HORNE, Herbert Percy
, Nacque a Londra il 18 febbr. 1864, primo figlio di Horace e di Luisa Harmale.
L'interesse e la spiccata predisposizione dell'H. verso l'arte, nelle sue forme più disparate, si evidenziarono precocemente negli anni della sua formazione presso la Kensington grammar school di Londra, sostenuta e indirizzata dagli insegnamenti di D.B. Brightwell, che successivamente si sarebbe distinto come critico d'arte ed editore del Birmingham Weekly Post. Nel 1880, con il trasferimento della famiglia nel nuovo quartiere di Bedford Park, l'H. entrò in contatto con la variegata colonia locale di attori e letterati che lo introdussero agli scritti di W.H. Pater, i cui Studies in the history of the Renaissance (1873) fecero maturare nel giovane uno spiccato interesse nei confronti dell'Italia e dell'arte del Quattrocento: non a caso, quasi trent'anni dopo, alla pubblicazione del suo monumentale studio sul Botticelli, l'H. avrebbe ricordato sia Pater, sia Brightwell come le persone cui doveva l'iniziazione a questo genere di studi. La decisione di trovare una professione in campo artistico spinse il giovane a frequentare lo studio dell'architetto A.H. Mackmurdo con il quale iniziò a collaborare regolarmente nel 1882 (anno di fondazione della Century Guild), per poi diventarne socio a tutti gli effetti nel periodo tra il 1885 e il 1890.
In quest'ambiente fortemente caratterizzato dalla volontà del recupero della tradizione artigiana e dall'idea di un'architettura sentita come opera d'arte totale in cui contenuto e contenitore potessero fondersi armoniosamente, l'H. mostrò inizialmente soprattutto spiccate doti grafiche, peraltro sostenute dal suo amico il prelato anglicano S. Image, pittore, disegnatore di vetrate e poeta di notevole talento. Nel 1884, insieme con gli stessi Mackmurdo e Image, l'H. fondò la rivista The Century Guild Hobby Horse con la finalità di dare compiuta definizione e voce alle teorie estetiche del gruppo, sul modello di quanto già era stato fatto dalla confraternita preraffaellita con il periodico The Germ.
Sempre in questi anni l'H. si dedicò in particolare alla progettazione di stoffe, carte da parati e, soprattutto, all'arte tipografica, disegnando caratteri, capilettera, fregi ed elementi decorativi, emblemi ed ex libris, fornendo prova di grande raffinatezza ed eleganza nella progettazione degli impaginati e, in generale, dell'editoria di pregio. Oltre all'impegno profuso nella redazione del periodico della Century Guild, l'H. creò tre nuovi caratteri tipografici per le case editrici Chatto & Windus e Medici Society di Londra e per la Merrymount Press di Boston, rispettivamente denominati "Florence", "Riccardi" e "Montallegro type", con l'evidente intento di richiamarsi alla tradizione grafica umanistica fiorentina. Il sempre più spiccato interesse nei confronti della dimensione storica e artistica e del rapporto con la tradizione, rispetto alla dimensione etica e sociale dell'arte espressa dal pensiero di Mackmurdo e di W. Morris, appare evidente nella scelta dei saggi pubblicati su Hobby Horse nelle annate dal 1886 al 1892, periodo nel quale l'H. assunse la direzione della rivista stimolando la collaborazione di scrittori, poeti, artisti e critici: oltre ai saggi e alle composizioni poetiche dello stesso H. furono ospitati interventi a firma di E. Dowson, L. Johnson, C. Rossetti, J. Ruskin, O. Wilde. Delle sue prove come poeta bisogna ricordare la raccolta di poesie Diversi colores, pubblicata nel 1891 presso la Chiswick Press di Londra. Anche in questo caso la finalità di rendere note le sue composizioni non è disgiunta da un chiaro interesse per il libro come espressione artistica in quanto manufatto, attentamente valutato in tutte le sue componenti, dalla scelta della carta al disegno dei caratteri tipografici, dall'impaginato alla legatura, tema quest'ultimo studiato dall'H. anche nella veste di collezionista di edizioni rare e di pregio e più tardi approfondito praticamente nell'esercizio diretto della legatura di molti dei volumi della sua biblioteca fiorentina. Sempre nel settore dell'arte tipografica, nel 1893 fornì varie incisioni per il periodico The Studio e nel 1903 progettò e realizzò l'intera impostazione grafica della rivista The Burlington Magazine, mantenuta dagli editori fino alla nuova linea editoriale approntata nel 1948. Nel 1894, inoltre, pubblicò il volume Binding of books. An essay in the history of gold-tooled bindings, confermando i suoi forti interessi verso questo settore.
Negli ultimi anni dell'Ottocento l'H. offrì comunque anche alcune valide prove in veste di architetto, realizzando tra l'altro la cappella dell'Ascensione in Bayswater road (terminata nel 1894 e distrutta nel corso della seconda guerra mondiale), il battistero di St. Luke a Camberwell (1899 circa) e il portico e la biblioteca per la Positivist Church of Humanity in Chapel street (ugualmente distrutti), per i quali, in sintonia con gli insegnamenti di Mackmurdo, disegnò anche i singoli elementi per l'arredo interno. In tutti i casi le architetture esprimono il forte interesse nei confronti della tradizione italiana rinascimentale, ammirata soprattutto per la semplicità del disegno d'insieme e per le rigorose proporzioni tra le parti. I diretti richiami alle architetture italiane, se da una parte trovano ragione nell'approfondita conoscenza dell'opera di I. Jones, che nella prima metà del Settecento aveva reso celebri in Inghilterra i modelli palladiani, dall'altra traggono origine da quanto direttamente apprezzato nel corso del primo viaggio in Italia dell'H., compiuto tra il settembre e l'ottobre del 1889 in compagnia del pittore F. Shields, durante il quale ebbe modo di visitare tra l'altro Lucca, Pisa, Firenze, Orvieto e Assisi, proprio con l'intento di approfondire le sue conoscenze nell'ambito dell'architettura religiosa in vista della realizzazione della cappella di Bayswater road.
Il "viaggio in Italia", così come accadde per molti altri stranieri, provocò nell'H. emozioni tali da portarlo ad allontanarsi sempre più dal clima mondano londinese (dove peraltro poteva vantare la conoscenza di personalità di spicco come E.C. Burne-Jones, F.M. Brown e G.B. Shaw) per moltiplicare le occasioni di contatto con la realtà mediterranea. Al 1894 è documentato un secondo viaggio italiano giustificato sia da motivi di salute sia dall'incarico ricevuto dall'editore G. Bell relativo alla stesura di una breve monografia sul Botticelli per la collana "Bell's Handbooks of the great masters in painting and sculpture".
A Firenze, dove si stabilì, entrò facilmente in contatto con la nutrita colonia d'intellettuali stranieri giunti nel tardo Ottocento nel capoluogo toscano, che annoverava personalità del calibro di A. Boecklin, A. Warburg, R. Davidsohn, B. Berenson, A. Hildebrand. Fino al 1905, anno del definitivo insediamento a Firenze, l'H. mantenne ancora stretti contatti con Londra, dove si recò regolarmente anche per assolvere i suoi impegni di collaboratore come critico d'arte dei periodici The Saturday Review, The Review of the week, The Morning Leader.
Nonostante il largo spazio ancora concesso alle cronache artistiche contemporanee, appare evidente come nuovi interessi andassero sempre più trasformando l'H. in un attento studioso dell'età rinascimentale, in parte in funzione della redazione della monografia botticelliana che anche su stimolo di Berenson aveva assunto dimensioni ben diverse dall'iniziale progetto dell'editore Bell, in parte per un più complesso cambiamento nelle scelte di vita dell'ancora giovane H. che, facendo proprie le posizioni critiche nei confronti degli ideali estetici della Century Guild, sempre più si identificava nei modelli etici, morali e artistici della cultura fiorentina quattrocentesca. Il forte attaccamento alla città e al suo patrimonio lo portò inoltre a impegnarsi attivamente all'interno della Società per la difesa di Firenze antica, costituitasi nel 1898 per opporsi alle demolizioni del centro cittadino.
Grazie alla sua nuova fama di conoscitore sostenuta dagli apprezzamenti di Warburg e Berenson (e più tardi favorita dalla stretta amicizia con R. Fry ben introdotto nel giro del collezionismo internazionale) e per ovviare alle scarse risorse finanziarie che limitavano non poco i suoi nascenti interessi di collezionista, l'H. iniziò a dedicarsi in questi anni a un'intensa attività di consulente per musei e collezionisti privati. Oltre a essere membro fin dal 1903 del comitato per gli acquisti della National Gallery di Londra, tenne fecondi contatti con il Metropolitan Museum di New York, testimoniati da un fitto carteggio con E. Robinson e B. Burroughs, rispettivamente direttore e "curator of paintings": molte le proposte di acquisti, alcuni condotti a termine grazie all'intermediazione dell'H., come nel caso delle quattro tavolette di Benozzo Gozzoli con le Storie dei ss. Pietro, Paolo, Zanobi e Benedetto (provenienti dalla pala d'altare un tempo nella cappella Alessandri della chiesa di S. Pier Maggiore di Firenze) e del soffitto staccato dal palazzo Petrucci di Siena, decorato dal Pinturicchio e dalla sua bottega. Ugualmente proficui furono i contatti con J.G. Johnson di Filadelfia, al quale fece tra l'altro acquistare una tavola di Duccio di Buoninsegna, una Pietà di Niccolò di Pietro Gerini e le quattro tavolette del Botticelli con le Storie di Maria Maddalena.
Parallelamente l'H. mise a frutto le proprie capacità di conoscitore dedicandosi direttamente al commercio di opere d'arte acquistate a Firenze per essere commercializzate a Londra, attività per altro documentata da un preciso accordo commerciale con lo stesso Berenson. Sempre sulla piazza londinese l'H. strinse rapporti anche con la galleria Carfax, allora diretta da R. Ross, in base ai quali la casa d'aste s'impegnava a vendere su incarico dello studioso dipinti e altri oggetti d'arte.
Nel frattempo l'H., oltre a stabilire una fitta rete di contatti con antiquari e privati funzionale alla propria collezione d'arte (in questi anni fortemente orientata verso la grafica e i disegni degli antichi maestri italiani), proseguì nella sua attività di storico dell'arte, pubblicando una nutrita serie di articoli su The Review of the week, Revue archéologique, The Monthly Review, Architectural Review e, in modo sistematico dal 1901, su The Burlington Magazine, con contributi sull'arte di Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Benozzo Gozzoli, Iacopo del Sellaio, Leonardo da Vinci, Piero di Cosimo e, ovviamente, Sandro Botticelli. Il perfezionismo proprio del metodo di lavoro dell'H. e le meticolose ricerche archivistiche intraprese nel frattempo dilatarono enormemente i tempi previsti per la pubblicazione della monografia su quest'ultimo. Con il definitivo trasferimento a Firenze del 1905 e con la parallela vendita della casa londinese a Cheyne walk e dello studio a King's Bench walk, il monumentale lavoro venne finalmente portato a termine, per uscire a Londra nel 1908 in un'elegante veste tipografica e in tiratura limitata (Alessandro Filipepi commonly called Sandro Botticelli painter of Florence). Parallelamente venivano approntate le bozze di un secondo volume dedicato alla scuola del Botticelli e si progettava una seconda edizione del primo, viste le nuove riflessioni e attribuzione che l'H. aveva nel frattempo maturato.
Nel 1911 un nuovo evento intervenne tuttavia a far virare le energie dello studioso su un nuovo e impegnativo progetto. In quell'anno l'H. acquistò infatti un antico e nobile palazzo posto nel centro storico di Firenze, all'angolo tra via dei Benci e corso dei Tintori, già documentato come di proprietà degli Alberti e comunque fortemente caratterizzato dagli interventi apportati alla sua struttura fino a una radicale trasformazione dell'edificio dalla famiglia Corsi, tra il 1495 e il 1502.
Le ricerche archivistiche condotte dallo studioso, pur non evidenziando il nome dell'architetto responsabile della riedificazione, portarono comunque l'H. ad ascrivere l'opera a Giuliano da Sangallo (a fronte delle più recenti attribuzioni che invece riconoscono come autore Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca, coadiuvato nel cantiere da Baccio d'Agnolo), spingendolo a un accurato lavoro di restauro che, iniziato nel 1911, si protrasse fino alla fine del 1914. Del rigore filologico che guidò l'opera di recupero degli ambienti testimonia un Giornale di restauro compilato dallo stesso H. (Preyer, 1993), in cui emerge chiara la volontà di evitare aggiunte falsificanti per quanto suggestive per attenersi strettamente a quanto documentabile oggettivamente, e questo in assoluta controtendenza rispetto ad altre operazioni condotte in questi stessi anni in città, per lo più interpretabili nell'ambito di ricostruzioni ideali e spesso fuorvianti rispetto alla reale dimensione delle dimore rinascimentali. Parallelamente (e nell'ottica di quell'idea d'architettura vista come opera d'arte totale in cui contenitore e contenuto dovevano vivere in reciproca armonia), l'H. intensificò gli acquisti di opere d'arte antica con l'intento di arredare il "palagetto" con arredi e manufatti coevi, affiancando quindi a dipinti e a sculture una ricchissima collezione di mobili, maioliche, tessuti e, ancora, antiche posate, utensili da cucina, monete, medaglie, cercando di popolare gli interni non solo con opere di assoluto rilievo artistico, ma anche con "oggetti antichi d'uso domestico, se non sempre degni di un grande museo, tali tuttavia da rilevare il senso pratico e nello stesso tempo il gusto decorativo della stirpe, oggetti insomma che potevano aver fatto parte dell'arredo tradizionale di una casa dell'antica borghesia fiorentina", come attesta la prima guida del museo del 1921.
Il 12 apr. 1916, non ancora sistemata negli ambienti del "palagio" la straordinaria raccolta, l'H. dettò il proprio testamento, lasciando allo Stato italiano il palazzo "con tutto quanto in esso si contiene di oggetti d'arte, mobili, disegni, biblioteca, nulla escluso né eccettuato". Due giorni dopo, il 14 aprile l'H., gravemente malato di tubercolosi, morì a Firenze.
La donazione permise comunque la nascita di una Fondazione e di un Museo, che ancora oggi consentono l'esposizione al pubblico dei molti tesori raccolti dall'H. e che soprattutto tutelano il progetto perseguito dallo studioso. Il patrimonio è costituito da una significativa raccolta di dipinti, sculture, ceramiche, oreficerie, mobili, placchette, sigilli, stoffe, databili dal XIII al XVIII secolo. Fra i dipinti spiccano le tavole di grandi maestri del Tre e Quattrocento italiano, quali Giotto, Simone Martini, Pietro Lorenzetti, Masaccio, Benozzo Gozzoli, Filippo Lippi, affiancate da ugualmente notevoli opere cinquecentesche, tra cui una Sacra Famiglia di Domenico Beccafumi (quest'ultima acquistata dalla Fondazione grazie al lascito Horne) e l'Allegoria della musica di Dosso Dossi. Di notevole interesse è inoltre il fondo dei disegni e delle stampe, composto da oltre 1000 opere, tra le quali si segnalano un gruppo di disegni di Raffaello e di Andrea del Sarto e un preziosissimo taccuino di Giambattista Tiepolo.
Di non minore importanza appare la raccolta di libri, costituita da circa 5000 volumi, tra i quali 65 incunaboli, oltre 300 cinquecentine e 154 manoscritti. A questo patrimonio si deve inoltre aggiungere un significativo insieme di carte archivistiche: documenti antichi, codici, spogli e manoscritti dello stesso Horne.
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