HERĀT (A. T., 92)
T Città dell'Afghānistān, capoluogo di provincia, a 34° 22′ N. e 62° 9′ E., a 922 m. s. m., nel centro d'una fertile pianura nella valle. del Heri-rūd. La sua popolazione, mista di elementi svariati, senza qualità militari, è composta in massima parte di musulmani sciiti, oltre a una colonia commerciale indù e numerosi Ebrei. Nel momento del suo massimo splendore, prima del passaggio di Genghiz Khān, si dice avesse 1.600.000 ab., al principio del sec. XIX 100.000, nel 1883 70.000, dopo le guerre del 1838-40 circa 6000, sui 18.000 nel 1905 e circca 30.000 nel 1930 (statistiche afghāne, certamente esagerate, davano 120.000 ab. nel 1928). La città è quadrata, di un miglio di lato, cinta da mura e potentemente fortificata; sul lato N. la cittadella antica, sopra una collina artificiale larga 75 m. e alta 22, con fossato e torri; dietro di questa, la cittadella nuova. Le fortificazioni, di origine antichissima, furono restaurate e rifatte nel 1884-1887 e nel 1903-4.
Herāt ha cinque porte ed è tagliata da due strade che s'incrociano nel centro, in una piazza coperta. Le case sono d'argilla, a un piano, con tetti a vòlta, le strade strette, coperte, sudice, alcuni quartieri in rovina, i bazar mediocri. Importante militarmente e commercialmente per la sua posizione di punto di partenza delle strade verso la Russia, l'India, la Persia, Kābul, Kandahār e di centro d'una regione fertilissima fu nel Medioevo una delle più ricche città dell'Asia centrale. Oggi è in piena decadenza: domina il traffico di Kābul con la Persia, produce frutta, cavalli, lane e pelli; l'industria dei tappeti è quasi finita, l'artigianato povero.
Città antichissima, ricordata nelle iscrizioni di Dario e nell'Avesta (Haraiva, Haroyu, nome che si collega al Hari-rūd e significa forse fiume), la Αρεία dei Greci, Αλεξανδρεία Αρείων di Alessandro Magno, conquistata dai musulmani nel 652, dai Mongoli nel 1222, Herāt fu per oltre un secolo sede della dinastia vassalla locale dei Kurt. Distrutta da Tamerlano, la città si riebbe quale capitalc dei Timuridi, che ne fecero un centro d'arti e di scienze fino all'inizio del sec. XVI. Passata sotto il dominio della Persia nel 1510, agli Afghāni nel 1717, poi attaccata invano due volte dalla Persia nella prima metà del sec. XIX, ebbe grande importanza nel periodo della rivalità anglo-russa in Asia centrale (v. afghānistān: Storia; belucistan: Storia).
Al periodo dei Timuridi appartengono la Grande Moschea, la Musallà, gruppo d'edifizî religiosi fuori città, distrutto nel 1885 per costruire fortificazioni, e le tombe dei sultani Timuridi alle quali lavorarono anche artisti italiani. Sotto i Ṣafavidi Herāt perdé a poco a poco la sua importanza dovuta specialmente alle sue arti industriali. Nel sec. XII era stata celebre per la produzione d'oggetti di bronzo incrostato d'argento; nel sec. XV eccelleva per le sue lame di spade e di pugnali: aveva allora i più famosi calligrafi, miniatori e legatori persiani nella sua Accademia per le arti del libro, fondata dal principe Baisunqur Mīrza. La scuola di Herāt primeggiò nella pittura persiana, specie verso il 1500, sotto la direzione di Behzād (v.). Fra gli artisti del sec. XVI bisogna ricordare il calligrafo Mīr ‛Alī Harawī e il pittore Ustād Moḥammed-i Harawī. Dal sec. XV al XVII Herāt fu uno dei grandi centri di fabbricazione di tappeti persiani, ma finora non sono stati identificati con certezza i suoi prodotti.
Bibl.: G. B. Malleson, Herat, Londra 1880; A. Hamilton, Afghanistan, Londra 1907; E. Trinklaer, Through the Heart of Afghanistan, Londra 1928.