Cary, Henry Francis
, Letterato inglese (Gibilterra 1772 - Londra 1844), traduttore di Dante. Frequentò scuole a Rugby e Birmingham e, con l'aiuto di una borsa di studio, si laureò al collegio Christ Church dell'università di Oxford. Entrato nella carriera ecclesiastica, occupò vari benefizi della Chiesa anglicana, prima in campagna, poi, dopo il 1812, a Londra. Nell'anno 1826 fu eletto bibliotecario assistente al British Museum. Morto il direttore della biblioteca (1837), il C. concorse per avere il posto vacante, ma venne preferito altro candidato di doti eccezionali, Antonio Panizzi. Disilluso, si ritirò dal museo e continuò a occuparsi di quegli studi letterari che non aveva mai abbandonato, scrivendo poesie e articoli critici per le riviste. Venne sepolto nell'abbazia di Westminster dove una lapide lo segnala col semplice epitaffio The Translator of Dante.
Il primo accenno all'interesse del C. per il poema di D. si trova in una lettera, scritta quand'era studente, nella quale consiglia a un'amica (la poetessa Anna Seward) di studiare la lingua italiana per poter conoscere " le meraviglie della Commedia ", e aggiunge due brani del Purgatorio tradotti in prosa inglese. Pare che cominciasse una traduzione sistematica delle tre cantiche nel 1797, ma l'opera completa non fu pubblicata che nel 1812, in tre volumetti " a spese dell'autore ".
Benché non sia la prima completa traduzione in inglese della Commedia (un certo Huggins ne aveva fatta una fin dal 1761, ma inedita, e Henry Boyd aveva pubblicato una liberissima e scorrettissima versione nel 1802), quella del C. fu la più conosciuta e apprezzata in Inghilterra per tutto l'Ottocento. L'esule Foscolo la lodò altamente, come pure il Coleridge. Si può dire che la maggior parte degl'Inglesi colti dell'Ottocento che non sapessero leggere D. nell'originale lo conoscessero per mezzo del Cary. La traduzione, essendo in versi sciolti, non riproduce e non può riprodurre il timbro poetico dell'originale, e la dizione inglese dell'epoca era lontanissima dalla lingua di D.; nonostante ciò, la versione del C. è condotta " con fedeltà senza pari " (Foscolo), e il fatto che fiorì un vero culto di D. in Inghilterra nel sec. XIX è dovuto in primo luogo a lui.
Bibl. - R.W. King, The Translator of D.: The Life, Work and Friendships of H.F.C., Londra 1925; P. Toynbee, D. in English Literature from Chaucer to Cary, ibid. 1909; W.P. Friederich, Dante's Fame abroad 1350-1850, Roma 1950, 229-232.