Rickert, Heinrich
Filosofo tedesco (Danzica 1863- Heidelberg 1936). Allievo di Windelband a Strasburgo (dove conseguì il dottorato nel 1888), prof. nell’univ. di Friburgo in Brisgovia dal 1894, nel 1916 fu chiamato a Heidelberg sulla cattedra tenuta fino all’anno precedente dal suo maestro. Massimo rappresentante, insieme con Windelband, della cosiddetta Scuola di Baden, contribuì allo sviluppo del criticismo tedesco in senso anti-psicologistico. Contro l’orientamento dominante nella speculazione tedesca dell’epoca, rivolta essenzialmente al superamento dell’immagine dell’uomo come puro essere razionale e alla valorizzazione dei suoi molteplici aspetti e delle sue diverse componenti, R. rivendicò in primo luogo il carattere specificamente teoretico della filosofia, opponendo alle più disparate forme di ‘filosofia della vita’ allora in voga una comprensione rigorosa e scientifica della filosofia stessa. Egli tuttavia distinse la propria posizione da quella degli autori dei grandi sistemi idealistici, negando in partic. ogni procedere «speculativo» della ragione e dunque ogni motivo di opposizione tra la filosofia e le singole scienze. Alla prima R. riservò esclusivamente, dal punto di vista metodico, una tendenza più universale, resa manifesta dall’esigenza di prendere in considerazione non soltanto il mondo degli oggetti conosciuti, ma anche il soggetto conoscente. Interpretando la posizione kantiana come la conferma del necessario implicarsi di soggetto e oggetto, R. ritenne di poterne ricavare un vero e proprio pluralismo ontologico, vale a dire il convincimento che l’essere si manifestasse sempre in una pluralità irriducibile di modi. È da tale principio che scaturì la negazione rickertiana della dialettica e la sua sostituzione con il procedimento «eterologico», consistente non nell’opposizione di un’«antitesi» alla «tesi», ma nel completamento positivo della stessa «tesi» mediante una «eterotesi». Nonostante questo poderoso sforzo sistematico, le cui testimonianze più significative possono essere individuate nelle opere Der Gegenstand der Erkenntnis (1892) e System der Philosophie (1921), l’aspetto storicamente più fecondo del pensiero di R. va ricercato nell’analisi epistemologica sviluppata in Die Grenzen der naturwissenschaftlichen Begriffsbildung (1896-1902; trad. it. I limiti dell’elaborazione concettuale scientifico-naturale), che doveva rivelarsi decisiva per la riflessione di Weber e, sia pure in senso oltremodo diverso, per gli scritti giovanili di Heidegger. Inserendosi nel dibattito circa i rapporti e le differenze tra scienze storiche e scienze naturali, R. riprendeva e approfondiva l’insegnamento di Windelband, sottolineando, da un lato, il valore metodologico e non ontologico di quella distinzione, e puntualizzando, dall’altro, il significato della tesi concernente il carattere individualizzante della conoscenza storica, conoscenza che implica un necessario riferirsi a valori normativi e universali, in qualche modo trascendenti rispetto alla singola individualità e pertanto classificabili come «valori culturali», capaci quindi di fare della storia la vera scienza della cultura.