HARRĀN (babilonese Kharrām, ebraico Hārān; Κάρραι, Carrhae)
Città della Turchia orientale, c.a 40 km a SE di Edessa (odierna Urfa). Centro storicamente importante fin dal II millennio a.C. (l'ultimo sovrano babilonese, Nabonedo, vi lasciò importanti iscrizioni) e sede di un grande santuario del dio lunare, il sito è poco noto archeologicamente per i periodi più antichi. In età tardoantica H. continuò a svolgere un ruolo preminente grazie soprattutto alla sua posizione, quale crocevia di importanti strade carovaniere, e per il ruolo strategico e militare che svolse: il territorio di H. infatti fu spesso teatro di battaglie tra Assiri e Siriani, Romani e Persiani, Arabi e Bizantini, Crociati e Turchi.
La comunità cristiana di H. appare organizzata in diocesi a partire dal pieno IV sec.; dal VI sec. essa è di segno monofisita e siro-occidentale/giacobita, ben documentata in ispecie nei secoli dal VII al X, in sincronia cioè con l'occupazione araba. Preziose notizie sulla città e su alcuni monumenti cristiani sono trasmesse da un lungo passo del diario di viaggio della pellegrina Eteria (c.a 380), che visita H. dopo Antiochia ed Edessa. Eteria, accolta dal vescovo-monaco, probabilmente Protogene, in una chiesa entro la cinta urbica, forse la chiesa episcopale, menziona anche il martyrium del santo locale Elpidio, la cui festa ricorreva in quei giorni, il quale era ubicato fuori le mura della città: esso sarebbe sorto sul sito della casa di Abramo. Inoltre la pellegrina ricorda che la maggior parte della comunità di H. era pagana, fatto che sembra perdurare a lungo, e che ricorre quasi come un tòpos anche nelle fonti arabe e siriache. Più tardi Procopio da Cesarea, nel De aedificiis, informa che, nell'ambizioso progetto di Giustiniano, volto soprattutto alla fortificazione del limes orientale dell'impero, furono ricostruite le mura di H., protette da un antemurale, elemento che ricorre nelle piazzeforti orientali: le mura più antiche infatti erano già in cattive condizioni ai tempi degli attacchi di Šābuhr II, come ricorda Ammiano Marcellino.
A queste scarne notizie fanno da contrappunto dati archeologici altrettanto scarni, almeno per ciò che concerne il periodo fra il IV e il VI secolo. Entro le mura sono state rinvenute le tracce di una basilica a tre navate dite da pilastri, non lontano dalla Porta dei Leoni: essa presenta un'abside poligonale all'esterno, elemento di origine costantinopolitana che in Siria sembra legato a una committenza aulica, talvolta imperiale - come nel caso di alcune basiliche di Palmira, Apamea, Bostra: una piccola basilica segnalata da Sachau all'inizio del secolo oggi non è più visibile.
L'età d'oro di H. coincide però con la dominazione araba, quando la città diviene capitale dell'ultimo califfo omayyade, Marwan II (744-750), e contemporaneamente centro attivo di propaganda della chiesa giacobita. E a questo periodo che risale infatti la fondazione della Grande Moschea, edificio in parte ancor oggi esistente, che mostra varie fasi edilizie. All'esterno sono stati reimpiegati alcuni capitelli di età romana, fenomeno che segna la cultura artistica islamica di queste aree, in ispecie in età omayyade: vanno anche segnalate alcune sculture architettoniche, in parte conservate presso il museo di Urfa, esemplate sulla scultura mesopotamica di età protobizantina. Una delle più significative fasi della moschea si lega all'attività, nella zona, di Saladino (1171-1193), il cui nome ricorre anche in una delle iscrizioni arabe superstiti. E proprio le fonti arabe, a partire soprattutto dal X sec. - p.es. Mas'ūdī- trasmettono preziose informazioni sulla città e i suoi monumenti.
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