HANIWA
II termine haniwa (letteralmente «cerchio d'argilla») designa una tipologia di prodotti in terracotta giapponesi, di forma cilindroide o costituiti da elementi figurativi varî (figure umane, animali, abitazioni, oggetti di uso comune o rituale), spesso su base cilindrica, collocati all'esterno dei tumuli funerarî kofun (v.) durante il periodo circoscrivibile tra i secoli IV e VII d.C.
L'ipotesi più accreditata circa la funzione originaria degli h., cui si ricollegano gli esemplari cilindriformi, li configura come basi d'appoggio per contenitori di offerte ai defunti, da cui successivamente si sarebbero trasformati in puri contrassegni ornamentali esterni alla sepoltura, anche se in qualche modo ancora legati a significati magico-rituali. Il tipo originario di h., quello di semplice cilindro, ristretto alla base, talora a bocca svasata, articolato in due o più sezioni troncoconiche delimitate da cordoni applicati e dotato di due fori laterali simmetrici di forma circolare, quadrata o triangolare, sembra appartenere alla produzione ceramica Haji del periodo Yayoi (v. giapponese, arte).
Riferimenti a essa si riscontrano nell'episodio riportato dal Nihon Shoki, l'antica cronaca giapponese compilata nel 720 d.C., secondo cui Nomi no Sukune avrebbe suggerito all'imperatore Suinin di commissionare a cento artigiani specializzati nella lavorazione della terracotta (Hajibe) la fabbricazione di h. dalle sembianze umane con funzione di corredo funebre di accompagnamento, per porre fine alla crudele consuetudine di inumare persone vive insieme al defunto. Tuttavia, allo stato attuale delle ricerche, non essendo l'inumazione sacrificale in Giappone provata da evidenze archeologiche, l'episodio riferito dal Nihon Shoki appare ancora come una tradizione leggendaria probabilmente creata dai ceramisti Haji-be per aumentare il proprio prestigio sociale. Sicura invece è l'appartenenza alla tipologia ceramica Haji dei primi h., i quali risultano cotti in forni aperti, ovvero a temperatura relativamente bassa (c.a 600 gradi) e in atmosfera ossidante, come evidenzia anche il loro colore rosso ocra con sfumature giallastre. La produzione degli h., a differenza del coevo vasellame Sue (v. giapponese, arte) che rappresenta una innovazione nella ceramica giapponese, ha certamente una lunga tradizione tecnica le cui fasi evolutive non sono ancora documentabili, dato il persistente veto alle ricerche archeologiche nell'interno delle sepolture imperiali. Si può comunque affermare che mentre gli h. più antichi appaiono chiaramente appartenenti alla produzione Haji, nei secoli successivi prevalse l'influsso della ceramica Sue, caratterizzata da una maggiore durezza del vasellame, che presenta talora tracce di invetriatura naturale o di una tipica patina bruna prodotta dall'alta temperatura dei forni.
Per quanto riguarda le tipologie figurative degli h., di poco posteriore all'originaria forma cilindrica risulta il modello di kinugasa, l'ombrello di seta a lungo manico, utilizzato nelle cerimonie ufficiali da imperatori e nobili. Tali esemplari, che talora raggiungono dimensioni notevoli (c.a 1 m di altezza e fino a 2 m di diametro) appaiono documentati già alla metà del IV sec. come p.es. sul tumulo di Hibasu, moglie dell'imperatore Suinin. Intorno al V sec. sembra risalire la produzione di h. a forma di abitazioni che presentano già le tradizionali strutture architettoniche dei tetti, accompagnate talora da granaio e magazzino. Circondato da h. cilindrici, tale modello appare spesso collocato sul tumulo in corrispondenza del corpo del defunto. Anche al V sec. sembrano risalire le prime immagini antropomorfe e animalistiche: le figure femminili, identificate generalmente come sacerdotesse-sciamani, sono ritratte spesso su un seggio con corredo di specchi con sonagli; il cavallo, appena introdotto dal continente e documentato per la prima volta sul tumulo dell'imperatore Nintoku, appare spesso riprodotto con i particolari della bardatura. Nel VI sec. i soggetti animalistici e quelli antropomorfi si moltiplicano. Si riscontrano pertanto figure di cane, cervo, orso, bue, scimmia, cinghiale, falco, uccelli e pesci, così come uomini, donne, giovani e vecchi, rappresentanti delle più diverse categorie sociali: nobili, guerrieri, musicisti, ancelle e contadini, delineati a figura intera ma spesso a mezzo busto o con la sola testa poggiante su una base cilindrica. La colorazione rossa del volto o del corpo di alcune figure, che appaiono collocate frontalmente rispetto allo sfondo del tumulo, sembra trascendere la semplice funzione decorativa, dal momento che riprende la stessa tinta del corredo funebre e dell'interno del sarcofago e lintensità del colore sulla superficie dello h. aumenta con la sua vicinanza al corpo del defunto. Accanto a utensili di uso quotidiano (sedie, sgabelli, mobili) e ad armi, armature, imbarcazioni, appaiono che oggetti cerimoniali simbolo di potere, come le corone e il sashiba, ventaglio regale tondo dotato di lungo manico.
Quantità, genere e collocazione degli h. variano a seconda delle regioni di provenienza, del tipo di tomba e dell'epoca. Non si può dire che esistesse un sistema canonico unico di collocazione degli h., ma si è notato che nei primi secoli essi erano piuttosto distanziati e nettamente più concentrati nel periodo tardo, mentre il loro numero aumenta sensibilmente in proporzione all'importanza della sepoltura (p.es. oltre ventimila sul tumulo dell'imperatore Nintoku). I principali centri di produzione erano dislocati, fino al V., prevalentemente nella regione dello Yamato (Kinai) fra Kyoto, Osaka e Nara, da cui gli h. si diffusero nell'Honshu occidentale e nello Shikoku, e nei secoli VI e VII nell'area del Kantō, in particolare nei territori delle attuali prefetture di Saitama, Tochigi e Gunma da cui, nella fase più tarda della loro produzione raggiunsero, anche se sporadicamente, alcune località più a Nord.
Per quanto riguarda le tipologie di h. sembra che il Kinai trattasse molto più frequentemente immagini di abitazioni, oggetti simbolici e rituali rispetto alle figure umane, mentre la produzione del Kantō risulta molto più varia e spesso improntata a un vivace realismo di gusto popolare, non privo di sfumature umoristiche, il che riflette il fenomeno del modificarsi nel tempo del carattere dello h. da componente rituale simbolico della cerimonia funebre a elemento prevalentemente decorativo del tumulo. Bisogna però rilevare che nessuna delle teorie più comuni sulla funzione degli h. (quali segni di delimitazione dell'area sacrale della sepoltura, o sostituzione degli steccati lignei di recinzione o elementi di rinforzo del terreno del tumulo) sembrano ormai più sostenibili unilateralmente dal momento che, come e stato evidenziato dagli ultimi orientamenti, profonde dovevano essere state le trasformazioni dell'atteggiamento religioso durante il periodo dei kofun. Le più recenti scoperte relative a nuove tipologie di h. in pietra, rinvenuti nella prefettura di Fukuoka e Tottori, e in legno, nella prefettura di Nara, hanno infatti evidenziato la complessità delle problematiche relative ai riti della sepoltura, che sono alla base dell'origine e del significato degli h. stessi.
A partire dalla seconda metà del VI sec., in corrispondenza con l'introduzione del buddhismo in Giappone, la cultura funeraria dei kofun cominciò rapidamente a declinare (l'ultimo tumulo imperiale fu quello di Kinmei, morto nel 571) e di conseguenza anche la produzione degli haniwa.
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