HAMILTON, Sir William, Bart
Filosofo, nato a Glasgow l'8 marzo 1788, morto a Edimburgo il 6 maggio 1856. Studiò a Glasgow e a Oxford. Fu avvocato, poi dal 1821 professore di storia e dal 1836 professore di filosofia a Edimburgo. Fuse la dottrina del senso comune, propria della scuola scozzese, col criticismo di Kant.
La mente umana può solo funzionare ponendo condizioni e rapporti; perciò l'incondizionato, l'assoluto e l'infinito sono inconoscibili e concepibili solo in forma negativa. Una totalità non si può concepire se non come parte d'un tutto più grande; una parte se non come divisibile in altre parti. Un massimo assoluto è inconcepibile, come un minimo assoluto. La serie infinita delle grandezze non si potrebbe esaurire se non in un tempo infinito. La conoscenza è sempre relativa: ogni giudizio implica una relazione tra due termini; la coscienza è contrapposizione di soggetto a oggetto. Ogni fenomeno, per esser conosciuto, deve mettersi in relazione ad altri fenomeni nello spazio e nel tempo; deve esser considerato come effetto d'una causa, e questa, come fenomeno, richiede un'altra causa, e così via. Il cominciamento assoluto della serie dei fenomeni è inconcepibile. Ma è egualmente inconcepibile una serie che non abbia principio o limite. Dei due termini del grande dilemma: "finito o infinito?" uno dev'esser vero necessariamente per il principio del terzo escluso. Dobbiamo perciò scegliere; e nella scelta possono servirci di guida motivi pratici e morali che ci fanno inclinare verso la fede e costruire sul modello del nostro spirito una coscienza più alta che assicuri il compimento del nostro destino morale e che stia col mondo in una relazione analoga a quella dell'anima col corpo. La fede così oltrepassa i limiti della conoscenza. H. non ci spiega come possa farlo, se è anch'essa, in fondo, un rapporto fra il credente e il Dio creduto; e come l'Assoluto possa rimaner tale, essendo termine della relazione di fede. H. per questa, come per le altre difficoltà che sono nei concetti di libertà e d'immortalità dell'anima umana, finisce col rifugiarsi nella credenza istintiva di tutti gli uomini, secondo la tradizione della scuola scozzese. In logica è da ricordare la sua teoria della quantificazione del predicato che mira a rendere determinato il rapporto fra l'estensione del soggetto e quella del predicato dei varî giudizî, rapporto che nella comune espressione del linguaggio è sottinteso. La sua teoria è stata poi sviluppata nella moderna logica-matematica.
Gli scritti principali di H. sono: Discussions on Philosophy and Literature, Education and University Reform, Londra 1852; Lectures on Metaphysic and Logic, a cura di Mansel e Veitch, Londra 1858-60.
Bibl.: J. Stuart Mill, An Examination of Sir W. H.'s Philosophy, Londra 1865; H. Stirling, Sir W. Hamilton, Londra 1881; H. L. Mansel, The Philosophy of the Conditioned, Londra 1866; J. Veitch, Memoir of Sir W. H., Londra 1869; W. H. Monck, Sir W. Hamilton, Londra 1881; Nauen, Die Erkenntnislehre W. H.s, Strasburgo 1911; S. V. Rasmussen, The Philosophy of Sir W. Hamilton, Copenaghen e Londra 1927.