MARX, Heinrich Karl
Nacque a Treviri il 5 maggio 1818. Compiuti gli studî classici nella città natale frequentò corsi giuridici e filosofici nelle università di Berlino e di Bonn, laureandosi in questa ultima università con una dissertazione sulla filosofia di Epicuro. I primi suoi studî specifici furono di storia e di filosofia e accessoriamente di carattere giuridico. Nel 1842 a Colonia, quale redattore della Gazzetta renana, fu spinto a occuparsi di argomenti sociali, a proposito delle discussioni del Landtag Renano sui furti di legname, sulla ripartizione della proprietà fondiaria e sulle condizioni dei contadini della Mosella, e delle polemiche intorno al libero scambio e al protezionismo.
Esaminando le teorie dei socialisti e comunisti francesi, si accorse della sua scarsa conoscenza delle dottrine economiche e traendo occasione dall'indirizzo troppo remissivo di fronte al governo assunto dalla Gazzetta renana per sfuggire alle persecuzioni poliziesche, si ritrasse dalla vita pubblica e si dedicò agli studî.
Trasferitosi a Parigi fondò nel 1844 gli Annali franco-tedeschi: in un'introduzione alla revisione della filosofia del diritto di Hegel, sostenne che tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello stato non s'intendono ricorrendo allo sviluppo dello spirito umano, poiché hanno la loro radice nei rapporti materiali della vita, e che quindi l'anatomia della società civile deve ricercarsi nell'economia politica. Questa sua convinzione profonda lo indusse a intensificare gli studî economici, che continuò a Bruxelles, dov'era emigrato in seguito a un decreto di espulsione dalla Francia. Aveva sviluppato questi concetti in un lavoro compiuto in collaborazione con Federico Engels, che per altra via era giunto al medesimo risultato. Il manoscritto non poté essere pubblicato per mancanza di editore, ma non se ne turbarono gli autori, poiché, dicevano, "il nostro scopo principale era d'intenderci con noi stessi. I punti essenziali del nostro modo di vedere furono per la prima volta scientificamente indicati, sebbene in forma polemica, nel mio scritto Misère de la philosophie, edito nel 1847 e diretto contro Proudhon, nel quale era particolarmente notevole l'affermazione di un processo storico fatale alla società umana, innanzi al quale sono impotenti le costruzioni dei riformatori". Da Bruxelles M. ed Engels lanciarono nel gennaio 1848 il manifesto del partito comunista, che fu stampato in tedesco a Londra, a richiesta di una lega segreta di propaganda, e che ebbe molte edizioni tedesche e molte traduzioni. Poiché la parola socialismo indicava un movimento borghese fu prescelta quella di comunismo, che designava un movimento operaio: il manifesto conteneva i concetti fondamentali teorici, poi sviluppati da M. negli scritti di carattere scientifico, e culminava nel programma che l'emancipazione dei lavoratori doveva essere opera dei lavoratori stessi: si chiudeva con l'invocazione: "Proletarî di ogni paese unitevi". I tumulti popolari di Bruxelles, attribuiti alla sua propaganda, ne determinano lo sfratto dal Belgio; va a Parigi, dove il governo provvisorio aveva revocato il decreto di proscrizione, indi a Colonia; vi fonda la Neue Rheinische Zeitung, cui collaborano Engels, Lassalle e altri; ma l'appello lanciato al popolo tedesco, perché rifiuti l'imposta, cagiona il sequestro del giornale e processi a M., che, benché assolto, viene esiliato e ripara prima per breve tempo a Parigi, poi a Londra. Travagliato da difficoltà finanziarie, specie nei primi anni di dimora a Londra, è costretto per vivere ad accettare corrispondenze a giornali americani, ma affettuosamente sovvenuto dall'amico Engels, può attendere con grande assiduità alla redazione di un'opera scientifica, la Critica dell'economia politica, che pubblica nel 1859. Soltanto nel 1867 esce il primo volume del Capitale, che egli considerava come una continuazione della Critica dell'economia politica.
Nel 1864 si era fondata l'Associazione internazionale e M. ne dettò lo statuto e l'indirizzo inaugurale, che furono preferiti a quelli suggeriti da Mazzini e che elaborati a Londra vennero adottati quasi senza mutazione al congresso di Ginevra. L'Internazionale si proponeva di imprimere un movimento unico al socialismo dei varî paesi, di unire in una sola armata gli operai militanti di Europa e di America, pur tuttavia lasciando grande autonomia ai varî gruppi. L'influenza del M. fu preponderante fin verso il 1872: egli scrisse tutti i documenti emanati dal Consiglio generale. La caduta della Comune francese rese impossibile il mantenimento dell'Internazionale in Europa, già corrosa da dissensi interni provocati dagli anarchici; il consiglio generale fu trasferito a New York: da allora il M. pur continuando a esercitare grande influenza sui capi del movimento socialista dei varî paesi si ritrasse da ogni agitazione pratica proseguendo con fervore le indagini teoriche e gli studî linguistici e storici; ma la salute declinante e la perdita della moglie e di una figlia avevano prostrato la fibra del pensatore che il 14 marzo 1883 morì a Londra.
La sua vita fu tutta una battaglia di pensiero e di azione per la redenzione dei lavoratori da quella che egli chiamava usurpazione del capitale. Se la sua azione diretta non ebbe che efficacia passeggera, il pensiero fu azione feconda e durevole, incommensurabile nei suoi effetti anche più lontani, non solo nel campo del socialismo, cui impresse differente indirizzo, ma sull'intero movimento operaio. Può sorprendere che un libro come il Capitale, irto di dimostrazioni e di analisi minute, scritto in forma non piana, abbia esercitato tanta influenza sulle classi lavoratrici. Il M. stesso, consentendo la pubblicazione della traduzione francese a dispense, diceva che "in questa forma l'opera sarebbe stata più accessibile alle classi operaie", ma soggiungeva che il metodo da lui impiegato che rendeva ardua la lettura dei primi capitoli, gli faceva temere che il pubblico francese, sempre impaziente di concludere e di conoscere il rapporto dei principî generali con le questioni d'immediato interesse, si scoraggiasse e abbandonasse il libro: tuttavia nulla egli dichiarava di poter modificare "poiché non vi ha per la scienza via regia, ed hanno soltanto possibilità di giungere alle sue vette luminose coloro che non temono di stancarsi a salirne gli aspri sentieri". Ma ciò non si verificò; il Capitale divenne la bibbia del socialismo e della democrazia sociale, e come nella Bibbia le difficoltà di lettura e d'interpretazione non impedirono la diffusione del contenuto sostanziale, così nel Capitale l'oscurità e difficoltà di talune parti, dando ai meno addottrinati l'impressione di maggiore profondità di idee, concorsero a rivestire di maggiore autorità quella parte accessibile ai più, e che concerne la genesi del capitalismo e la sua costituzione odierna.
Il pensiero filosofico-sociologico di M. è già accennato nel manifesto comunista, nel quale si afferma che la produzione economica e la differenziazione sociale degli uomini, che a ogni epoca della storia risulta necessariamente da essa, formano la base della storia politica e intellettuale di ogni tempo. Ma esso è più nitidamente delineato nella Critica dell'economia politica, nella quale è riaffermato che i rapporti di produzione, che gli uomini assumono, sono indipendenti dalla loro volontà e corrispondono a un grado determinato dell'evoluzione delle forze produttive materiali. La struttura "economica della società è costituita dall'insieme di questi rapporti di produzione i quali formano la base reale, su cui si eleva la superstruttura giuridica e politica, alla quale corrispondono determinate forme della coscienza sociale.... Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma per converso è l'esistenza sociale che determina la loro coscienza. A un certo punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in conflitto coi rapporti di produzione esistente, cioè coi rapporti di proprietà nel cui ambito s'erano mosse, e tali rapporti sociali, che furono sino allora forme evolutive delle forze di produzione, si trasformano in loro catene; subentra un'epoca di rivoluzione sociale e trasformandosi le basi economiche si rivoluziona tutta la mostruosa superstruttura della società; a grandi tratti l'evoluzione economica ha attraversato quattro fasi progressive, l'economia asiatica, antica, feudale e borghese; i rapporti borghesi sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale".
Per analizzare la costituzione capitalista bisogna, dice M. (Capitale, I), osservare come la ricchezza della società costituisca un'immensa accumulazione di merci, le quali si scambiano in ragione delle quantità di lavoro in esse conglutinate, cioè in rapporto al lavoro necessario alla loro produzione. Il valore di scambio si commisura alla quantità di lavoro applicato alla produzione delle merei ed, essendo queste come una gelatina di lavoro, al lavoratore dovrebbe spettare l'intero prodotto del lavoro. Il profitto percepito dal capitalista è lavoro non pagato: l'imprenditore l'ottiene, in quanto non dà agli operai l'equivalente del loro lavoro: riceve, p. es., il prodotto del lavoro di dieci giorni e paga all'operaio una quantità di salario uguale al prodotto di cinque giorni di lavoro, usurpando così la differenza fra il valore del prodotto ottenuto e il valore del prodotto ceduto all'operaio, uguale al necessario per reintegrare le forze spese dal lavoratore. Per vedere quale sia la quantità del plusvalore lucrato dal capitalista, bisogna por mente alla distinzione fra capitale costante e variabile introdotta dal M.: il primo è capitale-tecnico impiegato negli strumenti di produzione e nelle macchine e agisce nella produzione, riproducendo il suo logorio parziale o totale. Solo il secondo, impiegato in capitale-salari, è invece causa di aumento di valore e quindi di profitto. Lo sviluppo dei perfezionamenti produttivi tende a determinare prevalente applicazione di macchine, il che causa la disoccupazione. E poiché l'applicazione di capitale tecnico è progressivamente crescente si provoca un'esuberanza di popolazione operaia, che non è l'effetto della condotta imprevidente della classe lavoratrice, ma l'inevitabile conseguenza dell'introduzione di perfezionamenti tecnici. E con altri mezzi ancora il capitalista mantiene depressa la mercede dell'operaio; cosi prolunga la giornata di lavoro, impiega le donne e i fanciulli nelle fabbriche, provocandone la concorrenza con gli adulti, e quando la legge interviene a tutela delle forze lavoratrici giovani, moltiplica i turni di lavoro o riesce con altri artifici a eluderne le disposizioni.
Questa dipendenza dell'operaio dall'imprenditore, deriva dal fatto che l'operaio è privo di strumenti di produzione, e perciò deve cedere la propria attività personale all'imprenditore, che gli può dettare qualunque condizione. L'indagine di M. si rivolge, in seguito, all'origine storica della formazione del capitale (v. capitalismo). Ma lo sviluppo medesimo della grande industria, generando l'immiserimento della classe lavoratrice e la formazione di una larga schiera di operai disoccupati, che trovano poi la loro coesione e organizzazione per virtù dei processi medesimi associanti il lavoro nella fabbrica e nel latifondo, conduce alla distruzione della stessa società capitalista: i proletarî potranno espropriare i pochi usurpatori e si arriverà alla proprietà collettiva dei mezzi di produzione. Nello stadio immediatamente successivo alla vittoria del proletariato i prodotti si distribuiranno in ragione del lavoro da ciascuno prestato, ma nello stadio definitivo, tolta ogni differenza tra la stima delle varie specie dei lavori e migliorato il carattere umano, per la rivoluzione economica compiuta, si distribuiranno i prodotti in ragione dei bisogni di ciascuno, attuandosi così la giustizia sociale.
Il sistema del M. è mirabile per l'organicità e la concatenazione armonica delle varie parti, e si distingue da ogni analisi di socialisti anteriori per l'indagine più approfondita del carattere delle leggi sociali e per il concetto che solo l'evoluzione dei rapporti economici possa produrne la radicale trasformazione. Ma le teoriche singole non sfuggono a censure gravi, che una disamina imparziale rivela agevolmente. Egli non suffraga di alcuna argomentazione la teorica che il valore dei prodotti si commisuri al lavoro medio o normale occorso per la loro produzione; anzi egli stesso ha rilevato che quando il rapporto fra capitale tecnico e capitale salario è diverso nei varî prodotti, pur prevalendo la libera concorrenza, tale principio è incompatibile con la tendenza dei profitti all'eguaglianza e si proponeva di eliminare tale contraddizione in un volume successivo della sua opera. Nel vol. III del Capitale, edito postumo dall'Engels, si trova un tentativo di eliminazione di questa contraddizione, ma è un tentativo inane, poiché si viene ad affermare che le merci, in questa ipotesi di rapporto diverso fra capitale costante e variabile, si scambiano in ragione diversa delle quantità di lavoro relative, cosicché è sostanzialmente abbandonata quella legge del valore, che costituiva il punto di partenza delle proposizioni del M.
La tesi dell'immiserimento progressivo degli operai è stata smentita dallo svolgimento economico dell'ultimo cinquantennio, in cui, nei principali paesi si e constatato un incremento delle mercedi anche reali, una riduzione delle ore di lavoro, un miglioramento effettivo nella condizione della classe operaia. E nemmeno è esatto che sia avvenuto un'accentramento progressivo della ricchezza presso un numero sempre decrescente di possessori, essendosi anche accresciuto il numero di redditieri maggiori più che proporzionalmente di quel che il numero di taluni redditieri medî, e i censiti, che si trovano all'ultimo gradino della scala sociale essendo in minor numero di quelli immediatamente sovrastanti. Però non può negarsi che negli ultimi tempi si sia manifestata una crescente divergenza fra varî redditi e che i più elevati arrivino a dimensioni dallo stesso M. non sospettate, mentre all'estremo della pîramide si nota accanto all'elevazione del salario una più grande instabilità d'impiego. La parte storica relativa alla formazione del capitale e delle classi capitaliste è molto pregevole, sebbene sia limitata all'Inghilterra; difetta però alquanto nell'investigazione delle cause economiche che l'hanno prodotta, come pure manca nell'opera del M. la dimostrazione della necessità che col dissolversi della società capitalista alla proprietà individuale si sostituisca la proprietà collettiva dei mezzi di produzione. Tuttavia anche queste analisi imperfette o inesatte hanno giovato ad additare lacune, a costringere gli economisti a correggere talune loro dottrine: p. es., la teoria marxista del valore è fallace, ma ha addotto a rivedere la dottrina del costo di produzione. Le sue osservazioni sulla teorica della popolazione non sono esatte, ma hanno richiamato l'attenzione sull'influenza dei fattori economici sull'aumento demografico, quasi obliata dal Malthus. Pure nel secondo e nel terzo volume del Capitale editi dall'Engels vi sono osservazioni importanti, specie sulla circolazione del capitale, sulla rendita assoluta, come negli altri volumi raccolti dal Kautsky (dopo la morte dell'Engels) col titolo Storia delle teorie del plusvalore e che dovevano costituire il vol. IV del Capitale (1905-1910) si notano spunti critici suggestivi e dovunque appare la sua erudizione soda, la sua ampia e acuta visione dei fenomeni economici.
Del Capitale si ha un'edizione francese interamente riveduta dall'autore stesso (la traduzione di M.-I. Roy è quella pubblicata a dispense citata nel testo), Parigi 1872. Il Capitale è stato tradotto in italiano nella Biblioteca dell'Economista, s. 3ª, IX, parte 2ª, Torino 1886. Molti degli scritti del M. sono tradotti in italiano nella Collezione di opere di Marx-Engels-Lassalle, a cura di Ettore Ciccotti, Milano 1914 segg.: in questa raccolta si trovano la Critica dell'Economia Politica e molti altri minori ma importanti lavori di Marx. Una recente edizione dell'intera opera di lui, è: Karl Marx, Friedrich Engels, Historisch-kritische Gesammtausgabe Werke, Schriften, Briefe. Im Auftrage der Marx-Engels Instituts Moskau, Francoforte s. M. 1927 segg. I volumi II e III del Capitale furono pubblicati dall'Engels nel 1885 e nel 1895; la Storia delle teorie del plusvalore dal Kautsky, 1905-1910, voll. 4.
Bibl.: E. de Laveleye, Socialisme contemporaine, 2ª ed., Parigi 1883; G. Rae, Il socialismo contemporaneo, trad. it., Firenze 1895; E. Bohm-Bawerk, Zum Abschluss des Marxischen System, in Festgaben für Kries, Berlino 1896; A. Graziani, Il socialismo teorico e l'economia politica,in Studi senesi, XII (1895), fasc. 2°; G. Gentile, La filosofia di M., Pisa 1899; A. Labriola, Del materialismo storico, 2ª ed., Roma 1902; id., In memoria del manifesto dei comunisti, 3ª ed., Roma 1902; A. Loria, M. e la sua dottrina, Palermo 1902; id., L'ultima parola di C. M., in Nuova Antologia, 1° febbraio 1909; id., Verso la giustizia sociale, voll. 2, Milano 1915; id., C. M., Genova 1916; R. Michels, Storia del marxismo in Italia, Roma 1910; R. Mondolfo, Sulle orme di M., voll. 2, 3ª ed., Bologna 1924; V. Pareto, Les sytèmes socialistes, voll. 2, 2ª ed., Parigi 1926; B. Croce, Material. storico ed econ. marxistica, 5ª ed., Bari 1927.