HILLEL di Samuel da Verona (Hillel ben Šemu'el ben Eli'ezer mi-Verona)
Filosofo, talmudista, medico e traduttore ebreo italiano, attivo nel secolo XIII. Le notizie sicure sulla famiglia e sulla vita di H. sono scarse: le poche esistenti, su cui la critica moderna ha costruito molte ipotesi - talora prive di fondamenti certi - sono ricavabili soprattutto dalla sua corrispondenza con amici e colleghi, nonché dalle testimonianze di alcuni di questi ultimi.
H. apparteneva a una famiglia di rabbini: suo nonno, il talmudista Eli'ezer ben Šemu'el, era av bet din, ossia presidente del tribunale rabbinico di Verona, ma questo non significa necessariamente che H. fosse nato in questa città. La sua data di nascita è sconosciuta: la si pone comunemente intorno al 1220; la prima testimonianza sicura su di lui - a quanto afferma Sermoneta, lo studioso che ha compiuto le ricerche più approfondite su H. e la sua opera - sarebbe contenuta in un documento del 1254.
H. afferma di essere stato, in gioventù, a Montpellier; lì potrebbe aver frequentato la scuola di medicina (dove effettivamente un secolo dopo, alla fine del Trecento, risultano essere stati studenti ebrei) e potrebbe così aver letto e studiato anche testi medici latini. Di fatto, un elemento utile alla collocazione cronologica e geografica dell'attività di H. è dato proprio dalla sua traduzione ebraica di un testo medico latino, la Chirurgia magna di Bruno da Longobucco: giacché l'opera di Bruno venne ultimata a Padova nel gennaio 1253 e Steinschneider data la traduzione a poco dopo la composizione dell'opera, è possibile che intorno a questa data H. avesse già fatto i suoi studi di medicina e si trovasse non lontano da Padova (fors'anche a Bologna o nella stessa Verona, dove Bruno risulta avere svolto l'attività di medico e docente): in tal modo egli avrebbe potuto venire immediatamente a conoscenza del testo della Chirurgia.
Sempre secondo quanto H. stesso afferma, egli fu per tre anni a Barcellona, dove avrebbe avuto rapporti stretti (forse come discepolo nello studio del Talmud) con il rabbino Yonah ben Abraham Gerondi, e si trovava ancora lì nel momento in cui quest'ultimo si trasferì a Toledo (1261-62): si suppone quindi che il periodo di permanenza di H. a Barcellona sia durato dal 1259 al 1262. Si usa poi identificare con H. il rabbi Hillel che, a Capua, tra il 1260 e il 1270 circa fu maestro di Abraham Abulafia (stando alla testimonianza di quest'ultimo) nello studio della Guida dei perplessi di Maimonide. Infine, si ritiene generalmente che H. fosse attivo come medico e filosofo anche a Napoli e a Roma: a Roma, in particolare, egli conobbe il filosofo Zeraḥyah ben Yiṣḥaq Ḥen (Gracian) e il medico Yiṣḥaq ben Mordekay (Maestro Gaio); dal momento che l'attività del primo nella città è sicuramente databile tra il 1275 o 1277 e il 1291, appare probabile che il periodo di permanenza di H. a Roma sia anch'esso da datarsi nel decennio 1270-80 e oltre.
Notizie più sicure su H. si hanno, comunque, solo per l'ultimo periodo della sua vita e della sua attività di studioso. Nel 1287 egli risulta stabilito a Forlì, con occasionali permanenze a Bologna (dove, secondo Sermoneta, avrebbe avuto contatti diretti con gli ambienti universitari locali: venne infatti accusato da Zeraḥyah Ḥen di essere stato ivi in rapporto con non ebrei) e a Ferrara; da Forlì inviò due lettere (pubblicate in Z.H. Edelman, Ḥemdah genuzah, Königsberg 1856, pp. 18r-22v) a Maestro Gaio, a quell'epoca presente a Roma come medico di papa Niccolò IV, per prendere posizione nella controversia intorno a Maimonide.
Tale controversia caratterizzò la filosofia ebraica, in Provenza e in Spagna, nel periodo 1230-1306. Si crearono, in quelle aree geografiche, contrastanti posizioni circa lo studio delle opere filosofiche di Maimonide e le dottrine ivi contenute, in particolare a proposito della più celebre di esse, la Guida dei perplessi: ai sostenitori di Maimonide, prevalentemente filosofi convinti della possibilità di un'interpretazione allegorico-filosofica della Bibbia e del Talmud, che li ponesse in accordo con la fisica e la metafisica di Aristotele, si opposero i difensori più accaniti della tradizione ebraica, che propugnavano invece l'esegesi letterale dei testi sacri. La controversia ebbe almeno tre momenti acuti: intorno al 1230-32, quando, al termine di una disputa tra i rabbini francesi e quelli catalani, con rispettive scomuniche, gli scritti filosofici di Maimonide finirono bruciati sulla piazza di Montpellier; tra il 1288 e il 1290, quando il rabbino Šelomoh ben Abraham di Montpellier (Salomon Petit) polemizzò con l'interpretazione allegorica dei miracoli data dallo stesso Maimonide, suscitando risposte critiche da parte di alcuni filosofi ebrei di Spagna e Italia; nel 1305-06 in Provenza.
L'occasione delle lettere di H. fu data dall'arrivo a Ferrara di Salomon Petit il quale, secondo H., avrebbe potuto favorire la creazione di uno schieramento contro Maimonide nel mondo ebraico italiano, sino ad allora rimasto sostanzialmente estraneo alla contesa. Nella prima lettera H. chiede a Maestro Gaio di farsi promotore di un'azione a favore di Maimonide nella comunità ebraica di Roma. Egli stesso si dichiarava pronto a inviare lettere al nipote di Maimonide, ai sapienti ebrei d'Egitto e ai capi delle comunità ebraiche della Mesopotamia, affinché si decidessero ad attaccare i sapienti ebrei della Germania e della Francia che osteggiavano Maimonide; suggeriva inoltre che questi dotti favorevoli a Maimonide si riunissero ad Alessandria d'Egitto e chiedessero agli oppositori di riunirsi a loro volta a Venezia, a Marsiglia o a Genova dichiarando i motivi della loro ostilità al filosofo, e che la decisione finale sulla disputa circa la liceità dello studio di Maimonide fosse lasciata ai dotti ebrei dell'Iraq. Dalla seconda lettera risulta che effettivamente, grazie agli sforzi di H. e di altri, i rabbini dell'Iraq e di Damasco avevano preso le difese di Maimonide.
Un'altra polemica venne aperta da H. in questo periodo (1289-91) con il già menzionato Zeraḥyah Ḥen. Dallo scambio di lettere tra i due (pubblicato da R. Kirchheim in Oṣar neḥmad, II [1857], pp. 124-143) risulta che la controversia riguardava l'origine del linguaggio umano, che secondo H. derivava dall'ebraico, e la natura dei miracoli descritti nella Bibbia, che Zeraḥyah riteneva essere mere allegorie di significato filosofico nate nelle menti dei loro protagonisti ma non verificatesi nella realtà, mentre H. ne difendeva la concreta realtà storica.
L'ultimo dato cronologico sicuro riguardante H. è la data del compimento della sua opera principale, il Libro sulle retribuzioni dell'anima, che il colophon dà per conclusa a Forlì nel 1291. Non si conosce l'anno della sua morte, che generalmente si ritiene avvenuta intorno al 1295.
H. fu autore sia di scritti originali in lingua ebraica sia di traduzioni ebraiche dal latino. Tra le sue opere originali, a parte le lettere sopra menzionate, occupa il posto più importante il Libro sulle retribuzioni dell'anima (in ebraico Sefer tagmule ha-nefeš), composto presumibilmente tra il 1288 e il 1291 e diviso in due parti: nella prima, che è di carattere filosofico ed è suddivisa in sette trattati (in ebraico ṣiyyunim), H. tratta della natura dell'anima umana, servendosi di fonti latine o arabe in traduzione latina, delle quali riprende passi da lui tradotti anche letteralmente in ebraico (tra queste fonti, vi sono certamente la versione latina della sezione Sull'anima dell'enciclopedia filosofica di Avicenna [lo Šifā'], il De anima di Gundisalvo e il De unitate intellectus contra Averroistas di Tommaso d'Aquino); nella seconda, di carattere teologico-escatologico, si tratta della natura delle punizioni e dei premi che l'anima riceverà nell'aldilà. L'opera - di cui H. stesso dà un breve sunto nella summenzionata seconda lettera a Maestro Gaio - rappresenta la più importante testimonianza dell'influenza esercitata su H. dalla filosofia della scolastica latina, e in particolare dal pensiero di Tommaso, tanto che Sermoneta ha parlato di una sorta di "tomismo ebraico"; essa include peraltro una serie di glosse in volgare italiano del Duecento. Il Libro sulle retribuzioni dell'anima ebbe un certo successo, tanto da diventare, tra l'altro, una delle fonti della popolare enciclopedia Le vie della fede (in ebraico Ševile emunah), redatta nel 1360 dall'ebreo spagnolo Meir Aldabi.
La prima edizione completa del Libro sulle retribuzioni dell'anima, curata da Sh. Halberstam, prefata da M. Steinschneider e fondata su un solo manoscritto, pieno di errori, fu pubblicata nel 1874 (Sefer tagmule ha-nefeš le-ha-ḥakam ha-filosof we-ha-rofe' r. Hillel ben he-ḥasid ha-rav r. Šemu'el ben ha-ga'on r. Eli'ezer mi-Verona z"l, Lyck 1874); a essa seguì una parziale traduzione tedesca (che copre i trattati I-IV della prima parte), fondata direttamente su un manoscritto (M. Geyer, H. von Verona. Ein Psychologe nach Maimonides und sein Hauptwerk Tagmule Hannefesch (Vergeltung der Seele), Frankfurt a.M. 1911); tuttavia, solo nel 1981 G. Sermoneta ne ha pubblicato un'edizione critica (Hillel ben Shemu'el of Verona, Sefer Tagmulé ha-Nefesh [Book of the Rewards of the soul], Jerusalem 1981), fondata sull'esame di tutta la tradizione manoscritta, e dimostrando l'esistenza di due successive redazioni del testo.
In una parte della tradizione (cfr. il ms. di Monaco, Bayerische Staatsbibliothek, Hebr. 120), il testo del Libro sulle retribuzioni dell'anima è seguito da quello di tre "trattatelli aggiuntivi" (in ebraico 'inyanim nosafim), anch'essi opera di H. (che ne parla nella seconda lettera a Maestro Gaio), e dedicati rispettivamente alla conoscenza divina e al libero arbitrio, al perché il peccato originale abbia reso l'uomo mortale, e alla questione se la credenza nella caduta degli angeli sia fondata: essi sono stati tutti pubblicati in appendice all'edizione Halberstam dell'opera (pp. 45r-55r). Quest'ultima edizione include anche (alle pp. 32r-40r) il testo di un commento di H. alle 25 proposizioni che introducono la parte II della Guida dei perplessi di Maimonide.
Esistono alcuni scritti la cui attribuzione a H. è incerta o oggetto di controversia. Tra di essi: il Discorsopungente (ebraico Ma'amar ha-darban), forse dedicato a esporre una serie di termini filosofici, di cui parla egli stesso nel Libro sulle retribuzioni dell'anima, ma che non è mai stato identificato con sicurezza con alcun testo superstite (benché uno scritto di questo nome, trasmesso dal ms. di Parigi, Bibliothèque nationale, Hébreu 704, sia stato edito nel 1894 da I. Goldblum); tre brevi commenti a passi di Maimonide (l'inizio del Libro della conoscenza e due brani della Guida dei perplessi), editi da Edelman, pp. 31v-36r), la cui autenticità è stata posta in dubbio da Sermoneta; alcune note, attribuite a tale "Hillel", in margine a una copia della versione ebraica del Libro delle definizioni di Isaac Israeli (si leggono nel ms. di Oxford, Bodleian Library, Mich. 335, cc. 45-55, che contiene anche il testo della versione ebraica del Liber de causis, opera di Hillel).
Infine, vanno segnalate due ipotesi recenti che, benché non ancora provate, vorrebbero coinvolgere in diverso modo H. nella redazione del De beatitudine animae, uno scritto latino redatto o tradotto da un autore sconosciuto prima del 1350, che venne pubblicato nel Rinascimento sotto il nome di Averroè (editio princeps, Bologna 1501), e che presenta sorprendenti analogie con numerosi passi del Libro sulle retribuzioni dell'anima: in particolare, alcuni brani di esso sono identici a passi del trattato VI della parte I dell'opera di Hillel. Nel 1988 Davidson ha suggerito l'ipotesi che il De beatitudine fosse stato originariamente composto in ebraico, nel secolo XIII, da qualcuno appartenente alla cerchia di H., riutilizzando tra l'altro passi dell'opera di quest'ultimo, e fosse stato successivamente tradotto in latino; nel 2001, M. Geoffroy e C. Steel hanno avanzato l'ipotesi che l'autore della Vorlage ebraica del De beatitudine animae possa essere lo stesso Hillel.
Quanto alle traduzioni ebraiche di scritti latini (o arabi in versione latina), a H. ne vengono attribuite con certezza tre: la Chirurgia magna di Bruno da Longobucco (la traduzione di H., già menzionata, è inedita e conservata in almeno una decina di manoscritti; l'introduzione è stata pubblicata nell'ed. Halberstam del Libro sulle retribuzioni dell'anima, pp. 42v-43v); il commento del medico arabo 'Ālī Ibn Riḍwān all'Ars parva di Galeno, dalla versione latina di Gherardo da Cremona (la traduzione di H. è inedita, ed è conservata per intero nel solo ms. di Roma, Biblioteca Casanatense, Mss., 2834); il Liber de causis dello Pseudo Aristotele, dalla versione latina di Gherardo da Cremona: un'edizione della traduzione di H. - che è conservata, incompleta, nel solo ms. di Oxford, Bodleian Library, Mich. 335, cc. 75v-85v, e include alcune note di commento del traduttore - è stata preparata da J.-P. Rothschild (Les traductions hébraïques du Liber de causis latin, diss., Paris 1985), che data l'opera al 1260 circa; un'edizione parziale era già comparsa nell'ed. Halberstam del Libro sulle retribuzioni dell'anima, alle pp. 41r-42v. Infine, Steinschneider attribuisce a H. una traduzione ebraica anonima degli Aforismi di Ippocrate con il commento di Galeno, fondata sulla versione latina di Costantino Africano e conservata, inedita, in tre manoscritti, che riporta al margine le note di tale "Hillel".
Fonti e Bibl.: M. Steinschneider, Die hebraeischen Übersetzungen des Mittelalters und die Juden als Dolmetscher, Berlin 1893, pp. 262 s., 660, 734, 788 s.; I. Goldblum, Me-ginze Is̄ra'el be-Paris, Vienna 1894, pp. 13-20; P. Perreau, Intorno al trattato Thagmulè Ha-nefesh (Le retribuzioni dell'anima) di H. figlio di Samuele da V., in Annuario della Società italiana per gli studi orientali, I (1872), pp. 81-85; J. Elbogen, H. da V. e la lotta per Mosè Maimonide, in Annuario di studi ebraici, II (1935-37), pp. 99-105; G. Sermoneta, H. ben Shemuel of V. and his philosophical doctrine (in ebraico), diss., Hebrew University of Jerusalem, 1962; Id., La dottrina dell'intelletto e la "fede filosofica" di Jehudàh e Immanuel Romano, in Studi medievali, s. 3, VI (1965), 2, pp. 6-11; Id., Un glossario filosofico ebraico-italiano del XIII secolo, Roma 1969, pp. 435-439; Id., H. ben Samuel, in Encyclopedia Judaica, VIII, Jerusalem 1971, pp. 488-490; Id., The fall of the angels, in Studies in memory of Jacob Friedman, a cura di S. Pines, Jerusalem 1974, pp. 155-203; H.A. Davidson, Averrois Tractatus de animae beatitudine, in A straight path: studies on Medieval philosophy and culture. Essays in honor of Arthur Hyman, a cura di R. Link-Salinger, Washington DC, 1988, pp. 57-73; C. Sirat, La filosofia ebraica medievale secondo i testi editi e inediti, Brescia 1990, pp. 342, 349-351, 572 s.; J.-P. Rothschild, Les traductions du Livre des causeset leurs copies, in Revue d'histoire des textes, XXIV (1994), pp. 393-484; M. Zonta, La filosofia antica nel Medioevo ebraico, Brescia 1996, pp. 31 s., 126, 226-228; C. Rigo, H. ben Samuel of V., in Routledge Encyclopedia of philosophy, IV, a cura di E. Craig, London-New York 1998, pp. 431-433; Averroès, La béatitude de l'âme, a cura di M. Geoffroy - C. Steel, Paris 2001, ad indicem.