Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Autonomo rispetto alla cultura accademica – nonostante la sua formazione – Labrouste si inserisce nella tradizione razionalista francese. La sua attività è dominata dal tema dell’identità tra costruzione ed espressione formale: caratterizzate da un uso franco e spregiudicato di nuovi materiali e tecnologie, le sue opere presentano innovazioni tipologico-funzionali.
La formazione: l’influenza di Huyot e lo studio del Rinascimento italiano
Henri Labrouste inizia la sua formazione nell’atelier di Hippolyte Lebas e Antoine Vaudoyer; nel 1819, a soli diciotto anni, viene ammesso all’Ecole des Beaux-Arts. Nel 1824 Labrouste, con il progetto per la Cour de Cassation, ottiene l’ambito Prix de Rome, la borsa di studio per soggiornare cinque anni a Roma a Villa Medici: del suo soggiorno in Italia, come pensionnaire dell’Accademia di Francia, restano numerosissimi disegni. I suoi interessi rivelano l’influenza di Jean Nicolas Huyot, suo maestro di storia dell’architettura all’Ecole, che istilla negli allievi l’idea di una bellezza “altra” rispetto al cristallizzato modello classico, riconosciuto esclusivo ideale di bellezza dalla cultura accademica dominata dalla figura di Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy. Nei suoi taccuini di viaggio, tra i disegni si trovano così le testimonianze di un vivo interesse per i monumenti del Rinascimento italiano e per l’architettura minore della cultura mediterranea. Tuttavia la visione di Labrouste si discosta da quella di Huyot, in quanto non è la contemplazione di un’astratta bellezza a suscitare il suo interesse per un monumento, ma la comprensione dei principi che lo hanno generato.
L’ordinamento accademico impone agli studenti dell’Académie di Villa Medici l’esecuzione di rilievi dei monumenti classici che devono essere inviati a Parigi, per essere sottoposti a un giudizio dell’Accademia. Seguendo questa regola Labrouste esegue, come envoi del quarto anno, il rilievo e un’ipotesi di restauro per i templi di Paestum.
L’arrivo a Parigi de La restauration des temples de Paestum di Labrouste, costituita da disegni e da una relazione sullo stato dei monumenti e sulla loro storia, ha un notevole impatto nel clima culturale della capitale francese. Ne segue un dibattito che vede fronteggiarsi due autorità come Horace Vernet, direttore dell’Académie de France a Roma, e Quatremère de Quincy, sécrétaire perpétuel de l’Académie a Parigi. L’episodio costituisce una delle più note vicende nella carriera di Labrouste e ne decreta la grande fortuna critica come sovvertitore della regola accademica.
In questo envoi si concentrano le riflessioni e le idee maturate da un gruppo di studenti, di cui Labrouste fa parte, durante il soggiorno a Roma. Il cenacolo comprende Léon Vaudoyer, Louis Duc, Félix Duban e i due fratelli Henri e Théodore Labrouste, tutti vincitori del Grand Prix e pensionnaires a Villa Medici in quegli anni. Nella sua opera Labrouste si interessa soprattutto dei problemi e dei sistemi costruttivi, anche per quanto riguarda l’analisi dei monumenti e la definizione formale dei mezzi espressivi.
Labrouste maître d’atelier
Nel decennio successivo al suo rientro da Roma Labrouste riceve limitate occasioni professionali: il progetto, in collaborazione col fratello Théodore, per la decorazione e l’arredo del Pont de la Concorde, proposto in elementi di ghisa; un piccolo deposito nell’Île de Cygne; alcune commissioni private, tra cui progetti di tombe; in collaborazione con Louis Visconti, infine, le decorazioni urbane per le cerimonie in onore dell’arrivo a Parigi delle spoglie di Napoleone Bonaparte.
Ma se le occasioni per tradurre in pratica le sue idee sono assai limitate, a Labrouste si presenta invece l’opportunità di diffonderle attraverso l’insegnamento. Un gruppo di studenti in polemica con l’ordinamento scolastico e le consuetudini dell’Ecole des Beaux-Arts – usciti dall’atelier di Vaudoyer e Hyppolite Lebas – domandano a Labrouste, la cui fama si è diffusa per la risonanza avuta dalla Restauration des temples de Paestum, di aprire un atelier di architettura. Dal 1831 fino al 1854 egli svolgerà il ruolo di maître dell’atelier, dal quale usciranno figure di grande rilievo nel panorama architettonico francese, come Jean-Baptiste Antoine Lassus e Julien Guadet.
La diversità di orientamento culturale tra gli allievi di Labrouste testimonia la liberalità del suo insegnamento. Mai schierato a favore di uno stile o di un altro, esorta gli allievi alla comprensione degli intrinseci principi formali e costruttivi di ciascuno di essi. Alcuni fondamenti del suo insegnamento, che induce a dedurre i mezzi espressivi formali direttamente dal sistema costruttivo, sono riassunti nei ricordi dei suoi allievi: “non permetteva che si concepisse un progetto senza già conoscerne i mezzi per realizzarlo”.
Istanze funzionaliste
A complemento di una limitata attività professionale, nel decennio successivo al suo rientro a Parigi Labrouste partecipa a concorsi per edifici pubblici.
Presenta così i suoi progetti ai concorsi per un manicomio a Losanna (1836-1837), per una prigione ad Alessandria (1839-1840), per la tomba di Napoleone Bonaparte (1840) e per un teatro a Bucarest (1843).
Nei primi due Labrouste ottiene il primo premio, ma non gli sarà affidato l’incarico per la realizzazione.
Questi progetti sono tutti preceduti da un’intensa attività preparatoria, durante la quale Labrouste si aggiorna con grande rigore documentario sulle più innovative strategie, mediche nel concorso di Losanna, punitive nel concorso per Alessandria: quest’ultimo progetto, eseguito secondo lo schema panottico, segue le indicazioni dei più aggiornati studi americani in materia carceraria e tiene conto delle istanze riformistiche. In generale tutti i progetti che Labrouste presenta ai concorsi sono caratterizzati da un’accurata indagine tipologica e da rigore funzionale.
Applicazione delle nuove tecnologie
Le più importanti esperienze professionali di Labrouste sono costituite dai progetti che l’architetto esegue come funzionario di corpi statali, come il Service des Edifices Diocesains e il Service des Bâtiments Civils. Per il primo gli si presenta l’occasione di costruire un grande seminario con una chiesa annessa a Rennes, dove – dopo gli studi preliminari, seguendo l’ormai consueta prassi di rigorosa documentazione – Labrouste progetta un edificio che presenta le stesse caratteristiche funzionali dei suoi primi progetti di concorso. Nella costruzione, accanto ai materiali tradizionali, l’architetto si avvale anche di materiali come la ghisa e il ferro, per colonne e travi.
Come funzionario del Service des Bâtiments Civils, Labrouste progetta le sue opere più note che sono anche quelle a cui dedica maggiore impegno, quali la realizzazione della Bibliothèque Sainte Geneviève (1839-1851), ma anche il restauro e l’ampliamento della Bibliothèque Impériale (1854-1875). La prima, costruita nella piazza del Panthéon, è una biblioteca destinata agli studenti; sotto il profilo tipologico Labrouste mette qui in atto un grande rinnovamento: seguendo le più aggiornate voci di un dibattito attivo da qualche decennio, la sala di lettura viene separata dal magazzino per i libri. L’edificio è costituito da un compatto parallelepipedo a pianta rettangolare, coperto da un tetto a padiglione; il piano terreno è occupato da uffici e magazzini per i libri e separato in due parti simmetriche dall’asse sul quale, in successione, si trovano ingresso, vestibolo e scala principale. La sala di lettura principale occupa l’intero primo piano ed è illuminata lungo tutto il perimetro da grandi lunette vetrate; una fila di colonne di ghisa la separa in due navate coperte da volte a botte e ne sostiene gli archi, anch’essi in ghisa. A eccezione dei muri esterni, l’edificio è costituito interamente da strutture portanti in ferro e ghisa, ma l’aspetto più innovativo del progetto è che queste strutture sono a vista e costituiscono anche gli elementi di definizione formale. Tutti gli elementi decorativi derivano dalle strutture impiegate di cui costituiscono il naturale completamento.
La Bibliothèque Impériale, l’opera che impegna l’architetto durante gli ultimi 25 anni della sua vita, porta alle estreme conseguenze le innovazioni apportate alla Bibliothèque Sainte Geneviève. Il magazzino centrale dei libri è una costruzione di quattro piani fuori terra, realizzata con una struttura a telaio interamente in ferro, irrigidita da solai costituiti da elementi seriali a giorno in ghisa. Circondato da alti edifici, il magazzino è illuminato attraverso due grandi lucernari vetrati, posti sul soffitto. Attraverso un grande arco trionfale, sostenuto da monumentali cariatidi, il magazzino è collegato alla sala di lettura; quest’ultima, a pianta quadrata, è coperta da nove cupole, in ferro e ceramica, sostenute da 16 esilissime colonne in ghisa. Le cupole costituiscono una soluzione di estrema originalità, per il particolare uso della ceramica che non è di semplice rivestimento. Grandi lastre di ceramica sono appoggiate direttamente su una struttura portante in ferro, disposta secondo meridiani e paralleli, a imitazione della tecnologia delle coperture in ferro e vetro. Da un ampio lucernario, posto alla sommità di ciascuna cupola, penetra la luce che si diffonde nella sala. Una spaziosa esedra destinata al lavoro dei conservatori conclude la sala verso il magazzino.