King, Henry
Regista e attore cinematografico e teatrale statunitense, nato a Christianburg (Virginia) il 24 gennaio 1888 e morto a San Fernando Valley (California) il 29 giugno 1982. Nel cinema statunitense degli inizi ‒ esordì come attore nel 1914 e come regista nel 1915 ‒ e nella Hollywood classica si fece apprezzare per il solido artigianato, i successi di pubblico e la sicura guida degli interpreti. Dotato di magniloquenza epica e di profondo senso della costruzione spettacolare, K., soprattutto nei suoi numerosissimi western, rivelò una particolare sensibilità nel rendere la plasticità dei paesaggi e nel saper orchestrare gli apporti recitativi e gli effetti drammatici intorno a impianti narrativi semplici ed efficaci, spesso percorsi da un idealismo e da un afflato religioso che affondano le radici nella tradizione culturale dell'America puritana.
Dopo aver lavorato nel circo e recitato in spettacoli teatrali, vaudevilles e burlesques, K. si avvicinò al cinema dapprima come attore, acquisendo fra l'altro conoscenze tecniche grazie alla collaborazione con Thomas H. Ince, e poi come regista. Nonostante fossero realizzati quasi soltanto in interni, negli studi, i suoi primi film si segnalarono per la realistica precisione dei particolari scenografici, la semplicità del dettato, l'asciuttezza delle trame spesso derivate da romanzi d'appendice eppure capaci di dar conto della vita rurale americana, come per es. Tol'able David (1921), il cui impianto tragico, i rimandi biblici, l'ampio respiro narrativo cadenzato sulla descrizione dei grandi spazi, il senso concreto della terra e del paesaggio resero il film un esempio di quel realismo che trovava espressione nelle contemporanee poetiche dei cineasti sovietici, da Vsevolod I. Pudovkin a Aleksandr P. Dovženko. Nonostante fosse principalmente interessato a indagare, mostrando una vena sentimentale, l'America provinciale, pulita, onesta e solidale, girò anche film 'esotici' all'estero; in particolare in Italia dove, dopo aver realizzato i melodrammi in costume con Lillian Gish e Ronald Colman The white sister (1923; La suora bianca) e Romola (1925), nel 1926 divenne popolare grazie a Stella Dallas (1925; King Vidor ne fece un remake dal titolo omonimo nel 1937, Amore sublime), in cui racchiuse in una misura classica gli eccessi del dramma sentimentale, spingendo sul lato 'sublime' del sacrificio della madre protagonista verso un senso 'alto' di tragedia, senza tralasciare la descrizione dei risvolti sociali nelle notazioni d'ambiente.
Nel 1930 venne scritturato come regista dalla Fox Film Corporation, per la quale diresse western, commedie, novelle sentimentali, perfino una biografia, controllata negli ossequi agiografici, sulla piccola Soubirous (Jennifer Jones), The song of Bernadette (1943; Bernadette), con cui ottenne la prima nomination all'Oscar, cui seguì la seconda nel 1944 con il film biografico Wilson. Sensibile alle aspettative del pubblico, K. realizzò imponenti ricostruzioni di disastri (In old Chicago, 1938, L'incendio di Chicago), rievocò la storia di un eroe mitico della Frontiera (Jesse James, 1939, Jess il bandito) e diresse un'opera ambientata nell'Africa nera ripercorrendo il viaggio del giornalista H.M. Stanley che nel 1871 era riuscito a ritrovare il missionario D. Livingstone di cui non si avevano più notizie (Stanley and Livingstone, 1939, L'esploratore scomparso). La popolarità raggiunta da K. in Italia nel dopoguerra, quando tornarono a circolare i film statunitensi dopo l'embargo voluto dal regime fascista, fu sostenuta dall'interesse dei critici. In particolare il letterato Emilio Cecchi lodò un film come Remember the day (1941; Echi di gioventù), di cui apprezzò particolarmente il regista che "partito da Griffith, […] ha profittato del meglio che in tutto questo tempo fu fatto. Il suo vocabolario, la sintassi, la prosodia sono perfettamente d'oggi. Ma il cuore è pur quello di una volta. Ed è lo stesso cuore che batte in tante memorabili scene del vecchio cinema americano" (Il cuore di una volta, in "Voci", ottobre 1944, 14, p. 15). Pur evidenziando alcune semplificazioni nel racconto, nel tempo i critici hanno spesso riconosciuto che a K. fu concesso meno credito di quanto meritasse sottolineando il pregio del taglio avventuroso di certe sue trasposizioni cinematografiche da opere bibliche o rinascimentali e, perfino, da celebri testi letterari, come nel caso di The snows of Kilimanjaro (1952; Le nevi del Chilimangiaro) o The Sun also rises (1957; Il sole sorgerà ancora), entrambi basati su romanzi di E. Hemingway, o Tender is the night (1961; Tenera è la notte), ultimo film girato dal regista e tratto dal romanzo omonimo dello scrittore F.S. Fitzgerald, cui K. dedicò una biografia romanzata prendendo spunto dalla relazione fra lo scrittore e la giornalista Sheilah Graham (Beloved infidel, 1959, Adorabile infedele). Anche se il successo lo raggiunse in virtù di saghe passionali quale Love is a many splendored thing (1955; L'amore è una cosa meravigliosa), K. mostrò la propria sagacia narrativa in piccoli film sull'America provinciale come The bravados (1958; Bravados), storia di inseguimenti, di agguati e di rimorsi di un ranchero che è alla ricerca dei quattro uomini accusati di avergli ucciso la moglie.
D. Evans, Henry King Virginian, in "Photoplay", December 1922; K. Brownlow, The parade's gone by, New York 1968; W. Coppedge, Henry King's America, Metuchen (NJ) 1986.