HARAR (A. T., 116-117)
Città dell'Etiopia orientale, posta nella regione sorgentifera del fiume Erer (bacino dell'Uebi Scebeli) poco a sud della displuviale che la divide dal bacino del Hawash, a 42°24′ 36″ long. E. e 9°22′ lat. N., a circa 1900 m. s. m. e a 250 km. dalla costa del Golfo d'Aden. La città entro la cinta delle sue cadenti mura turrite, misura un'area di 36 ha., estendendosi peraltro anche fuori delle mura medesime in varî sobborghi. La sua popolazione, che al momento dell'occupazione abissina era stimata di circa 36.000 ab., ascenderebbe oggi a 50.000 ab., per un terzo soltanto Hararini e per il resto Somali, Galla, Abissini, nonché un certo numero d'Indiani, Levantini ed Europei. Di tipo assolutamente arabo, costituita di casette basse che fiancheggiano viuzze anguste e tortuose, dove si ammassano le immondizie, di aspetto sordido, la città nulla offre di notevole eccetto qualche moschea il palazzo del governatore, costruzione di tipo europeo fatta erigere da Makonnen che ne tenne la carica sino alla morte (1906), una chiesa copta di tipo abissino, ecc. Centro commerciale importante specialmente per l'esportazione del caffè e degli altri prodotti del suo fertilissimo territorio, ben irrigato dai corsi d'acqua che scendono dalle alture circostanti; decaduta alquanto dopo la costruzione della ferrovia Gibuti-Addis Abeba, la cui stazione più vicina Dire Daua ne dista 60 km. circa di malagevole strada, Harar è sede di consolato italiano, britannico e francese, del vicariato apostolico dei paesi Galla, affidato a missioni francesi, e ha regolari servizî postali, telegrafici e telefonici. La provincia (emirato) dell'Harar che abbraccia tutta la parte sud-orientale dell'Etiopia è considerata quale un feudo imperiale. All'autorità del suo governatore etiopico si contrappone quella dell'emiro che solo i musulmani riconoscono.
Storia. - La prima menzione di Harar nelle cronache etiopiche si trova nel racconto delle guerre del negus ‛Amda Ṣyon I, che regnò dal 1314 al 1344. La città dipendeva allora dallo stato musulmano, che aveva il suo centro nell'Ifāt, pur avendo proprî governatori. Lo spostamento della capitale musulmana dall'Ifāt a Dakar (sullo stesso altipiano hararino) aumentò l'importanza politica di Harar, finché nel luglio-agosto 1520, per decisione del sultano AbūBakr ibn Muhammad ibn Aẓhar ad-dīn, Harar stessa fu eletta come capitale. Durante le guerre che Aḥmad ibn Ibrāhīm detto Grāñ (v. grāñ) e Nūr ibn Mugiāhid condussero nel sec. XVI contro l'Abissinia cristiana, Harar fu la base delle varie spedizioni e il centro politico dell'azione musulmana. Nūr ibn Mugiāhid la fortificò, ricingendola di mura e torri. Successivamente l'invasione dei Galla mise parecchie volte in pericolo la stessa città; e il disastro toccato al sultano Muḥammad ibn Naṣīr nella sua spedizione del 1577 contro il negus Malak Sagad accentuò, d'altra parte, la decadenza dello stato musulmano. Così nell'agosto-settembre 1577, il sultano Muḥammad Gāsā spostò di nuovo la capitale da Harar all'Aussa.
Ma Harar se anche capitale per soli 57 anni, aveva ormai per le imprese del Grāñ e di Nūr un'importauza eccezionale nell'Islām etiopico, conservata sino ai nostri giorni. E quindi ben presto l'emiro di Harar, se pure nominato dal sultano risiedente nell'Aussa, venne acquistando sempre più la figura di un sovrano indipendente. Infine nel 1647-1648 l'emiro ‛Alī ibn Dāwīd riuscì a rendere ereditario l'emirato nei suoi discendenti, che non ebbero più nemmeno un vincolo nominale con l'Aussa.
L'emirato hararino durò ancora più di due secoli, separato oramai dall'Abissinia cristiana per lo stabilirsi sull'altipiano dei Galla che ridussero il territorio soggetto all'emiro alla sola città di Harar con gl'immediati diritorni. Il 3 gennaio 1855 giungeva in Harar, primo europeo, sir Richard Burton, ricevuto dall'emiro Aḥmad ibn AbīBakr. L'espansione dell'Egitto, dopo l'apertura del Canale di Suez, portò all'occupazione egiziana dell'Harar il 18 settembre 1875 per opera di Ra'uff pascià; ma la rivolta di Arabi (‛Ōrābī) pascià e l'intervento inglese in Egitto condussero allo sgombero di Harar nel 1885. La città fu consegnata al maggiore (inglese) Hunter, che ristabilì l'emirato, facendo proclamare emiro ‛Abdallah ibn ‛Alī. Questi tentò di ripristinare la sua sovranità sulle tribù dell'altopiano hararino e ricevette ospitalmente il viaggiatore austriaco Paulitschke. Ma la reazione dei Galla e dei Somali e l'odioso massacro della spedizione scientifica italiana guidata dal conte Porro prepararono nelle relazioni interne e in quelle estere la fine del nuovo emirato. E il 26 gennaio 1887 il negus Menelik II, col pretesto di vendicare la spedizione Porro, batteva facilmente a C̣allanqo le truppe hararine e occupava Harar. Negli ultimi cinquant'anni Harar ha fatto parte, così, dell'Impero Etiopico di cui divide oggi le sorti.
Bibl.: R. Basset, Chronologie des rois de Harar (1637-1887), in Journal Asiatique, 1914; E. Cerulli, Documenti arabi per la storia dell'Etiopia, in Memorie R. Accademia Lincei, sc. mor., 1931.