d'études chypriotes, III, Parigi-Nanterre 1985, p. 3 ss.; id., Hala Sultan Tekke. An International Harbour Town of the Late Cypriote Bronze Age, in OpAth, XVI, 1986, pp. 7-17; id., Hala Sultan Tekke and Its Foreign Relations, in V. Karageorghis (ed.), Cyprus between the Orient and the Occident. Acts of the International Archaeological Symposium, Nicosia 1985, Nicosia 1986, pp. 63-68; id., in Medusa, VII, 2, 1986, p. 30 ss.
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