HARTLINE, Haldan Kefger
Biofisico, nato a Bloomsburg (Pennsylvania) il 22 dicembre 1903. Conseguito (1923) il B. S. presso il Lafayette College di Pennsylvania e il M. D. (1927) presso il Dipartimento di fisiologia della Johns Hopkins Medical School di Baltimora, approfondì la preparazione in fisica e in matematica presso W. R. Heisemberg a Lipsia e A. Sommerfeld a Monaco. Rientrato negli SUA, rimase dal 1931 al 1949 presso la Johnson Research Foundation for Medical Physics, salvo una breve parentesi (1940-41) in cui fu professore associato di fisiologia al Cornell Medical College di New York. Nel 1949 fu nominato professore di biofisica alla Johns Hopkins M. S., che lasciò nel 1953 per l'università Rockefeller di New York. Nel 1967, assieme a R. A. Granit e a P. Wald, è stato insignito del premio Nobel per la fisiologia o la medicina per le scoperte relative ai processi neurali al livello retinico.
Inizialmente, H. ha studiato l'attività elettrica globale della retina sull'animale integro, in numerosi soggetti di esperimento: negl'invertebrati, in particolare insetti, e nei vertebrati; per primo ha realizzato l'elettroretinografia nell'uomo. Successivamente si è dedicato allo studio dei fenomeni elettrici delle singole unità fotorecettrici, con procedimenti sperimentali originali, principalmente in Limulus polyphemus, che per la particolare struttura del suo occhio laterale, composto di circa 1000 ommatidi, offriva la possibilità di agire, anche con i mezzi di allora, su singole unità, e nella rana previo un intervento di microdissezione. Dei risultati conseguiti, alcuni si collocano accanto a quelli ottenuti da R. A. Granit (v. in questa App.) con altre tecniche di approccio, confermandoli e arricchendoli nelle specifiche acquisizioni, comprovando nella valutazione d'insieme che i processi discriminativi visivi hanno un primo avvio nella retina, grazie alle differenti proprietà funzionali dei ricettori; altri costituiscono acquisizioni completamente originali, come la scoperta dell'inibizione laterale e del suo effetto di secondo ordine (v. oltre), per la cui ulteriore elaborazione (analisi quantitativa, traduzione in modello matematico) H. si è giovato dell'opera di alcuni collaboratori, principalmente di F. Ratliff e di H. G. Wagner.
Lavorando su Limulus, nel 1949 si era accorto che luci estranee a quella impiegata per la fotostimolazione calibrata, piuttosto che incrementare l'attività evocata, la diminuivano e in determinate condizioni potevano inibirla completamente. Nel 1956 riprese questo argomento con i ricordati collaboratori; applicando la tecnica dei microelettrodi, amplificando e registrando le correnti derivate, poté stabilire che l'eccitazione di un'unità recettrice provoca per via sinaptica l'inibizione dell'unità confinante, che è tanto maggiore quanto più è intensa la stimolazione e quanto è minore la distanza separante le due unità considerate; ha precisato inoltre che se interviene una terza unità, che per ragione della sua dislocazione può inibire una sola delle due unità considerate, il blocco dell'unità compresa nel suo raggio d'azione provoca la disinibizione dell'altra, inducendo un effetto di second'ordine che ha le sembianze di una facilitazione. L'inibizione laterale interviene nella percezione dei contorni e comprova la natura affatto soggettiva del fenomeno descritto da Ernst Mach, circa un secolo fa, conosciuto come fenomeno delle bande di Mach. Ricerche successive di altri studiosi, sui neuroni motori spinali del gatto (V. J. Wilson, P.R. Burgess) e sull'azione esercitata dal cervelletto sul nucleo di Deiter sempre nel gatto (M. Ito) hanno permesso di stabilire che alcuni fenomeni di accrescimento dell'attività neurale e giä interpretati come prodotti da facilitazione sono in realtà da disinibizione.
Tra le sue opere: The electrical response to illumination of the eye in intact animals, including the human subject, and in decerebrate preparations, in Am. J. Physiol. (Proc.), 73 (1925), 600; Nerve impulse from single receptors in the eye, in coll. con C. H. Grahan, in J. Cell. and Comp. Physiol., i (1932), pp. 277-95; The neural mechanisms of vision, in The Harvey Lectures, Series XXXVII (1941-42), 39; Inhibition of activity of visual receptors by illuminating nearly areas in the Limulus, in J. Gen. Physiol., 40 (1957), pp. 357-76; Inhibitory interaction in the retina and its significance in vision, in coll. con F. Ratliff e W. H. Miller, in Nervous Inhibition, a cura di E. Florey, New York 1961, pp. 241-94.