Buhl, Hermann
Il suo nome è legato ai colossi della terra: nel 1953 salì per primo il Nanga Parbat (8125 m) e nel 1957 il Broad Peak (8047 m). Iniziò a scalare, utilizzando come attrezzatura corda per il bucato e vecchie ciabatte perché poverissimo, sulle montagne di casa: i picchi del Wetterstein, del Karwendel, le pareti delle Kaisergebirge e delle Dolomiti. Già da ragazzo amava le salite d'inverno, passione che lo portò nel 1950 a realizzare la prima invernale della via Soldà sulla parete Sudovest della Marmolada, con Kuno Reiner, e nel 1953, in notturna, la prima invernale in solitario della Est del Watzmann (Alpi di Berchtesgaden), lungo la 'via dei salisburghesi'. Buhl fu completo su roccia, ghiaccio, neve e in solitario, e sulle Alpi ripeté molte delle più grandi vie aperte prima e dopo la Seconda guerra mondiale, realizzando anche nuove salite, tra le quali, sulle Dolomiti, la prima alla parete Sud del Piz Ciavazes (1949) e un nuovo itinerario sulla Cima Canali (Pale di San Martino, 1950), mentre nelle Alpi occidentali salì la Nord dell'Aiguille de Triolet, l'Aiguille des Grand Charmoz, la Nord delle Grandes Jorasses lungo lo Sperone Walker, la Nord dell'Aiguille Blanche de Peuterey (seconda ripetizione), il Petit Dru, 'fessura Allain', l'attraversamento completo delle Aiguilles de Chamonix, lo Spigolo Sudovest dell'Aiguille des Pélerins (prima salita e discesa integrale). Nel 1952 realizzò l'ottava salita alla Nord dell'Eiger, portando in salvo otto alpinisti. Dopo l'invernale al Watzmann (Germania), nel 1953 partì per l'Himalaya, obiettivo Nanga Parbat. La cordata composta da Hans Ertl, Otto Kempter, Walter Frauenberger e dallo stesso Buhl, giunta al campo 3, ricevette dal capospedizione Peter Aschenbrenner l'ordine di fare ritorno, ma nessuno dei quattro ubbidì. Arrivarono al campo 5, a 6900 m, da dove il solo Buhl proseguì, partendo senza ossigeno e con lo zaino leggerissimo. In 17 ore superò 1200 m di dislivello, il lungo plateau e i molti chilometri della pericolosa cresta, e alle 19.00 del 3 luglio 1953 giunse, primo al mondo e primo ad aver effettuato la salita solitaria di un 'ottomila', sulla vetta del Nanga Parbat, che dal 1895 aveva mietuto 31 vittime, tra le quali Alfred Frederick Mummery. Quattro anni più tardi ritornò in Himalaya per affrontare il Broad Peak, insieme agli austriaci Marcus Schmuck, Kurt Diemberger e Fritz Wintersteller. Molto affiatati, gli alpinisti arrivarono in cima lungo la parete Ovest il 9 giugno, senza ossigeno, e Buhl divenne il primo uomo ad aver salito due 'ottomila'. Diciotto giorni dopo, con Diemberger, fu sul vicino e inviolato Chogolisa (7654 m), ma i due si fermarono a quota 7300 m e nel ritorno, verso i 7200 m, il cornicione di neve sul quale Buhl camminava cedette e l'alpinista sparì nel vuoto. Diemberger arrivò al campo base 27 ore dopo. Memorabili rimangono anche le solitarie di Buhl: nel 1952 salì la via Fox-Stenico (Cima d'Ambiez) e la parete Nordest del Pizzo Badile. In quella occasione raggiunse in bicicletta la Val Bondasca dalla cittadina austriaca di Landeck, compì la salita della via Cassin in 5 ore, scese dallo Spigolo Nord e ritornò a Landeck, sempre in bici, in giornata (salendo di nuovo il passo Maloja e risvegliandosi nelle gelide acque dell'Inn quando ormai era nei pressi del 'traguardo'); nel 1956 scalò l'Aiguille du Moine (prima solitaria) e il Mont Blanc du Tacul per il Couloir Gervasutti (seconda ripetizione solitaria).