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HIMALAYA

di AIdo Sestini - Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)
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HIMALAYA (XVIII, p. 499). Esplorazione

AIdo Sestini

L'esplorazione della grande catena himālayana ha segnato negli anni 1929-34 una considerevole attività. Le spedizioni più importanti hanno avuto intenti alpinistici, tuttavia esse hanno sempre riportato dati e materiali utili per la scienza e specialmente per la conoscenza topografica dei maggiori gruppi montuosi e dei loro ghiacciai.

Nel 1933 si è avuto anche il primo tentativo di esplorazione aerea, con due voli sull'Everest; essi hanno mostrato quanto profitto possa ritrarsi dall'uso dell'aeroplano e della fotografia aerea nella esplorazione di montagne molto difficilmente o non accessibili. A Londra si costituì un apposito comitato (Everest Flight Committee); però questo primo tentativo fu finanziato da lady Houston e la direzione della spedizione affidata al commodoro F. M. Fellowes. La spedizione aerea ottenne il permesso di volare sul Nepal, ma non sul Tibet, in modo che non poterono essere prese fotografie del lato già conosciuto della montagna. Inoltre la concessione era limitata a voli diretti tra Purnea e l'Everest quindi la ricognizione aerea ha interessato solo una ristretta fascia di territorio. In entrambi i voli s'incontrarono forti venti d'occidente e in qualche tratto nebbie che limitarono la visibilità. Furono prese fotografie oblique e verticali, nonché cinematografie; esse mostrano aspetti dell'Everest fin qui del tutto ignorati. In entrambi i voli (3 e 19 aprile) si adoperarono due aeroplani, opportunamente adattati, con provvista di ossigeno, pilotati rispettivamente da lord Clydesdale e dal tenente Mc Intyre; il primo volo durò solo 3 ore, il secondo 4½ (questo non era stato autorizzato). La cima dell'Everest fu sorvolata a poche decine di metri d'altezza.

Nello stesso anno 1933 l'Everest è stato oggetto anche di un tentativo alpinistico, il primo dopo il 1924, non avendo le autorità tibetane concesso altri permessi. Una spedizione, organizzata dal Mount Everest Committee, fu affidata alla direzione di sir Hugh Ruttledge. Raggiunta sollecitamente la montagna, già il 22 maggio veniva posto un campo (il 5°) a ben 7830 m., sulla cresta settentrionale; di qui doveva essere portato l'attacco alla cima suprema. A causa del maltempo, soltanto il 29 fu però possibile di stabilire il campo 6° a 8350 metri d'altezza. Il giorno seguente gli alpinisti W. Harris e Wager cercarono di raggiungere la cima (per la via già seguita dal maggiore Norton nel 1924), ma soltanto dopo mezzogiorno poterono arrivare sul ripido pendio occidentale che porta quasi all'ultima piramide, a circa 8560 m.; non essendo più in tempo a raggiungere la cima e tornare al campo nel giorno stesso, dovettero ridiscendere. Tentarono poi E. E. Shipton e F. S. Smythe, ma nemmeno questi ultimi poterono spingersi oltre il punto dove erano giunti i compagni ed era pure giunto il maggiore Norton nel 1924. Tutti gli alpinisti soffrivano oramai per disturbi dovuti alla permanenza a grande altezza e fu necessario un periodo di riposo. Furono ricominciati tentativi l'11 giugno, ma le abbondanti nevicate impedirono ogni proficuo lavoro e quindi il 2 luglio fu deciso il ritorno.

Una nuova spedizione all'Everest fu organizzata per il 1936, e diretta anch'essa da sir Hugh Ruttledge, che la preparò meticolosamente. Nelle operazioni preliminari del 1935 furono salite parecchie cime, sotto la guida di E. E. Shipton. Nella primavera dell'anno seguente, la spedizione (riunita al campo base già il 1° maggio) fece numerosi tentativi di avvicinamento alla cima, sempre frustrati dal maltempo e dall'abbondanza di neve, avendo il monsone notevolmente anticipato. L'ultima rischiosa ricognizione fu compiuta il 6 giugno da W. Harris ed E. E. Shipton, che poterono a stento salvarsi da una valanga.

Ben tre spedizioni hanno tentato la cima del Kinchinjunga, il terzo monte della Terra per altezza (8579 m.); due di esse furono organizzate dal bavarese P. Bauer, nel 1929 e nel 1931. La prima volta, tra la fine d'agosto e il 7 ottobre, si fecero parecchi tentativi diretti alla conquista della cima per lo spigolo nord-est; l'ultimo campo fu posto a 7000 m d'altezza e si raggiunsero poi 7400 m., ma le condizioni meteoriche avverse costrinsero gli alpinisti a rinunziare. Nel 1931, dopo due mesi di sforzi, valendosi della esperienza già fatta, si raggiunsero i 7700 m.; la grande difficoltà di vincere una ultima parete di ghiaccio alta 150 m. fece ancora una volta abbandonare l'impresa. Uno dei partecipanti alla spedizione (Schaller) rimase vittima di una caduta.

Il Kinchinjunga fu anche l'obiettivo principale della spedizione organizzata dal prof. G. O. Dyhrenfurth, detta spedizione internazionale perché vi prendevano parte Tedeschi, Austriaci, Svizzeri, un Inglese e una guida italiana. La salita fu tentata per il lato nord-ovest della montagna, ma i ripetuti tentativi furono vani, a causa del pessimo stato della neve e del ghiaccio. La spedizione si rivolse quindi ad altre cime, raggiungendo il Jonsong Peak, 7439 metri (3 giugno), il Ramtang Peak, 6700 m., il Nepal Peak, 7153 m., e il Dodang Nyima, 7150 metri. Nello stesso anno 1931 gl'inglesi Gourlay e Eversden salivano il Lhonak Peak (6480 m.), posto, come il Kinchinjunga, nel Himālaya del Sikkim.

Nel 1936 è tornato nella regione del Kinchiniunga l'alpinista P. Bauer, a capo di una spedizione tedesca; furono eseguiti importanti lavori topografici e riconosciuti grandi ghiacciai.

Un tentativo al Tent Peak (m. 7363) fu interrotto dal maltempo a m. 7200 d'altezza. Altre cime nel Himālaya del Sikkim sono state salite negli ultimi anni da C. R. Cook, G. Schobert (M. Kabru m. 7316), ed altri.

Nel Himālaya del Garhwal gl'inglesi F. S. Smythe (che aveva preso parte alla spedizione internazionale) ed E. E. Shipton, con altri europei, si dirigevano (1931) al M. Kamet (7756 m.) già tentato da numerose spedizioni; la cima veniva raggiunta il 21 giugno e la spedizione passava quindi ad esplorare i ghiacciai del gruppo di Badrinath. La montagna più alta del Garhwal, il Nanda Devi (7816 m.) fu esplorata nell'estate 1934 da E. E. Shipton e H. W. Tilman, i quali riuscirono a penetrare per la prima volta nell'anfiteatro di alte creste che la circonda, attraverso una profondissima gola (Rishi Nala), dal lato ovest.

La cima del Nanda Devi fu poi raggiunta nel 1936 (29 agosto) da H. W. Tilman e Odell, con una spedizione anglo-americana; è questa la cima più alta finora raggiunta.

Il Garhwal è stato pure studiato (1936) dalla spedizione scientifica svizzera dei geologi A. Heim e A. Gansser; il secondo, travestito, poté entrare nel Tibet e salire la sacra montagna del Kailas (m. 6700).

Nella parte più occidentale della catena, un altro dei colossi himālayani, il Nanga Parbat (8126 m.), è stato oggetto di due tentativi, diretti dal tedesco W. Merkl, che nel secondo doveva lasciarvi la vita. La prima spedizione, tedesco-americana, ebbe luogo nel 1932. Dopo aver salito il Chongra Peak, 6400 metri, e il Rakiot Peak, 7062 m., fu posto il campo a quasi 7000 m. d'altezza presso la cresta che unisce la seconda cima con la vetta suprema del Nanga Parbat, ma il cattivo tempo impedì di salire oltre. La seconda spedizione, effettuata nel 1934, si risolse in un vero disastro, nonostante l'accurata preparazione. Verso la metà di maggio la spedizione era già ai piedi della montagna, con l'intenzione di risalire il ghiacciaio Rakiot. L'abbondanza della neve costrinse a una prima attesa forzata; nel giugno il tempo fu bellissimo, ma la morte per malattia di uno dei partecipanti (A. Drexel) e il ritardo nell'arrivo dei rifornimenti per i portatori nepalesi costrinsero a una lunga sosta. Il 25 giugno fu rioccupato il campo 4° della precedente spedizione, fra le cime Rakiot e Chongra; il 4 luglio fu raggiunto il punto più elevato toccato nel 1932. Al disopra la salita era molto faticosa per l'abbondanza della neve fresca; gli austriaci Schneider e Aschebrenner raggiunsero una sella (Silbersaddle "sella argentea") a 7600 m., tra le due cime orientali del Nanga, e si avvicinarono molto a queste, ma dovettero poi tornare alla sella, dove erano rimasti i portatori e i tre compagni europei. Nella notte tra il 6 e il 7 luglio s'iniziò una tempesta violentissima. Decisa la ritirata, i due austriaci discesero rapidamente al campo 4°; alcuni portatori pure raggiunsero il campo nei giorni seguenti. U. Wieland, W. Welzenbach e W. Merkl, invece, sfiniti, senza provviste e senza combustibile, trovarono l'uno dopo l'altro la morte. Alla fine di luglio i sopravvissuti, che a causa del maltempo non avevano potuto soccorrere i compagni, erano riuniti al campo base.

Non meno tragica è stata la sorte di una nuova spedizione tedesca nel 1937, condotta da K. Wien di Monaco. Il 15 giugno l'accampamento sul pendio del P. Rakiot veniva investito da una valanga che faceva 7 vittime tra gli europei, compreso lo stesso capo.

Importanti lavori topografici e di esplorazione vennero compiuti nella regione del Nanga Parbat da un gruppo di scienziati tedeschi, con a capo il Finsterwalder, e alcune cime furono salite da P. Bauer nel 1936.

Nel 1938 sono state organizzate altre due spedizioni, una inglese guidata da H. W. Tilman all'Everest e l'altra tedesca agli ordini di P. Bauer al Nanga Parbat. La prima, dopo avere raggiunto gli 8000 m. sui fianchi settentrionali del monte, ha dovuto rinuhciare al tentativo per l'anticipato arrivo del monsone.

Bibl.: P. Bauer, Um d. Kantsch!, Monaco 1933; P. F. M. Fellowes e altri, First over Everest. The Houston-Mount Everest Expedit. 1933, Londra 1933; numerosi articoli, in Geographical Journal e Himalayan Journal.

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himalaiano
himalaiano 〈i-〉 (o himalayano; non com. imalaiano) agg. – Relativo al sistema montuoso dell’Himalaya 〈himàalaia〉, nell’Asia meridionale. Per il sistema o corrugamento alpino-h., v. alpino-himalaiano.
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