HEGIAS (῾Ηγίας, ῾Ηγησίας; Hegesias, Hagesias)
1°. - Scultore ateniese del secondo venticinquennio del V sec. a. C., intorno al cui nome si è formato un grosso problema a causa delle discordanti interpretazioni cui si prestano le fonti scritte. I dati di fatto sono i seguenti: 1) Pausania (viii, 42, 10) riunisce assieme i nomi di Onatas, Hegias ateniese, e Hageladas argivo, come quelli di tre scultori contemporanei. 2) Plinio (Nat. hist., xxxiv, 49) riunisce attorno alla data del 448-444 a. C. i nomi di Fidia, Alkamenes, Kritios, Nesiotes ed Hegias. L'errore di Plinio è evidente in quanto Kritios, Nesiotes ed Hegias da un lato, Fidia e Alkamenes dall'altro, formano due gruppi di artisti ben distinti dal punto di vista cronologico e artistico. 3) Dione Crisostomo (Orat., lv, 1) ricorda H. quale maestro di Fidia (in base all'emendamento ΗΠΟΥ-ΗΓΙΟΥ del testo, proposto da O. Müller). 4) Sull'Acropoli si sono ritrovati i frammenti della base di un donario con tracce di fuoco e con la firma ῾Εγίας εποίεσεν. Questi frammenti si completano con un altro recante i nomi dei dedicanti, Aristion e Pasias (I. G., iv [Suppl. al i], 37396, pag. 89, e 373159, p. 203; A. E. Raubitschek, in Jahreshefte, 1938, Beibl., 22 ss., 39 ss. e id., Dedications Ath. Akropolis, 94). La base doveva sostenere originariamente una statua di bronzo ed è databile poco prima del 480 a, C.
Questi quattro passi ci permettono di stabilire che H. fu uno scultore e bronzista ateniese appartenente al primo periodo dell'età di transizione o dello Stile Severo, contemporaneo di Kritios, Nesiotes, Onatas e Hageladas, attivo prima e dopo il 480, come dimostrano la base dell'Acropoli e l'essere stato maestro di Fidia. Probabilmente la sua attività va inquadrata fra il 490 e il 460 a. C.
Seguono poi i passi soggetti a contestazioni: 1) Quintiliano (Inst. Orat., xii, 10, 7) ricorda le statue duriora et tuscanicis proxima di Kallon ed Hegesias. Nel contesto del passo citato questo Hegesias apparterrebbe alla generazione posteriore a quella di Kallon e sarebbe quindi contemporaneo dell'Hegias di cui sopra. 2) Luciano (Rhet. praec., 9) definisce le statue di Hegesias, Kritios e Nesiotes "legate, nervose, dure e minuziosamente lavorate". L'accostamento a Kritios e Nesiotes e la precisa definizione stilistica indicano ulteriormente la posizione cronologica e artistica di questo scultore, posizione identica a quella di Hegias.
Nasce di qui il problema: è il nome Hegias semplicemente una forma abbreviata di Hegesias e noi ci troviamo di fronte a un solo artista chiamato indifferentemente Hegias ed Hegesias (come Zeusi e Zeusippo, Cleto e Policleto), oppure si tratta di due artisti diversi? L'identica cronologia dei due supposti artisti, l'accostamento a Kritios e Nesiotes adottato per ambedue dalle fonti come punto di riferimento cronologico e stilistico, fanno ritenere più giusta la prima ipotesi, che, si tratti cioè di un solo artista. La questione però è ulteriormente complicata da un passo di Plinio (Nat. hist., xxxiv, 78) nel quale si attribuiscono ad H. un'Atena, un Pirrhus rex, dei fanciulli keretìzontes (ossia che giocano a palla con dei bastoni ricurvi come nel noto rilievo dalle mura di Temistocle) e due statue dei Dioscuri che erano a Roma davanti al tempio di Giove Tonante, mentre un Hagesias viene ricordato come autore dell'Eracle di Parion. Questo Hagesias (forma dorica di Hegesias) è identico al precedente Hegesias? O si tratta di un terzo artista di questo nome? E se si tratta dello stesso artista il passo di Plinio dà una conferma definitiva allo sdoppiamento Hegias-Hegesias oppure questo sdoppiamento è opera di Plinio, indotto in errore dalle diverse forme dello stesso nome? E l'Hegias di Plinio è, a sua volta, identico all'Hegias del V sec.? In tal caso come può aver fatto una statua del re Pirro vissuto nel III sec.? Vi è chi pensa che, in questo caso, si tratti di Pirro Neottolemo, figlio di Achille, e non del re dell'Epiro: altri invece ha osservato che la prima frase del passo pliniano Hegiae Minerva Pyrrhusque ecc., non sarebbe che una ripetizione e un travisamento di quella del passo xxxiv, 8o, Pyrrhus Hygiam (et) Minervam, con relativa confusione fra Hegias e Hygiam, fra Pirro scultore e Pirro re. La questione, come si vede, non offre una soluzione chiara e sicura. Tuttavia, supponendo per le ragioni sopra citate che l'Hegias e l'Hegesias citati dalle altre fonti siano uno stesso artista, è logico riconoscere nello sdoppiamento pliniano un errore più o meno erudito, analogo a quello cui noi stessi siamo indotti di fronte alle due forme nominali Hegias-Hegesias. Naturalmente, su tali basi, nessuna attribuzione monumentale può solidamente sostenersi. L'attribuzione ad H. dell'Apollo Mantova-Pompei è ormai completamente superata. Si è fatto il nome di H. per il rilievo del Sunio con un efebo che si incorona (Langlotz), per un rilievo eleusinio di Kore e Trittolemo (Anti): ma, naturalmente, a puro titolo di orientamento. Un'ipotesi che, invece, può essere presa in maggior considerazione, è quella (Della Seta) che identifica i Dioscuri del tempio di Giove Tonante ricordati da Plinio con i famosi Dioscuri di piazza del Quirinale a Roma. Si tratta senza dubbio di copie da originali in bronzo del 475 circa a. C. Per il movimento e il nudo (le teste sono state alterate) dobbiamo collocare l'originale nello stesso clima artistico dei Tirannicidi di Kritios e Nesiotes i cui nomi, come abbiamo visto, sono costantemente accostati dalle fonti a quello di Hegias.
Bibl.: J. Overbeck, Schriftquellen, Lipsia 1868, n. 420, 422, 452-456, 530; H. Brunn, Gesch. d. gr. Künstl., Stoccarda 1889, I, pp. 101-102, 122; E. Pfuhl, in Pauly-Wissowa (con bibl. precedente), VII, 2, 1912, cc. 2615, s. v., n. 6; G. P. Oikonomos, in Arch. Deltion, 1920-21, p. 56 ss.; C. Anti, in Ann. Scuola Atene, 1921-22, p. 71 ss.; A. Rumpf, in Thieme-Becker, XVI, p. 248, s. v.; E. Langlotz, Fruehgr. Bildhauersch., Norimberga 1927, pp. 162-163; A. Della Seta, Il nudo nell'arte, Milano 1930, p. 180 ss.; A. E. Raubitschek, in Jahreshfte, XXXI, 1938, Beibl., 22 s., 39 ss.; Ch. Picard, Manuel, II, Parigi 1935, pp. 43 ss., 310; II, p. 905; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, nota al passo XXXIV, 78; A. E. Raubitschek, Dedications from the Athenian Akropolis, Cambridge Mass. 1949, n. 94 e p. 504 ss.; G. Lippold, Handbuch, III, i, Monaco 1950, p. 108.