AMIEL, Henri-Frédéric
Nato a Ginevra il 27 settembre 1821, morto a Ginevra l'11 maggio 1881. L'autore del celebre Journal intime - cioè d'uno dei libri che meglio documentano il travaglio spirituale e lo scompiglio morale delle generazioni venute a maturità dopo il primo periodo romantico, con la rivoluzione del 1848 - esce da una famiglia d'austeri costumi e di rigida pietà calvinista. Rimasto, ancor fanciullo, orfano dei genitori e solo al mondo, si gettò appassionatamente negli studî; poi, uscito dall'università a vent'anni, si dette a viaggiare. Visitò tutta la Svizzera; indi passò in Italia, e vi si trattenne dal novembre del 1841 all'agosto del 1842, percorrendola intera, con molto godimento, ma pur con qualche vaga tristezza. "Les voyages donnent souvent autant de regrets que de plaisir" - scriveva egli, da Malta, in una lettera, pubblicata, con altre, da G. B. Marchesi nel suo bello studio: Il pensieroso; e spiegava come gli fosse doloroso il distacco dalle cose ammirate e dalle persone sia pur fugacemente conosciute. Più lungo soggiorno fece, dopo una rapida corsa attraverso la Francia, in Germania: dieci mesi a Heidelberg, e quattro anni (1844-1848) a Berlino, dove frequentò l'università allora giunta al suo massimo splendore. Là credette egli di aver trovato la sua patria intellettuale e la terra del suo sogno; e di là assorbì, invece, idee e abitudini di pensiero che poi per tutta la vita tentò invano di accomodare - come nota Paul Bourget - alle esigenze della sua educazione tutta latina. Sul finire del 1848, richiamato a Ginevra da parenti e da amici, accettò una cattedra d'estetica all'università. Passato poi alla cattedra di filosofia, trascorse il resto della sua vita tra la scuola e gli studî, in piccola cerchia d'amici, celibe, ma non privo di devote e appassionate amicizie femminili: notevole su tutte quella, durata una trentina d'anni, di Fanny Mercier, la chère Calviniste, la Petite sainte, la Sensitive, la Seriosa, la Stoica, a cui egli lasciò, morendo, droits de veuve su le sue carte inedite, e che fu, in effetto, la prima editrice d'una scelta di pagine del Journal intime. In questo lungo periodo di vita, apparentemente tranquilla e serena ma nel fondo turbata da sottili angosce fisiologiche, da fieri e insanabili contrasti di coscienza, e soprattutto dalla fatale insoddisfazione dello spirito a contatto con qualsivoglia pur attraente realtà, Amiel non pubblicò che alcuni volumetti di versi e qualche saggio letterario. Poeta, in verità, non era: gli mancava la fantasia creatrice, e anche la ricca e facile vena d'eloquenza numerosa che può talvolta dissimulare il difetto di quella. Tra i suoi Grains de mil (Parigi-Ginevra 1854), tra le "poésies-maximes" di Il Penseroso (Ginevra 1858: il titolo italiano, lievemente e volutamente scorretto, deriva dal ricordo fiorentino della statua di Lorenzo nella cappella Medicea), tra le nuove ed ultime poesie che s'intitolano La part du rêve (Ginevra 1863) e Jour à jour (Parigi 1876), possiamo spigolare qualche espressione, epigrammaticamente conchiusa, di pensieri non banali, qualche immagine affinata sino all'acutezza, come quella tipica e famosa della libellula ("... C'est de l'air tissé, du vent vivant..."); ma cercheremmo invano l'affermazione vittoriosa d'una compiuta personalità d'uomo e d'artista. Ugualmente vano sarebbe cercare nei suoi pochi articoli e discorsi letterarî un vero critico, ché, dubbioso, per naturale timidezza, d'ogni suo proprio giudizio, scrupolosamente informato, per abitudine di studî severi, del pensiero altrui, finiva a trovarsi davanti al suo tema, più che impacciato, inaridito. Il meglio, forse, dell'opera da lui pubblicata è nelle traduzioni poetiche, raccolte sotto il titolo di Les étrangères (Parigi 1875); tra le quali ricorderemo l'Infinito e La sera del dì di festa del Leopardi. Conteso da aspirazioni diverse, o addirittura contrarie - filosofia e poesia, tradizione e rinnovamento, rigoroso ordine morale e licenzioso abbandono alla rêverie, patriottismo e cosmopolitismo - indeciso sempre, e sempre pronto a ripiegarsi, per amaro conforto, su sé stesso, condannato perciò alla sterilità e all'isolamento, Amiel condusse una vita soffocata e al tempo stesso dispersa, priva così d'un punto focale come d'un libero sbocco. Serena, o almeno stoicamente rassegnata, ebbe, invece, la morte, secondo il comando ch'egli s'era dettato già undici anni prima: "Ne te révolte point contre ton néant. Amen." (22 luglio 1870).
Dopo la morte venne la gloria; e venne appunto dai quaderni - 174, comprendenti diciassettemila pagine - a cui egli aveva per tanti anni segretamente confidato, come ogni altro pensiero ed affetto, così la sua lucida disperazione di raggiungere la gloria. Fu la Mercier che, trascelti con l'aiuto di Edmond Scherer numerosi frammenti dall'immenso manoscritto affidatole, li pubblicò in due volumi nel 1883-1884 (H.-F. Amiel, Fragments d'un Journal intime, Ginevra 1883-1884). Il Journal attirò subito l'attenzione del Caro, del Renan, del Brunetière, poi del Bourget; e prese ben presto il suo posto tra i documenti morali e le opere letterarie più importanti della seconda metà dell'800 europeo. Nel 1923, Bernard Bouvier, erede indiretto delle carte di Amiel, pubblicava una nuova scelta più ampia e varia di quella della Mercier (Ginevra-Parigi 1923, tre volumi). Arricchito di confessioni che all'ombrosa coscienza morale e religiosa della prima editrice eran sembrate opportunamente abolibili, ed emendato da arbitrarie correzioni formali, il Journal può dare ora un'immagine fedele e compiuta dell'uomo e dello scrittore. In verità, questo libro, cominciato alla fine del 1847 e condotto regolarmente fino al 29 aprile 1881, cioè fino all'ora dell'agonia, è uno specchio in cui Amiel si osserva, si scruta, s'interroga con insaziabile curiosità, e spesso con ansia morbosa e con insistenza maniaca. Egli, che non aveva saputo creare una sua opera, mostra qui una inesausta forza speculativa e trova vivi movimenti e delicate sfumature di stile, affatto personali.
I contrasti fondamentali del suo carattere, l'eclettismo tormentato del suo pensiero, e lo sbandato affannoso volgersi dell'anima in tutte le direzioni, e l'angoscia dello smarrimento e l'orgoglio doloroso della solitudine: tutto ciò è ritratto nel Journal con parole che palpitano di vita e spesso si illuminano d'alta poesia. E tutto ciò rende l'immagine d'un "figlio del tempo", forse con maggiore chiarezza, in modo più essenziale e universale, che non l'opera stessa di un Ernesto Renan.
Bibl.: E. Scherer, Prefazione all'edizione 1883-1884, del Journal; F. Brunetière, in Revue des deux mondes, 1° ottobre 1884; P. Bourget, Nouveaux essais de psychologie contemporaine, Parigi 1899; G. B. Marchesi, Il pensieroso. Studio su Federico Amiel, Milano 1908; P. Arcari, Federico Amiel, Genova 1912; B. Bouvier, Prefazione all'edizione 1923 del Journal; B. Bouvier, La religion de H.-F. Amiel, Parigi 1893; M. Arnold, Essais in criticism, 2ª serie, Londra 1888.