WILDENVEY, Herman
Poeta norvegese, nato a Eker il 20 luglio 1885.
È il più fecondo (Nyinger, 1907; Digte, 1908; Prismer, 1911; Aarets Fventyr, 1913; Kjœrtegn, 1916; Hemmeligheter, 1919; Trold i Ord, 1920; Ildorkestret, 1923; Fiken af Tistler, 1925, ece.) e il più popolare fra i lirici viventi. Incominciò con una poesia di getto, limpida, chiara, facile, tutta arguzie di osservazione e cantanti effusioni di sentimento: nel vibratile sentimento della natura e nella smaliziata osservazione della realtà della vita ricordava Hamsun; e per la forma faceva ricordare Heine; ma tutto era fuso in una melodia personale morbida, suasiva, invitante. E quale era in quella prima raccolta - pubblicata al ritorno da un soggiorno di tre anni in America dove aveva fatto, come Hamsun, i più svariati mestieri - tale rimane sostanzialmente anche nelle raccolte successive. Avvicinò i modi dell'impressionismo alla realtà quotidiana; e dalle più semplici impressioni del momento trasse sempre nuove melodie in un linguaggio piano, semplice, quotidiano, che - nella nuova melodia di cui è investito - sembra diventare nuovo, mai prima udito. Fra un sorriso e una lagrima fu così il borghese "poeta della vita di tutti", e a tutti piacque di sentirsi "ricantare nell'anima", attraverso le sue parole, una parte di sé medesimi. Un rinnovamento parve bensì annunciarsi sotto le impressioni della guerra, che anche nei paesi neutrali produsse profondi rivolgimenti spirituali. Tuttavia non mutò quel che in un poeta è sempre essenziale: lo stile. Solo vi portò, a tratti, una nuova intensità d'emozione e una nuova pensosità riflessiva, per le quali la poesia si fa più ricca di interne risonanze e più composita nella sua interna struttura.