ḤIMṢ (gr. "Εμισα e "Εμεσα; lat. Emesa e Hemesa) o Homs di Siria (A. T., 88-89)
Città dello Stato di Siria, a 49 m. s. m., nella pianura dell'Oronte (Nahr el-‛Āṣī), da cui dista un km., su un canale che immette in questo fiume, con 65.000 ab., più una numerosa popolazione fluttuante beduina. È capoluogo di livà, collegata dalla ferrovia a Tripoli, Aleppo, Ḥamāh, Damasco, sede del vescovo greco-ortodosso di Emesa, di missioni americane e francesi, d'una filiale del Banco di Roma. Possiede 18 moschee, 4 chiese, resti dell'antichissima cittadella. Commercia in frutta e legumi, è centro importante dell'industria dei tessuti di seta e di cotone, che dà lavoro a metà della popolazione. Ha un bel bazar, case antiche di basalto, moderne di mattoni. A S. di Ḥimṣ uno sbarramento sull'Oronte, opera di Diocleziano, produsse un lago artificiale, ricco di pesci, che dovrebbe ora essere ingrandito per ricavarne forza elettrica e acqua per l'irrigàzione.
Storia. - L'importanza di Ḥimṣ nella storia è data dalla sua posizione dominante la via Egitto-Palestina-Damasco lungo la valle dell'Oronte; la località dai tempi più remoti fino al sec. XIX fu teatro di battaglie. Presso la Ḥimṣ odierna sorgeva, in un gomito del fiume, la città hittita di Qadēsh, ancora da scavare. Emesa, nominata la prima volta da Plinio, era una città della Siria Apamene, sede di un principato arabo indipendente, che tuttavia già al tempo di Pompeo era in condizione di vassallaggio rispetto a Roma: i suoi re, nei quali si ripetono i nomi di Sampsigeramo e Giamblico, li troviamo in relazione di parentela con i re della Giudea; uno di loro inveee prestò aiuto ai Romani nella guerra che portò alla distruzione di Gerusalemme. Alla fine del primo secolo d. C., con Domiziano, la città entra a far parte della provincia romana. La sua storia si intreccia più strettamente con quella di Roma a cominciare dal sec. III, quando Giulia Domna, originaria di Emesa, sposando Settimio Severo, sale al trono imperiale. Per circa mezzo secolo, con Giulia Mamea, Eliogabalo e Alessandro Severo, l'Impero è retto da principi emeseni. Eliogabalo, che era sacerdote del dio Baal, la divinità celebre e venerata della città, dai Romani assimilata al Sole, mentre da un lato introduce questo culto a Roma, è d'altro lato prodigo verso la sua patria di favori, e le concede il titolo di metropoli e il ius italicum; Caracalla, figlio di Giulia Domna, le aveva già dato il rango di colonia. Sono di questo tempo le monete coniate dalla zecca cittadina, che recano quasi costantemente tipi allusivi alla divinità locale e alle feste che si celebravano in suo onore. Nelle vicinanze di Ḥimṣ Aureliano sconfisse nel 272 la regina di Palmira, Zenobia. Il tempio di Emesa, ove si venerava una pietra sacra, fu ricostruito da Eliogabalo, forse sul luogo occupato poi da una cattedrale e oggi dalla Grande Moschea.
Con la divisione della provincia, avvenuta probabilmente con Arcadio sulla fine del sec. IV, Emesa fu capitale della Fenicia Libanesia. Sotto i Bizantini Ḥimṣ si chiamava Χέμψ ed era sede di un vescovato. Conquistata dai musulmani nel 634-637, capoluogo di un giund (governo militare), sede di varî principati fino alla conquista mongola, d'una contea sotto i crociati, tenuta dagli Egiziani nel 1831-40. È oggi uno dei centri del nazionalismo siriano.
Bibl.: Benzinger, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 2496; E. De Ruggiero, Diz. epigr., III, p. 674 seg.; J. Marquardt, Organis. Empire romain, II, Parigi 1892, p. 347 sgg.