Marcuse, Herbert
Filosofo e sociologo tedesco (Berlino 1898 - Starnberg, Baviera, 1979). Insieme a Horkheimer e Adorno è stato uno dei maggiori rappresentanti della cosiddetta teoria critica della società elaborata dalla Scuola di Francoforte (➔). Studiò a Berlino e a Friburgo, subendo profondamente l’influenza della filosofia di Heidegger: il frutto più significativo di questa influenza fu Hegels Ontologie und die Grundlegung einer Theorie der Geschichtlichkeit (1932; trad. it. L’ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicità), opera nella quale, malgrado lo sforzo di riconquistare la dimensione concreta della storia, predominano ancora tutti i temi dell’analitica esistenziale di Heidegger. Costretto a emigrare all’avvento del nazismo, si trasferì nel 1933 a Ginevra e l’anno dopo a New York, dove diventò membro dell’Institute of social research della Columbia University. Appartengono a questo periodo una serie notevole di scritti, tra cui: Der Kampf gegen den Liberalismus in der totalitären Staatsauffassung (1934); Autorität und Familie in der deutschen Soziologie bis 1933 (1936); Über den affirmativen Charakter der Kultur (1937); Philosophie und kritische Theorie (1937). Negli anni 1942-50, M. lavorò all’Office of strategic services (OSS), collaborando anche al Russian Institute della Columbia University nonché al Russian research center della Harvard University. La sua opera forse più importante, Reason and revolution: Hegel and the rise of social theory (trad. it. Ragione e rivoluzione: Hegel e la nascita della teoria sociale), vide la luce nel 1941. Si tratta di un vasto affresco che abbraccia la formazione e lo sviluppo della filosofia di Hegel dagli scritti giovanili a quelli della piena maturità e che si prolunga in un’analisi delle trasformazioni subite dalla teoria sociale, con Comte, Marx, Stein, ecc. Alla seconda edizione di questo libro, uscita nel 1954, seguirono presto tutti gli altri scritti più importanti e significativi: da Eros and civilization: a philosophical inquiry into Freud (1955; trad. it. Eros e civiltà), che è una ricerca filosofica intorno al significato dell’opera di Freud, fino a Soviet marxism del 1958 (trad. it. Marxismo sovietico). Tuttavia, l’opera cui è legata la straordinaria e improvvisa fortuna dell’autore, e l’influenza eccezionale che egli ha esercitato nell’ultimo scorcio degli anni Sessanta sul movimento studentesco, soprattutto americano e tedesco, è One-dimensional man: studies in the ideology of advanced industrial society (1964; trad. it. L’uomo a una dimensione). In questo scritto, tutti i temi della «teoria critica della società», che nelle opere precedenti erano stati elaborati a livello filosofico, trovano, in virtù di una forma saggistica piana e brillante, la loro espressione più semplice ed efficace. Si tratta di una critica della società industriale avanzata, fondata sull’idea che la razionalità, fittizia e irrazionale, della società contemporanea ha la tendenza a negare e riassorbire, al proprio interno, qualsiasi opposizione. In questa società della massima integrazione, la realtà ingloba in sé l’ideale che dovrebbe confutarla: il contrasto tra cultura e società si presenta appiattito e la cultura non oppone più all’esistenza valori trascendenti e alternativi, presentandosi – nella forma dell’empirismo, del positivismo e, soprattutto, dello scientismo – come conferma e convalida della realtà. La classe operaia stessa, che nello schema di Marx doveva rappresentare la classe rivoluzionaria, appare ormai inglobata e integrata nella società consumistica. Riprendendo una famosa frase di Benjamin («è solo mercé i disperati che c’è data la speranza»), l’autore mostra di confidare, ai fini del «rifiuto» di questa società, solo nei declassati e negli esclusi.