HILDESHEIM
(Hilduinesheim nei docc. medievali)
Città della Bassa Sassonia (Germania) nel territorio di Hannover, sviluppatasi sulla sponda occidentale del fiume Innerste, a N del massiccio dello Harz; nei secoli del Medioevo, per la sua favorevole posizione geografica, fu importante crocevia e nodo commerciale della Germania settentrionale.Soltanto con la conquista carolingia dei territori popolati dalle tribù sassoni si ha notizia dell'insediamento di H., sorto presso un guado dell'Innerste ed elevato da Ludovico il Pio (814-840) a sede vescovile di Sassonia nell'815; il centro crebbe di importanza e l'abitato si stabilì agli inizi del sec. 10° nell'area oggi tagliata dall'arteria dell'Altstädter Markt, tra il duomo e il sito poi occupato dal monastero benedettino di St. Michael. Durante il periodo ottoniano e salico si accrebbe l'autorità politica del vescovo nel governo cittadino e si sviluppò un'importante scuola presso il Capitolo del duomo. Il vescovo Bernoardo (993-1022) dotò la cittadella vescovile di un'ampia cinta muraria (1000 ca.) munita di torri cilindriche, di cui sopravvive un breve tratto; egli patrocinò - a partire dal 1010 - la fabbrica monastica di St. Michael per ospitare il primo cenobio benedettino della diocesi di Sassonia, insediatosi in città nel 996; un suo successore, Hezilo (1054-1079), rifondava per la comunità dei canonici il Kreuzstift. La committenza di Bernoardo nel campo delle arti suntuarie determinò lo stabilirsi a H. di officine specializzate nella fusione e lavorazione dei metalli, attive al servizio delle autorità vescovili nel pieno sec. 13°, come ancora attestano numerosi manufatti bronzei conservati a H. (nel duomo: candelabro di Hezilo, 1055-1065; fonte battesimale, 1230 ca.; leggio a forma d'aquila, 1235 ca.; lastra tombale del vescovo Ottone I, 1279; nel Diözesanmus. mit Domschatzkammer: flabelli con croce, 1140 ca.).Il declino del governo vescovile sulla città e sul circondario coincise, nei primi decenni del Duecento, con la lenta affermazione delle istituzioni comunali, riconosciute già nel 1196 ma affermatesi politicamente nel 1249; il maturare di nuove condizioni politiche favorì anche il rapido inserimento delle maggiori comunità mendicanti nel tessuto cittadino prima della metà del 13° secolo. La centralità di H. lungo le vie di commercio le permise di appartenere alla compagnia delle città anseatiche e di continuare a mantenere uno status di autonomia fino alla sua annessione nel ducato di Braunschweig-Lüneburg, avvenuta al principio del 16° secolo. L'impianto urbano, formatosi nel Tardo Medioevo e ancora leggibile prima del 1945, è stato solo in parte recuperato intorno al Marktplatz al momento della ricostruzione moderna.Sul sito occupato dall'od. duomo di St. Maria - una modesta altura non lontana dal corso dell'Innerste - il primo vescovo Gontario (815 ca.-834 ca.) fece costruire un piccolo edificio di culto a pianta circolare menzionato come sacellum Sanctae Mariae e, a S di questo, la Cäcilienkirche per le funzioni liturgiche del Capitolo. Con il vescovo Alfredo (851-874) furono intrapresi lavori per una basilica monumentale costituita da un corpo longitudinale a tre navate con transetto orientale sporgente, completato da due cappelle laterali quadrate e da un capocroce a terminazione absidale, sopraelevato su cripta a deambulatorio; la galleria di quest'ultima correva all'esterno dello chevet, servendo il sacellum del vescovo Gontario, che risultava in asse con la nuova cattedrale. I due portali di testata del transetto conservano labili tracce del programma decorativo del duomo di Alfredo nella decorazione in stucco policroma delle lunette, tuttavia leggibile soltanto in quella meridionale, dove la Vergine in trono campeggia tra figure di offerenti.Impraticabile appare la restituzione del Westwerk carolingio per la sovrapposizione di altri momenti costruttivi che interessarono - a più riprese - il corpo occidentale nella seconda metà del 10° e nuovamente nel corso dell'11° secolo. Anche della fabbrica di età ottoniana, sfigurata dall'incendio del 1013 e dai successivi cantieri romanici, è possibile avere una parziale ricostruzione del solo livello ipogeico con il rinvenimento delle fondazioni di una cripta rettangolare 'a sala' su quattro sostegni, forse completata in occasione della traslazione del corpo del vescovo Epifanio di Pavia nel 962. L'intervento del vescovo Bernoardo sul blocco occidentale della cattedrale da lui patrocinato poco dopo il 1013 fu alterato dai lavori promossi dal vescovo Godeardo (1022-1038), il quale nel 1035 fece innalzare un nuovo Westbau. Il progetto di Godeardo creava in corrispondenza del portale maggiore una doppia abside addorsata, riservando a quella esterna il compito di esedra per valorizzare i battenti bronzei bernoardiani e a quella interna la funzione di coro occidentale della chiesa.Un disastroso incendio, verificatosi nel 1046, rese necessaria una profonda rielaborazione di tutto l'edificio religioso, che aveva conservato parte dell'alzato della fabbrica del vescovo Alfredo. Il nuovo cantiere, avviato dal vescovo Ezzelino (1044-1054) e continuato da Hezilo, rispettò l'impianto basilicale altomedievale adattandolo al sistema 'sassone' a sostegni alternati previsto in St. Michael (1010-1033); si mantenne il doppio coro contrapposto protoromanico, ma con l'addizione di una coppia di torri ai lati del capocroce, che si aggiungevano alle due in precedenza innalzate sulla fronte occidentale. Sotto il vescovo Hezilo fu riorganizzata la cripta carolingia a deambulatorio e venne ricostruita la capella rotunda esterna (1077-1078). La campagna di lavori sulla cattedrale ebbe comunque termine soltanto dopo l'edificazione della nuova abside orientale, in stile romanico, durante il vescovato di Bertoldo (1119-1130). Tale veste fu mantenuta dal duomo di St. Maria fino al 1317, allorché si innalzarono due schiere di cappelle lungo le fiancate del corpo longitudinale. Ampiamente rimaneggiata soprattutto nel corso del Settecento e gravemente danneggiata dai bombardamenti del 1945, l'od. cattedrale di H. è il frutto di un attento lavoro di ricostruzione che, nel rispetto del monumento medievale, ha fatto ampia luce sulle sue più antiche vicende edilizie.L'arredo della basilica vescovile fa capo a diverse committenze, sebbene cronologicamente rientri sempre nella produzione di età romanica (secc. 11°-13°). La porta di bronzo detta Paradiestor, destinata in origine all'abbaziale di St. Michael e realizzata, secondo l'iscrizione incisa lungo il fascione centrale, nel 1015 (Mende, 1983), è il più alto manufatto di macrobronzistica patrocinato dal vescovo Bernoardo. I due battenti, lavorati a fusione piena - come la più tarda colonna (1020 ca., duomo) -, sono composti ciascuno dalla sovrapposizione di otto riquadri rettangolari dove le figure campeggiano, in forte aggetto, su uno sfondo liscio caratterizzato da sintetiche annotazioni naturalistiche o architettoniche. La stretta rispondenza di episodi della Genesi, sul battente sinistro, e di scene della Vita di Cristo, sul destro, evoca un programma iconografico volto a illustrare la salvezza dell'uomo attraverso l'avvento e il sacrificio del Messia. Una più appariscente impronta classicista è mostrata dalla colonna di bronzo - anch'essa proveniente da St. Michael -, che era sormontata fino al 1544 da un crocifisso, mentre l'attuale capitello, fuso nel 1870, ha sostituito l'originale perduto alla metà del 18° secolo. La narrazione cristologica segue un andamento a spirale ripetendo lo schema del racconto delle colonne trionfali romane, che lo stesso Bernoardo aveva potuto ammirare durante il suo soggiorno nell'Urbe.Alla committenza del vescovo Hezilo si deve il grande lampadario bronzeo (1055-1065) sopra l'altare maggiore rappresentante la Gerusalemme celeste (il più antico tra le Lichterkronen medievali), che possiede ventiquattro tra porte di città e torri, collegate da altrettanti segmenti di mura su cui sono riportati l'iscrizione dedicatoria e tre registri ornamentali a palmette e racemi. Ancora il fonte battesimale di età federiciana (1230 ca.) si colloca nel solco della tradizione romanica, cara alla bronzistica sassone protoduecentesca, anche nell'iconografia gerarchizzata del manufatto, che dal piede sale con le personificazioni dei Fiumi del paradiso, con episodi vetero e neotestamentari sulla vasca circolare, e con le virtù morali sul coperchio, risentendo soltanto in minima parte delle influenze gotiche mosano-renane (Favreau, 1995).Sul limite settentrionale del borgo medievale sorgeva l'abbaziale benedettina di St. Michael, che si presenta oggi come il risultato di un considerevole ripristino postbellico, a sua volta preceduto da pesanti reintegrazioni che avevano interessato in particolare il capocroce e il braccio meridionale del transetto occidentale con relative torri. La non completa fedeltà della veste basilicale al progetto originario - i cui lavori, iniziati nel 1010, si protrassero fino al 1033 - non impedisce di coglierne le novità planimetriche e di alzato di matrice ottoniana in rapporto al quadro espresso dall'architettura sassone al principio del Mille. Il corpo longitudinale a tre navate è costruito su tre campate quadrate, ritmate dall'alternanza nel sistema 'sassone' di un pilastro rettilineo e di due colonne con capitelli in origine a cubo smussato - alcuni furono sostituiti dopo l'incendio del 1162 - sopra le cui arcate si impostano le lisce pareti della navata centrale, concepite per ricevere l'affrescatura e corredate da un alto registro di finestre centinate. Le tre navate mettono in comunicazione i cori occidentale e orientale, entrambi provvisti di transetto sporgente con galleria a pianoterra e tribune su due livelli, che si addossano alle pareti di testata e sono servite da torrette scalari esterne. Più complessa è l'organizzazione del coro occidentale, il quale, non ripetendo la terminazione triabsidata prevista nel blocco orientale, presenta un presbiterio absidato che si impianta sui muri della cripta 'a sala', servita da ambulacro perimetrale. L'adozione del doppio coro contrapposto e del sistema 'sassone' per i sostegni della navata avvenne in St. Michael prima della ricostruzione del Westbau della cattedrale di Godeardo, proponendosi quindi come referente alla fabbrica vescovile che aveva nel frattempo acquisito la porta di bronzo destinata inizialmente proprio all'abbaziale benedettina.Al centro della cripta occidentale, terminata nel 1015 e contestualmente affrescata (lacerti di pittura in sito), fu riposto nel 1022 il sarcofago in arenaria che conteneva le spoglie di Bernoardo, morto in quell'anno. Due gruppi di iscrizioni a commemorazione del defunto corrono sul coperchio e sul bordo superiore della cassa, un tempo interrata, come attesterebbe il fatto che solo il blocco di chiusura a doppio spiovente mostra una lavorazione a bassorilievo di modesto livello qualitativo, ridotta a due schiere di angeli circondate da cornici epigrafiche e accompagnate sulle testate triangolari da un Agnus Dei e da una croce. Una risistemazione del sepolcro di Bernoardo si ebbe intorno alla metà del sec. 12°, allorché venne apposta al di sopra del sarcofago una lastra (St. Michael, cripta) su cui sono scolpiti una croce fornita di cinque medaglioni con i simboli degli evangelisti e l'agnello mistico al centro.Un rinnovamento del programma decorativo dell'abbaziale di St. Michael fu condotto in età tardoromanica - soprattutto durante l'abbaziato di Teoderico II (1179-1203) -, anche a seguito dell'incendio che, probabilmente nel 1162, devastò l'intera fabbrica benedettina. Prima del 1186 sottili figure in stucco di beati, isolate e in posizione rigidamente frontale, furono inserite sopra l'imposta dei capitelli sul lato delle navate laterali; se ne conservano alcune, ancora policrome, nella galleria meridionale. Sullo scorcio del sec. 12° fu concepita la decorazione a rilievo - sempre in stucco - del lato settentrionale del recinto del coro, che presenta, inquadrati entro finte archeggiature, la Madonna tra i ss. Pietro e Paolo, gli apostoli Giovanni e Giacomo, s. Benedetto e s. Bernoardo, quest'ultimo canonizzato nel 1193; un monumentale albero di Iesse fu dipinto, al principio del Duecento, sul tavolato che controsoffitta il corpo longitudinale, sebbene esso abbia poi subìto considerevoli integrazioni soprattutto nella parte orientale.Alquanto ridotte sono le vestigia romaniche di altri insediamenti religiosi del sec. 11° (St. Andreas, Kreuzstift), che nel caso dell'arcidiaconia di St. Mauritius - istituita al tempo del vescovo Godeardo e della quale si conserva la primitiva cripta 'a sala' - attestano un'espansione dell'abitato fuori delle mura, oltre il corso dell'Innerste.Lo schema basilicale a doppio coro e tre navate, costruite sul tipo di sistema a sostegni alternati realizzato in St. Michael, fu fatto proprio dall'abbaziale di St. Godehard, seconda fondazione benedettina di H., costruita per volontà del vescovo Bernardo a partire dal 1133. Il cantiere di St. Godehard, concluso nel 1172, semplifica il modello architettonico tardoottoniano rinunciando alla cripta 'a sala' con presbiterio sopraelevato per sviluppare un coro a deambulatorio con tre piccole cappelle radiali. Tuttavia i capitelli a motivi vegetali e animali inseriti nella navata centrale di St. Michael dopo l'incendio del 1162 ribaltano il rapporto di dipendenza tra le due fabbriche per le indubbie affinità con gli esemplari di St. Godehard datati alla metà del secolo.Una ricca collezione di oggetti e paramenti liturgici (casule, stole, scarpe), statue lignee, tessuti e manoscritti dal sec. 9° al 12°, appartenuti al duomo e ai vescovi di H., ma anche provenienti dai tesori di altre fondazioni cittadine tra cui le abbazie di St. Michael e St. Godehard, costituisce il nucleo principale del patrimonio custodito nel Diözesanmus. mit Domschatzkammer. Probabilmente risalente al tempo dell'istituzione del vescovado di Sassonia è la capsella-reliquiario carolingia in lamina d'argento (prima metà del sec. 9°), poi montata su un piede quadrilobo di fattura gotica (sec. 13°-14°), detta Heiligtum Unserer Lieben Frau, mentre della seconda metà del sec. 10° sono la borsa-reliquiario, il calice, la patena e l'anello appartenuti al vescovo Osdago (984 ca.989). Numericamente consistente è il gruppo di manufatti devozionali e suntuari prodotti a H. durante il governo di Bernoardo, nei decenni a cavallo del Mille: il crocifisso in legno da St. Abdon und Sennen di Salzgitter-Ringelheim (1000 ca.); la statua lignea della Vergine in trono (c.d. goldene Madonna, prima del 1022) ricoperta intorno al 1220 da una veste in lamina d'oro sbalzata; i due pastorali, in avorio quello vescovile di Bernoardo (993 ca.) e in argento, con raffigurazione del Peccato originale, quello dell'abate Erchembaldo di St. Michael (997-1011); il piccolo crocifisso di Bernoardo (1007 ca.); la coppia di candelabri da lui commissionati per St. Michael, fusi in argento massiccio (ante 1022); le coperte dei due evangeliari posseduti dal vescovo di H. (1000 ca.; 1015), entrambe con placca in avorio bizantina; infine l'altare portatile (1000 ca.), ornato da bande d'argento incise e niellate con episodi neotestamentari connessi specificamente alla Comunione. Tra le opere datate al pieno sec. 12°, alcune uscite da officine mosane, renane e orientali, si distinguono in particolare i tre flabelli con croce (1140 ca.), la croce russo-bizantina di Gerusalemme (sec. 12°), la pisside di Provisur con croce (sec. 12°) e il reliquiario ottagonale a cupola di s. Osvaldo (1185-1189), forse di manifattura inglese, che celebra i santi re dell'Europa settentrionale.Altre importanti oreficerie romaniche sono tuttora custodite nella Kreuzkirche, nel cui tesoro si conserva la croce-reliquiario commissionata dal vescovo Hezilo (terzo quarto del sec. 11°), e nella parrocchiale di St. Magdalena, dove si trova la grande croce gemmata e filigranata detta di Bernoardo (secondo quarto del sec. 12°).
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La scuola di miniatura di H. venne creata dal vescovo Bernoardo nel periodo in cui egli, tra il 977 e il 987, all'epoca dell'imperatore Ottone II (973-983) e negli anni dopo la sua morte, fu notaio reale (egli stesso retrospettivamente si definì "aulicus scriba doctus"), e poi tra il 987 e il 993, grazie al favore dell'imperatrice Teofano (m. nel 991) e dell'arcivescovo di Magonza Villigiso (975-1011), precettore del re Ottone III, ancora in minore età. Il maestro e biografo di Bernoardo, Tangmaro, che dirigeva la scuola del duomo di H., decantava l'alta cultura del vescovo e la sua capacità ed esperienza in svariate arti. È dunque verosimile che Bernoardo non sia stato solo il committente dei manoscritti illustrati a lui riconducibili, bensì ne abbia determinato fin nei particolari il programma figurativo e abbia preso personalmente parte alla decorazione miniata. Tuttavia la scuola pittorica di H. alla sua epoca non raggiunse l'alto livello artistico di altre, come per es. quella della Reichenau, quella di Treviri - di cui faceva parte il Maestro del Registrum Gregorii -, quella di St. Emmeram a Ratisbona e quella di Colonia.Nel gruppo dei manoscritti bernoardiani è di particolare rilevanza il prezioso Evangeliario di s. Bernoardo, del 1015 ca. (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 18), che il vescovo donò al monastero di St. Michael da lui fondato. L'evangeliario contiene un'immagine dedicatoria su due pagine (Bernoardo davanti all'altare, di fronte alla Vergine in trono, cc. 16v-17r), altre quattordici miniature, un disegno e cinque pagine di testo decorate. Le quattordici miniature seguono un preciso programma: sono anteposte in gruppi di tre o quattro ai singoli vangeli; i soggetti illustrano di volta in volta l'inizio del vangelo, un determinato evento sacro della vita di Cristo - in Matteo l'Incarnazione, in Marco la Risurrezione, in Luca la Crocifissione e in Giovanni l'Ascensione -, gli evangelisti e i simboli degli evangelisti. L'immagine dell'Ascensione mostra Cristo che con la parte superiore del corpo sparisce nelle nuvole e in un arco di cielo punteggiato di stelle, una raffigurazione in cui si deve riconoscere un'influenza anglosassone (Schapiro, 1943).Altri manoscritti miniati legati a Bernoardo sono la sua Bibbia, del 1010-1020 ca. (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 61), che presenta una miniatura d'incipit e numerose iniziali, il Sacramentario di Guntbald, del 1014 (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 19), con una Crocifissione nell'iniziale T del canone della messa e con pagine decorate da iniziali, e l'Evangeliario di Guntbald, del 1011 (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 33), in cui la parte più rilevante della decorazione sono quindici tavole dei canoni, quattro ritratti degli evangelisti e una Maiestas Domini. Lo scriba di questi ultimi due manoscritti, il diacono Guntbald, ha scritto personalmente il proprio nome in entrambi; opera di questo scriba, giunto a H. da Ratisbona, sono anche l'Evangelistario di Guntbald, del 1010-1020 (Norimberga, Germanisches Nationalmus., 29770), e il Salterio di Bernoardo, del 1010-1020 ca. (coll. privata). I due ultimi manoscritti sono privi di illustrazioni, ma presentano elementi ornamentali. Solo dopo la morte di Bernoardo venne realizzato l'Evangeliario di Hezilo, del secondo quarto del sec. 11° (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 34), con sedici tavole dei canoni e quattro ritratti degli evangelisti.Lo scriptorium di Bernoardo ebbe a disposizione svariati modelli; in particolare dovevano essere pervenuti a H. manoscritti da Corvey, ma anche da Fulda, da Ratisbona e dalla Reichenau. Forse il lezionario e collettario della Reichenau, del 1015-1030, conservato nella biblioteca del duomo di H. (Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 688), fu fin dall'inizio destinato al duomo. Chiaramente distinguibile è poi un forte influsso dei manoscritti franco-sassoni, che, almeno in parte, potrebbe essere stato mediato da Corvey. Pure non è da escludere che l'evangeliario di Saint-Vaast, del tardo sec. 9° (Praga, Kapitulní Knihovna, Cim. 2), sia stato temporaneamente utilizzato anche a Hildesheim. Bernoardo, che nel 1007 si recò a Tours, in questa occasione potrebbe aver riportato a H. una Bibbia e un evangeliario della scuola carolingia di Tours. Un evangeliario, realizzato in Francia nell'ultimo terzo del sec. 9°, già all'inizio dell'11° si trovava a H. (Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 68). Inoltre Bernoardo dovette entrare in possesso di codici bizantini e anglosassoni.Per quanto riguarda il sec. 12°, i più importanti manoscritti di H. di questo periodo sono il Sacramentario Ratmann, del 1159 (Hildesheim, Diözesanmus. mit Domschatzkammer, 37), e il Messale Stammheim, del 1170-1180 (coll. privata), entrambi realizzati a St. Michael, che mostrano uno stretto rapporto con la coeva miniatura coloniense. Il Sacramentario Ratmann contiene tre miniature a piena pagina (immagine dedicatoria con i santi patroni Michele e Bernoardo, Maiestas Domini, S. Michele che uccide il drago) e numerose iniziali istoriate alle singole feste maggiori. Ancor più ricca è l'illustrazione del Messale Stammheim - dono del monaco sacerdote Enrico di Midel, un personaggio non rintracciato nei documenti -, corredato di un calendario con i segni dello Zodiaco e con le personificazioni dei Mesi, di dodici miniature a piena pagina con scene della Vita di Cristo e di numerose iniziali istoriate o decorate a girali.Negli studi recenti si sono concentrate le argomentazioni in favore di una localizzazione a H., già presa in considerazione da Haseloff (1897), della c.d. scuola pittorica turingiosassone del 13° secolo. Almeno per ciò che riguarda i suoi capolavori, come, tra gli altri, il Salterio di Elisabetta, datato al 1200 (Cividale, Mus. Archeologico Naz., CXXXVII), e il Salterio di Ermanno di Turingia, del 1210-1213 (Stoccarda, Württembergische Landesbibl., HB II.24), la possibilità di un'esecuzione a H. appare assai verosimile. Ambedue i manoscritti hanno una ricca decorazione figurata (calendario con le immagini dei Mesi, miniature a piena pagina, ritratti dei donatori e dei loro congiunti e, in particolare nel Salterio di Elisabetta, una raffigurazione della vita contemplativa e della vita activa). Un esempio frammentario di questa scuola pittorica, relativo alla c.d. II serie di Haseloff (Wolfenbüttel, Herzog August Bibl., Guelf. 13 Aug. 2°), venne copiato dal Messale Stammheim.Il celebre Salterio di St Albans, conservato a St. Godehard a H., e realizzato a St Albans tra il 1119 e il 1123, nel sec. 16° si trovava ancora in Inghilterra. Al più tardi nel 1657 giunse in possesso dell'abbazia benedettina di Lampspringe, presso H., e probabilmente solo dopo la sua soppressione nel 1803 pervenne a St. Godehard.
Bibl.:
Ed. in facsimile. - Der Landgrafenpsalter. Vollständige Faksimile Ausgabe im Originalformat der Handschrift HB II 24 der Württembergischen Landesbibliothek Stuttgart. Kommentarband, a cura di F. Heinzer, Graz-Bielefeld 1992.
Letteratura critica. - A. Haseloff, Eine thüringisch-sächsische Malerschule des 13. Jahrhunderts (Studien zur deutschen Kunstgeschichte, 9), Strassburg 1897; M. Schapiro, The Image of the Disappearing Christ. The Ascension in English Art around the Year 1000, GBA, s. VI, 23, 1943, pp. 135-152; W. von den Steinen, Bernward von Hildesheim über sich selbst, DAEM 12, 1956, pp. 331-362 (rist. in id., Menschen im Mittelalter. Gesammelte Forschungen, a cura di P. von Moos, BernMünchen 1967, pp. 121-149); M. Stähli, Die Handschriften im Domschatz zu Hildesheim (Mittelalterliche Handschriften in Niedersachsen, 7), Wiesbaden 1984; Bernward von Hildesheim und das Zeitalter der Ottonen, a cura di M. Brandt, A. Eggenbrecht, cat., 2 voll., Hildesheim-Mainz a. R. 1993; M. Parisse, Bernward in Frankreich (1007), ivi, I, pp. 133-143; U. Kuder, Ottonische Buchmalerei und bernwardinische Handschriftenproduktion, ivi, pp. 191-200; M. Brandt, R. Kahsnitz, H.J. Schuffels, Das Kostbare Evangeliar des Heiligen Bernward, München 1993.U. Kuder