Hockey a rotelle
La Federazione internazionale roller sports (FIRS) è attualmente l'organismo che regola le corse su pattini, il pattinaggio artistico e il gioco dell'hockey (su pista e in line). Sono ormai circa 100 milioni i praticanti di queste specialità distribuiti in tutti e cinque i continenti. Si racconta che il desiderio di spostarsi con i pattini, non solo d'inverno sul ghiaccio, abbia portato all'invenzione dei primi pattini a rotelle all'inizio del 18° secolo. Questo dimostra che il pattinaggio a rotelle non è uno sport tanto giovane ed è anche ovvio che chi ha creato i pattini a rotelle non lo abbia fatto per ragioni sportive ma per necessità, come mezzo per muoversi più velocemente che a piedi.
Il primo a produrre un tipo rudimentale di pattini a rotelle fu un olandese, Hans Brinkner, che fissò rocchetti di legno sotto i suoi stivali. L'ideatore dei pattini a rotelle veri e propri si chiamava Joseph Merlin ed era un fabbricante belga di strumenti musicali nato a Huy nel 1735. Nel 1760 si trasferì a Londra e perfezionò il suo brevetto confezionando pattini con rotelle in metallo e in quello stesso anno presentò la sua invenzione alla London Court in occasione di una festa.
Erano passati trent'anni da questo primo tentativo quando un fabbricante di medaglie francese, tale van Lede, creò nuovi pattini a rotelle che chiamò patins terre, ma non ebbe troppa fortuna e la cosa si spense lì. Arriviamo così al 1813 quando Jean Garcin, un pattinatore su ghiaccio francese, costruì un pattino a rotelle che chiamò cingar (nome ottenuto invertendo le due sillabe del suo cognome). Esso era costituito da un asse di legno che veniva legato al piede e al quale erano fissate le rotelle. Questa invenzione venne brevettata in Francia nel 1815. Garcin cominciò a ottenere un discreto successo, tanto da aprire a Parigi una scuola per imparare a pattinare, sostanzialmente la prima pista al mondo. Ma l'imperfezione dell'attrezzo causava continui incidenti ai volenterosi allievi e dopo poco tempo la scuola chiuse. Nel 1819 fu depositato un altro brevetto sui pattini a rotelle, ancora in Francia per opera di Marcel Pettibled, e ancora un altro nel 1823, questa volta per opera dell'inglese Robert John Tyre. I suoi erano pattini rivoluzionari: avevano quattro ruote nella fila anteriore e cinque in quella posteriore; due ganci, uno davanti e l'altro dietro, servivano come freni e, infine, la ruota centrale aveva un diametro maggiore delle altre in modo da consentire di girare agevolmente. Il francese Legrand registrò un nuovo brevetto nel 1849, e nel 1852 un anonimo inglese brevettò un pattino rivoluzionario a quattro rotelle, due al centro, una davanti e l'ultima dietro.
La musica fu trainante per lo sviluppo del pattinaggio: furono infatti diverse le rappresentazioni artistiche che includevano un programma con i pattini, cosa che sarebbe in seguito divenuta usuale in questo sport. La prima rappresentazione si ebbe nel 1840 a Parigi, al Théâtre Port-St.-Martin, presentata da Madame Dumas; poi toccò al compositore Giacomo Meyerbeer nel 1849 includere una scena di pattinaggio nella sua opera Le Prophète facendo pattinare attori e attrici. Per i primi vennero fissate due rotelle agli stivali, per le signore vennero preparati pattini con due paia di rotelle. Fu un grande successo, tanto che nel 1867 l'invenzione di Garcin fu ripresa da alcuni tecnici industriali all'Esposizione Universale di Parigi e per la prima volta ebbe luogo una esibizione a carattere sportivo.
Il successo dei pattini si stava espandendo in tutto il mondo, arrivando ben presto a coinvolgere gli americani: nel 1863 James Leonard Plimton ideò pattini con un meccanismo a molla e in seguito (1866) costruì a Newport la prima pista pubblica di pattinaggio, che gli costò oltre 100.000 dollari. Intanto a Londra in quegli anni si organizzavano al Danmark Rink partite di un gioco su pattini denominato 'polo su pista'. A Parigi nel 1876 venne inaugurata una lussuosa sala di pattinaggio; in quello stesso anno una società inglese costruì la prima pista di pattinaggio in Germania, nel quartiere Hasenheide a Berlino. Toccò poi a Francoforte, dove nel 1877 nacque un pattinodromo, mentre il barone francese Baillier eresse a Parigi il Palazzo del pattinaggio. Ancora oggi si pensa che la più grande sala di pattinaggio sia stata la Grand Hall Olympia di Londra, che aveva una pista, aperta nel 1890, di 6000 m2. Negli anni Ottanta si ebbe quindi il periodo più florido per lo sviluppo del pattinaggio, un vero e proprio boom: si arrivò in poco tempo a contare una cinquantina di piste in Germania e una trentina in Inghilterra. In Italia, al Palazzo del Quirinale, la regina organizzò un grandioso festival di pattinaggio con il chiaro intento di dare all'evento una impronta sportiva.
A dare la svolta fu però il giovane statunitense Chester Park, che si trasferì a Liverpool nel 1907 e presentò il primo pattino costruito con criteri industriali. Park prese in affitto lo spazioso impianto della Tournament Hall di Liverpool e cominciò un'opera di ristrutturazione. La vecchia pavimentazione in legno fu sostituita da parquet di acero, mentre per la pista si applicò il modello americano. Si cominciò a gareggiare ottenendo subito risonanza internazionale. Berlino, Amburgo e Hannover impazzivano per questo nuovo sport. I fabbricanti di pattini migliorarono e intensificarono la loro produzione e il pattinaggio fu esportato in Francia, Belgio, Italia e addirittura in Egitto. Piste di pattinaggio cominciarono a trovarsi ovunque, nelle capitali o nelle grandi città. Da passatempo a sport competitivo il passo fu brevissimo. In tutti i paesi vennero fondate le prime società sportive e furono organizzate manifestazioni agonistiche o amatoriali.
Nel 1905 gli inglesi fondarono l'Associazione dilettantistica di hockey, che nel 1913 si trasformò nell'Associazione nazionale di hockey su pista. Il primo campionato professionistico ebbe luogo in Inghilterra nel 1906. La gara di velocità si corse sulla distanza di un miglio e mezzo e fu vinta da Hal Bert. E sul Vélodrome, a Parigi, il 24 dicembre 1910 Maria Borda disputò la gara a tempo sulle 24 ore percorrendo 476,033 km. Jesse Carey ad Anversa, invece, coprì in un'ora la distanza di 28,83 km. Era un proliferare di manifestazioni e gare: anche curiose, come quella di un pattinatore tedesco che sfidò in una gara di velocità un ciclista. Visto l'entusiasmo, si pensò che, come nelle altre discipline, fosse giunto il momento in cui manifestazioni e record dovessero essere controllati e le gare regolamentate. Così alla vigilia della prima guerra mondiale nacque un Movimento delle federazioni nazionali che aveva il compito di favorire la collaborazione internazionale a livello sportivo. Il grande entusiasmo intorno a questa disciplina portò all'immediato sviluppo del pattinaggio artistico; valzer, passo doppio e danza resero famose le performances sui pattini. Poi toccò allo sviluppo dell'hockey su pista e, a seguire, al pattinaggio in velocità. La prima guerra mondiale causò un forte regresso della disciplina, quasi tutte le piste di pattinaggio vennero chiuse e le società si sciolsero.
Nei primi anni del dopoguerra le cose non cambiarono molto; ma nel 1924, ad aprile, fu fondata a Montreux la Federazione internazionale di pattinaggio a rotelle. Al Casino di Montreux si riunirono gli svizzeri Albert Mayer, Werner Zeltner Ablas, Otto Mayer, Fred Renkewitz, gli inglesi Kaennels, Jesset e Wallis, il tedesco Max Walker e i francesi Steinfinckel e Salomon. I rappresentanti di queste nazioni crearono una commissione di cui Renkewitz assunse la carica di presidente. Era dunque nata la Fédération internationale de patinage à roulettes (FIPR), che in seguito cambierà il nome in Fédération internationale de roller skating (FIRS): la decisione di tale cambiamento può essere datata al 1947, la sua ufficializzazione al 2 luglio 1952.
Il primo atto della FIPR fu di informare le federazioni nazionali e il 13 aprile 1925 si registrò l'ammissione di Belgio e Italia e via via di tutte le altre. Si cominciarono a organizzare le prime gare internazionali e nel 1936 al Congresso di Stoccarda la FIPR decise la costituzione di tre comitati tecnici: pattinaggio veloce; hockey pista; pattinaggio artistico e danza. La prima nazione non europea ad affiliarsi alla Federazione internazionale fu l'Egitto, poi toccò a Nuova Zelanda, Australia, Canada e Stati Uniti.
Con la seconda guerra mondiale lo sviluppo del pattinaggio subì un altro arresto. Si richiusero le piste, molti pattinatori si ritirarono e solo Portogallo e Spagna continuarono a praticare pattinaggio e hockey. Non è dunque un caso che proprio queste due nazioni siano ai vertici ancora oggi. Continuava però a pieno ritmo l'attività della FIPR: ogni anno si teneva una riunione in occasione dei campionati mondiali ed europei, sistema che vige ancora oggi.
Già nel 1925 la FIPR aveva preso alcune decisioni di grande rilevanza, come accettare soltanto una federazione per ciascuna nazione, stabilire un ufficio di presidenza e migliorare l'informazione e la divulgazione dell'attività. Il 10 aprile 1926 fu eletto presidente l'inglese Kannel. Nel Congresso del 16 aprile 1928 a Herne Bay furono votati alcuni emendamenti sulle regole dell'hockey in merito alla protezione delle gambe e alla durata delle partite. Nel Congresso del 1930 ancora a Herne Bay un delegato della FIPR fu inviato al Congresso del CIO per cercare di far accettare il pattinaggio su rotelle come sport dimostrativo ai giochi olimpici. Nel Congresso di Stoccarda del 1936 si decise che il giorno prima di una competizione internazionale gli arbitri di diverse nazioni dovessero tenere un meeting per uniformare l'applicazione delle regole di gioco. Nel Congresso di Montreux del 1948 il CIO informò la FIRS che gli sport su rotelle non potevano essere ammessi ai giochi olimpici a causa del già alto numero di altre discipline e che i giochi non potevano protrarsi per più di 14 giorni. Nel 1950 a Milano ci fu il primo Congresso della FIRS in Italia, e in quest'occasione Juan Antonio Samaranch, futuro presidente del CIO, fu eletto membro del Comité international de rink hockey (CIRH). Nel Congresso del 21 maggio 1955 a Milano ci fu il primo censimento dei giocatori e delle piste. In complesso le federazioni affiliate erano 27, i club 1152, le piste all'aperto 510 e al chiuso 344. Erano 12.452 i giocatori di hockey, 19.310 i pattinatori della corsa e 9011 quelli del pattinaggio artistico. Nel Congresso del 14 maggio 1960 il presidente Renkewitz annunciò le dimissioni per motivi di salute e nuovo presidente della FIRS fu nominato il portoghese Costa con 2613 preferenze. Dopo quattro anni però Costa si dimise perché alcuni pattinatori tedeschi parteciparono a Las Vegas a una gara organizzata da una federazione non riconosciuta dalla FIRS. Al posto di Costa fu nominato un altro portoghese, Oliveras de la Riva.
A San Paolo nel 1966 fu decisa l'organizzazione della Coppa dei campioni per club nell'hockey su pista e nel 1968 Samaranch fu eletto presidente del CIO. Subito la FIRS inviò un'altra richiesta di ammissione ai giochi olimpici, ma anche questa fu respinta. Nel 1976 Oliveras morì e fu eletto provvisoriamente presidente l'italiano Gianni Mariggi, la cui carica venne poi ufficializzata nel Congresso straordinario del 19 settembre 1976 a Oviedo. Mariggi durò in carica fino al 1979 quando a Francoforte si dimise e il suo posto venne preso dal tedesco Benndorf. Dagli anni Ottanta gli obiettivi primari della FIRS erano di arrivare a un numero sempre maggiore di federazioni nazionali affiliate, di divulgare lo sport nei cinque continenti ‒ ove è ormai presente in tutte le specialità (artistico, corsa e hockey) ‒, cercando di essere ammessi ai giochi olimpici e di intraprendere una sempre più efficace lotta al doping. Proprio nel Congresso tenuto il 25 giugno 2004 al Cairo il presidente della FIRS, lo spagnolo Isidro Oliveras, ha indetto un congresso mondiale scientifico di medicina con invito aperto a medici e professori di varie specialità. Sempre in giugno Oliveras ha tenuto degli incontri con i membri del CIO per l'ennesima richiesta di inserire nelle Olimpiadi di Pechino 2008 almeno una delle specialità del pattinaggio. Presidente della Confédération européenne de roller skating (CERS) è l'italiano Sabatino Aracu, presidente dal 1998 della Federazione italiana hockey e pattinaggio.
Attualmente la Federazione italiana hockey e pattinaggio (FIHP) regola e disciplina l'attività agonistica di quattro settori: artistico, corsa, pista e skateboard.
È stata Milano la culla del pattinaggio italiano. Fu nel 1877 che la ditta milanese Cugini Praga, specializzata in sistemazioni stradali, importò dall'Inghilterra un considerevole numero di pattini e aprì al pubblico una sala-pista al bagno di Diana a porta Venezia. Il locale divenne un punto di incontro e pattinare era un piacevole modo di passare il tempo. In Italia si avvertiva l'interesse che questa nuova disciplina cominciava a suscitare in particolare in Spagna e Portogallo; nel 1878, ancora a Milano, fu costruita nel mezzo della platea del teatro Castelli, in via Santa Radegonda, una zona circolare in asfalto per i pattinatori. Vennero invitati anche pattinatori inglesi e francesi per alcune esibizioni. Ancora Milano fu protagonista nel 1881 con una piattaforma in legno durante l'Esposizione nazionale; nel 1895 una parte dei sotterranei del teatro Eden in piazza Castello fu sfruttata dal proprietario per il pattinaggio su una rudimentale pista in legno e successivamente in piastrelle di cemento e lava.
In Italia cominciavano ad arrivare i primi risultati di gare all'estero e destavano scalpore i bizzarri primati stabiliti nelle prove di un'ora e ancor più nelle competizioni sulle 24 ore. Così, grazie a un ragioniere, tale Luigi Erba, che si dilettava a scrivere, comparvero nel 1892 sulla rivista Illustrazione velocipedistica italiana i primi articoli su gare di hockey e pattinaggio. Nel 1896 il presidente della società Veloce Club, Federico Johnson, fece costruire a Milano un salone di 1600 m2, con tanto di tribune, a uso esclusivo del pattinaggio. La prima gara ufficiale a carattere agonistico in Italia si ebbe proprio al Veloce Club nel 1897. Si disputò infatti il primo campionato sociale che fu vinto da Alfredo Pasta e dalla coppia formata da Johnson e dalla signorina Ratti. Questa gara suscitò molta eco e destò l'interesse degli appassionati e di semplici imprenditori di altre città. Sorsero piste e più propriamente sale per il pattinaggio nei luoghi turistici o nei grandi alberghi. La migliore all'epoca era considerata la terrazza per il pattinaggio del Grand Hotel Excelsior al Lido di Venezia. In seguito altre piste sorsero a Firenze, Torino, Brescia, La Spezia e anche a Roma nella sala Picchetti in via del Tritone.
Fu merito dei fratelli milanesi Brigatti l'organizzazione nel 1912 del primo Campionato italiano di pattinaggio artistico, dove vinsero Alfredo Pasta e, nel pattinaggio a coppie, il duo Rattoni-Rosa. Durante la prima guerra mondiale lo sport rimase appannaggio esclusivo di bambini e ragazze: nel 1916 il secondo Campionato italiano individuale fu vinto da Rosetta Gagliardi. La Federazione italiana pattinaggio a rotelle sorse a Milano nel 1922, un anno dopo la costituzione dell'organismo internazionale, e presidente fu eletto il conte Alberto Bonacossa. La Federazione in effetti nacque per iniziativa spontanea di semplici appassionati che dopo viaggi all'estero raccontavano di come questo sport stesse acquistando consensi. Intanto nel 1910 si era già diffusa la specialità della corsa grazie al circolo Pro Vercelli. Il primo campione italiano di corsa fu Mario Borda.
Nel 1931 venne organizzato il primo Campionato italiano di corsa maschile e femminile su strada su due distanze. Nel 1936 l'hockey su prato entrò a far parte della Federazione italiana pattinaggio a rotelle e l'organismo assunse il nome di Federazione italiana hockey e pattinaggio a rotelle (FIHPR); per un breve periodo prima della guerra si chiamò FIOPR a causa dell'italianizzazione in 'ochei', per trasformarsi poi nell'attuale FIHP, denominazione conservata anche dopo la raggiunta autonomia dell'hockey su prato.
Dal 1967 al 1973 la FIHP costituì una commissione che ne coordinò tutta l'attività. E il 29 settembre 1973 il CONI accettò la Federazione hockey come aderente per poi renderla effettiva dopo cinque anni. L'organizzazione federale dell'hockey su pista però, come è accaduto per molte altre discipline, fu preceduta da una intensissima attività sociale e poco agonistica in campo nazionale e internazionale. Tale attività era regolata da commissioni che poco alla volta posero le premesse per la costituzione della Federazione.
In Italia la Lega nazionale hockey (LNH) è l'organismo preposto all'organizzazione dell'attività agonistica di serie A e B di hockey (su pista e in line), cui la Federazione hockey e pattinaggio demanda per convenzione annuale la relativa gestione. Presidente della LNH dal 1994 è Leo Siegel, coadiuvato da un consiglio direttivo composto da sei consiglieri, tre dei quali provenienti dal settore hockey su pista.
La prima partita internazionale di hockey a livello di club, anche se ormai si può parlare tranquillamente di livello nazionale, si disputò nell'ottobre 1910 a Bruxelles, quando il Club Reale di hockey su pista di Bruxelles batté 3-0 il Club Centaur Roller di Parigi. A novembre ebbe luogo la rivincita e vinsero ancora i belgi 3-1. Nel 1911 ancora Bruxelles superò il Parigi Metropolitan 2-0. In Italia la prima partita 'vera' risale al 12 dicembre 1913, quando il Club Savini di Milano incontrò in terra elvetica la nazionale svizzera. Così i Campionati italiani di corsa e pattinaggio artistico si disputarono rispettivamente nel 1911 e nel 1912. Tra le primissime società con una certa struttura tecnica organizzativa occorre ricordare il Genova Hockey Club, il Pro Vercelli, il Club Padova, l'Hockey Novara, il Milan, l'US Triestina, il Sempione Hockey Club e l'Hockey Club Pola.
Nel settore artistico la prima edizione dei Campionati europei si svolse nel 1929. Poi la seconda guerra mondiale bloccò tutto. Si riprese nel 1946 con la seconda edizione degli Europei ad Anversa. E l'Italia vinse la medaglia d'argento nel singolo maschile con Odoardo Castellari. Nel 1948 toccò proprio all'Italia organizzare gli Europei e Sanremo portò davvero fortuna agli azzurri. Arrivarono ben tre medaglie: oro con Franca Rio, argento con la coppia Piantella-Barresi e bronzo con Piero Barresi. Sette anni dopo i primi campionati europei videro la luce i mondiali, inaugurati a Stoccarda nel 1936.
Gli azzurri però dovranno aspettare il 1949, a Barcellona, per salire sul podio. Accadde due volte, sul gradino più alto, grazie alla bravissima Franca Rio che conquistò l'oro e alla coppia Piantella-Barresi che si aggiudicò il bronzo. Nel 1976 toccò a Roma ospitare la massima rassegna internazionale nella ventiduesima edizione e gli azzurri, pur non figurando tra i migliori, giustificarono la loro presenza vincendo una medaglia di bronzo con Laura Mestriner e Umberto Paganelli dietro a Stati Uniti e Germania Ovest.
Seguirono anni bui, con qualche buon risultato ma nulla di più, fino al 1985, anno in cui i Mondiali si disputarono a Rimini e l'Italia fece le cose davvero in grande vincendo per la prima volta nella storia la medaglia d'oro a squadre. Protagonisti furono Chiara Sartori e Michele Biserni. Fu l'edizione che segnò la svolta del pattinaggio artistico, perché l'Italia non solo vinse la gara a squadre, ma centrò anche una storica tripletta con la stessa Sartori: oro nella combinata, nel singolo e negli obbligatori. A Sydney, in Australia, a ottobre arrivò l'apoteosi per Raffaella Del Vinaccio, nata a Teramo, di grande talento, una delle migliori atlete di tutti i tempi a livello mondiale. Vinse tre medaglie d'oro che le consegnarono di diritto un posto nell'élite mondiale dell'artistico.
Per quello che riguarda la corsa, la prima gara su strada si svolse da Ostenda a Wenduyne in Belgio, sulla distanza di 40 km. Si aggiudicò la gara un istruttore di pattinaggio, Smith Antwerp, che vinse in 2h08′. Nel 1926 il francese René Martin batté il record correndo per 55 km da Bordeaux ad Arcachon in 2h25′.
Gli azzurri parteciparono al primo Campionato Europeo nel 1935, a Monza, conseguendo discreti piazzamenti. Successi a non finire arrivarono nel settore corsa, da sempre prodigo con gli azzurri. La prima medaglia d'oro giunse nei Campionati del Mondo a Londra del 1938. Merito fu del romano Arturo Garagnani nei 1000 m. Le cose andarono ancora meglio nel 1954 con i Mondiali a Bari. Questa volta arrivarono ben cinque medaglie d'oro, quattro nel settore maschile con Luciano Cavallini che vinse nei 500 e nei 1000 m e con Loriano Lori che lo imitò nei 10.000 e 20.000 m. Tra le donne il titolo iridato andò a Wanda Lazzari, Angela Tassi e Alberta Vianello nella competizione a squadre. Il 'trio rosa' conquistò anche l'Europeo in quanto le due manifestazioni erano allora unite. Era un'Italia che incantava il mondo e faceva più notizia quando gli azzurri se ne dovevano tornare a casa a mani vuote che quando vincevano; e ciò accadde nel 1964: nessuna vittoria. Nel 1966 finalmente campionati europei e mondiali vennero scissi in due manifestazioni distinte. A Mar del Plata si svolse la quattordicesima edizione del Mondiale alla quale l'Italia non partecipò. Nel 1968 invece fu inserita la specialità dei 500 m a cronometro e Giuseppe Cantarella iscrisse subito il suo nome nell'albo d'oro vincendo le prove dei 500 e dei 1000 m. Altre tre medaglie d'oro furono conquistate nello stesso Campionato da Ruggeri, Ferrari e Viganò. L'Italia nella corsa è stata sempre regina incontrastata, sia quando si gareggiava con il pattino tradizionale a quattro ruote sia quando è stato introdotto il più sofisticato pattino in linea a sei ruote.
Nel settore pista i primi Campionati Europei furono organizzati in Gran Bretagna nell'aprile 1926 a Herne Bay. Solo sei nazioni ai nastri di partenza e tra queste l'Italia. L'esordio non fu certo dei più felici per gli azzurri che si classificarono ultimi. Nel 1929 però arrivò il riscatto a Montreux con una medaglia d'argento.
In Italia i primi Europei si tennero a Sanremo nel 1948 e nel 1950 furono organizzati i Campionati del Mondo a Milano. Si impose il Portogallo ma gli azzurri si classificarono al secondo posto. Il Portogallo cominciò quindi a dominare in campo internazionale in virtù di istruttori molto qualificati. Nel 1947 proprio i portoghesi organizzarono il Mondiale a Lisbona. Fu un successo incredibile perché si registrò una media di 4000 spettatori. Vinse naturalmente il Portogallo, davanti al sorprendente Belgio e alla Spagna. Più dietro Francia e Gran Bretagna. Seguirono i Mondiali a Montreux nel 1948, a Lisbona nel 1949, a Barcellona nel 1951 e a Porto nel 1952. A piccoli ma costanti passi si arrivò al 1953 quando gli azzurri si laurearono per la prima volta campioni del mondo a Ginevra, precedendo proprio il Portogallo. Bisognò aspettare però il 1985 per conquistare un altro titolo iridato, a Londra, nei Giochi Mondiali riservati alle specialità non olimpiche. In Brasile nel 1986, a Sertãozinho, la conferma del titolo. Nel 1988 ancora un successo mondiale dei nostri hockeisti a La Coruña, in Spagna. Ma la vittoria più bella arrivò nel 1997 in Germania a Wuppertal, in una edizione record per quantità e qualità delle squadre. Gli azzurri batterono in finale l'Argentina. Questa la formazione italiana campione del mondo: Cunegatti, Alberto e Alessandro Michielon, Ventra, Amato, Rigo, Orlandi, Alessandro Bertolucci, Bresciani e Polverini. Il commissario tecnico era Raul Micheli. Ai Campionati Europei del 1965 a Madrid l'Italia conquistò il secondo posto ex aequo con i padroni di casa spagnoli. Quattro anni dopo a Losanna le cose andarono peggio: per gli azzurri solo un sesto posto. Complessivamente la squadra azzurra ha conquistato quattro titoli mondiali e un titolo europeo.
Nel 1991 un altro tassello è stato posto nella diffusione di questo sport: in Svizzera hanno visto la luce i primi campionati europei femminili. E le cose sono andate decisamente meglio rispetto all'infelice esordio del 1926 degli uomini; infatti la nostra nazionale rosa ha subito conquistato l'oro.
Dal 2001 è stata ideata una nuova gara internazionale che ha preso il nome di World Artistic Roller Cup. Vi partecipano i 16 migliori atleti del mondo, che scendono in pista per una sfida unica: per vincere bisogna dimostrare di avere non un'ottima tecnica ma piuttosto una spiccata capacità artistica. L'obiettivo dello show è quello di concentrare il meglio del pattinaggio artistico mondiale a rotelle in un'ora e mezza per far provare al pubblico le sensazioni che soltanto una competizione vera può dare. Giudicati da una giuria di non addetti ai lavori, i primi tre classificati ai campionati del mondo più altri quattro atleti invitati dal comitato organizzatore hanno a disposizione due esibizioni per dimostrare di essere i migliori nel far divertire il pubblico con esibizioni spettacolari. Le esibizioni sono giudicate da una giuria presieduta da un componente del Comité international de patinage artistique (CIPA) e composta da cinque-sette personalità del mondo dell'arte, dello spettacolo, dello sport, con esclusione del mondo del pattinaggio. Le prime tre edizioni della World Artistic Roller Cup si sono disputate a Firenze, ma nel 2004 è subentrata una novità: non più una sola tappa, ma tre, disputate a Padova, Madrid e la gran finale a Firenze.
L'hockey su pista, come tutti i giochi di squadra, coltiva i valori del gruppo e del rispetto del compagno oltre naturalmente a quello dell'avversario, e questo è o dovrebbe essere comune a ogni disciplina sia di squadra sia individuale. Ma l'hockey su pista ha un valore in più. Non si gioca infatti con un pallone, ma con bastoni che se colpiscono un avversario fanno molto più male di una pallonata. Ecco allora che il primo 'comandamento' dei tecnici è l'insegnamento che viene rivolto già ai più piccoli atleti: l'uso corretto del bastone in fase di tiro o di difesa della propria porta. Per di più si gioca in spazi stretti con la difficoltà di restare in equilibrio sui pattini.
Nel pattinaggio artistico, invece, domina il fattore spettacolo abbinato a quello agonistico. Nelle gare di coppia è fondamentale un feeling forte tra i due componenti, con un'intesa che deve andare di pari passo con un affiatamento anche al di fuori del campo di gara. Attriti di natura caratteriale hanno spesso portato allo sfaldamento di coppie che avevano i mezzi tecnici e atletici per dominare la scena sportiva.
Un carattere sociale invece rivestono i valori della corsa. Teatro delle gare di corsa sono la strada e le piazze: da qui la campagna propagandistica del presidente Aracu che invita ad andare in ufficio, a far la spesa o a scuola con i pattini. Un modo per guadagnare tempo e contemporaneamente mantenersi in forma fisica. In effetti qualche anno fa, in piccoli centri dell'Australia, ragazze e ragazzi addetti ai supermercati giravano per le corsie muniti di pattini. Aracu stesso ha proposto pattini anche per le forze dell'ordine, in particolare il vigile di quartiere, spesso alle prese con piccola delinquenza.
La corsa è entrata prepotentemente nel tessuto sociale con l'organizzazione di manifestazioni nelle più belle piazze d'Italia, come la Roller Gala, articolata in una serie di eventi promozionali e spettacolari. In questo contesto si inserisce un altro importante valore, l'ecologia: via dalle piazze tutto ciò che è motore e largo alle rotelle.
Le partite di hockey su pista si giocano tra due squadre che schierano 5 atleti ciascuna. I giocatori devono calzare pattini a rotelle e il gioco si svolge su una pista rettangolare dalla superficie piana, scorrevole e uniforme, situata all'aperto o in locali chiusi, illuminata con luce naturale o artificiale utilizzando, come strumenti di gioco, la palla, il bastone e due porte. Le squadre si schierano nella metà pista che viene loro assegnata per sorteggio. Lo scopo del gioco consiste nel far entrare la palla nella porta difesa dalla squadra avversaria (punto). La squadra che segna il maggior numero di punti vince la partita. La gara è diretta da un solo arbitro.
La pista ha misure da rispettare: la lunghezza standard è di 40 m (può oscillare da un minimo di 36 a un massimo di 44 m); la larghezza standard è di 20 m (da un minimo di 18 a un massimo di 22 m). Intorno alla pista deve essere prevista una protezione alta almeno 1 m (massimo 1,20 m) e la parte inferiore della stessa deve essere costituita da uno zoccolo di legno alto 20 cm e dello spessore di 2 cm. Gli angoli della pista dovranno avere forma curva con un raggio di 1 m. Lungo i lati minori della pista va installata una rete di protezione (anche rimovibile) tale da costituire una barriera la cui altezza complessiva raggiunga almeno i 4 m. Le piste su cui si disputano incontri con luce artificiale devono avere un illuminamento uniforme di 800 lux. Le linee di segnatura della pista sono larghe 8 cm, la porta è costituita da un tubo metallico a sezione tonda, è alta 1,05 m e larga 1,70 m. Nella parte superiore, posteriore e laterale è chiusa da una rete di colore chiaro in fibra vegetale o sintetica, la cui maglia non deve consentire il passaggio della palla. Una rete avente le stesse caratteristiche deve essere appesa all'interno della porta e va fissata solo nella parte superiore e non lungo i lati.
Una partita di hockey su pista in caso di campionati mondiali o europei dura 40 minuti (divisi in due tempi di 20 minuti ciascuno). Nei campionati nazionali invece dura 50 minuti (due tempi di 25 minuti ciascuno). Questa differenza è dovuta al fatto che ai mondiali e agli europei si giocano partite ogni due giorni o addirittura tutti i giorni, mentre nei campionati nazionali la cadenza è settimanale o al massimo si disputano due partite a settimana. Negli ultimi dieci anni vengono organizzati anche mondiali, europei e campionati nazionali di hockey in line. Quasi tutte le regole sono simili a quelle dell'hockey su pista; le varianti sono nel bastone, simile a quello utilizzato nell'hockey su ghiaccio, e nella pallina, qui sostituita dal disco.
Il pattinaggio artistico è composto da diverse specialità: pattinaggio individuale maschile e femminile, coppia artistico, coppia danza. La coppia artistico e la coppia danza sono formate da un pattinatore e da una pattinatrice. La gara di pattinaggio individuale si effettua eseguendo esercizi obbligatori o anche esercizi liberi; la gara di coppia artistico si effettua eseguendo solo l'esercizio libero e quella di coppia danza si effettua eseguendo danze obbligatorie e danza libera.
Tutte le gare di pattinaggio artistico devono svolgersi su piste pavimentate in gettato di graniglia, cemento, asfalto, mattonelle in legno o altre composizioni analoghe. Il fondo deve risultare perfettamente liscio ma non talmente levigato da compromettere la stabilità degli atleti. Ogni pista può essere recintata nei suoi quattro lati da una ringhiera alta almeno 1,20 m. Le gare possono disputarsi su pista coperta o scoperta, con luce naturale o artificiale. Una pista per l'artistico deve rispondere a determinate misure: da 30 fino a 60 m di lunghezza, da 20 fino a 40 m di larghezza. Sulla pista devono essere segnate le tracce dei cerchi e delle boccole sulle quali si eseguono gli esercizi obbligatori che consistono nell'esecuzione, da parte di tutti gli atleti partecipanti a una gara, di figure di scuola preventivamente sorteggiate.
L'esercizio libero consiste nella presentazione, su uno o più brani musicali, di difficoltà tecniche, salti, trottole, collegati tra loro da passi e figure coreografiche eseguite in armonia con il tema musicale prescelto. I brani musicali scelti per l'esercizio libero non devono essere cantati. L'esercizio libero per alcune categorie è suddiviso in due parti: programma breve e programma lungo. Nell'attribuire i propri punteggi i giudici devono valutare le singole difficoltà presentate nel corso di un esercizio. A ciascun esercizio libero vengono assegnati due punteggi: il primo (contenuto tecnico) viene attribuito in base al contenuto tecnico del programma svolto, cioè alla varietà e al tipo di difficoltà eseguite e alla qualità dell'esecuzione; il secondo (contenuto artistico) tiene conto dell'interpretazione e dell'aderenza ai temi musicali prescelti, dei collegamenti delle difficoltà attraverso i passaggi, dell'originalità e inventiva della coreografia. La classifica di una gara di artistico si effettua sommando i punteggi degli obbligatori, dove sia previsto, e quello dell'esercizio libero. Quando un concorrente partecipa sia alla gara di obbligatori sia a quella di libero entra a far parte della classifica di combinata, con la somma dei punteggi acquisiti nelle due gare.
La coppia danza è formata da un pattinatore e da una pattinatrice che eseguono in coordinazione passi e inversioni del senso di marcia in armonia con il ritmo di una musica e in posizioni e prese codificate. L'introduzione di elementi propri della coppia artistico (sollevamenti, salti, trottole, separazione) sono limitati da apposite regole. La competizione di coppia danza è suddivisa in danze obbligatorie, danza originale a schema fisso, danza libera. Le danze obbligatorie vengono eseguite su una base musicale stabilita dalla FIHP. I movimenti base di un programma di artistico sono il passo spinta, passo spinta incrociato (cross stroke), incrociato indietro (cross behind), chassé (raised chassé), cut step, cross chassé, passo progressivo (progressive step o run), roll, cross roll (è un roll che si inizia con il pattino libero che viene posto sullo swing), flat, arabesque, spirale (spiral), perno (pivot), boccola. L'attribuzione dei punti è effettuata in base ai seguenti criteri: 0.0, esercizio non eseguito; 0.1-0.9, esercizio eseguito malissimo; 1.0-1.9, esercizio molto scarso; 2.0-2.9, esercizio scarso; 3.0-3.9, esercizio difettoso; 4.0-4.9, esercizio sotto la media (sotto la sufficienza); 5.0-5.9, esercizio sufficiente; 6.0-6.9, esercizio superiore alla sufficienza; 7.0-7.9, esercizio buono; 8.0-8.9, esercizio molto buono; 9.0-9.9, esercizio eccellente; 10.0, esercizio perfetto.
Una variazione sulle specialità dell'artistico è data dall'artistico sincronizzato che consiste in un insieme di pattinatori, da 12 a un massimo di 24, che eseguono in perfetta sincronia e armonia passi e alcuni elementi tipici di gruppo. In campo internazionale il gruppo sincronizzato è costituito da un minimo di 16 a un massimo di 24 pattinatori. Il programma della gara prevede un esercizio di durata che varia da 4 a 5 minuti.
Nella specialità della corsa il percorso di gara può essere su pista o su strada. Si definisce pista quel percorso che si trova in un impianto, all'aperto o al chiuso, che abbia due rettilinei della stessa lunghezza con due curve simmetriche dello stesso raggio. La lunghezza totale di una pista non deve essere inferiore a 80 m né superiore a 400 m, la larghezza minima è di 5 m. Il pavimento può essere di qualsiasi materiale purché perfettamente levigato per non comprometterne l'aderenza. Le piste possono essere perfettamente piane oppure avere curve sopraelevate; in presenza di tali curve possono essere lunghe non meno di 150 m e non più di 250 m. Molto importante nella gare su pista la presenza di birilli, che devono essere quattro, di colore vivace e realizzati in materiale plastico la cui funzione è quella di delimitare il percorso di gara. Se un atleta tocca il birillo incorre in una ammonizione.
Il percorso su strada può essere aperto o a circuito. Il percorso stradale aperto è quello la cui partenza è fissata a un'estremità e l'arrivo all'altra estremità. Il circuito stradale invece è quel percorso di gara formato da un anello stradale che i concorrenti devono percorrere per intero una o più volte, secondo la distanza della gara. La lunghezza non può essere inferiore a 250 m e la larghezza inferiore a 5 m. La pavimentazione deve essere levigata.
Le gare, sia su pista sia su strada, si svolgono su diverse distanze espresse in metri: 100, 200, 300, 400, 500, 1000, 2000, 3000, 5000, 7000, 10.000, 15.000, 20.000, 50.000, 100.000. Poi c'è la mezza maratona femminile su strada (21 km), la maratona maschile su strada (42 km), a tempo, 1 ora o 24 ore. E diversi sono i tipi di gara: destrezza (su pista piana); cronometro (un numero illimitato di atleti o di squadre percorre in ordine di sorteggio una distanza prestabilita); cronometro a inseguimento di due atleti (ciascun atleta di ogni coppia effettua la prova a cronometro con l'utilizzo di fotocellule in parallelo con l'altro concorrente); inseguimento (è una eliminatoria tra due concorrenti o due squadre che partono da punti equidistanti fra loro e che coprono una distanza prestabilita); sprint (è una prova in linea a tempo su distanze brevi, massimo 500 m e con un numero limitato di atleti); in linea (è una gara con un numero illimitato di atleti che percorrono una distanza prestabilita); a punti (a ogni concorrente vengono assegnati punti a ogni passaggio prestabilito e vince chi realizza il maggior numero di punti); a punti ed eliminazione (a ogni atleta vengono assegnati punti a ogni passaggio e via via viene eliminato l'atleta che al passaggio dei giri dispari risulta in posizione più arretrata); a eliminazione (eliminazione diretta a cadenza regolare per il concorrente nella posizione più arretrata); a tappe (si tratta di una combinazione di più gare a squadre o individuali: la classifica si determina sommando i tempi e i punti acquisiti in ogni gara prevista); a tempo (viene stabilito il tempo di durata della gara e vince chi nel momento della conclusione è in testa); a staffetta americana (gara a squadre che devono essere composte da tre o più concorrenti che dandosi il cambio in un punto o una zona determinati devono coprire una distanza prestabilita). Gli atleti che partecipano alla specialità della corsa, sia in pista sia in strada, devono avere una divisa di gara e indossare il casco integrale protettivo. I pattini, naturalmente, sono quelli in linea (oggi il pattino tradizionale è obsoleto). Gli atleti devono indossare un numero che permette loro di essere riconosciuti nel corso dei giri e che viene applicato sulla schiena e sul fianco sinistro o destro.
Nell'hockey su pista il bastone deve passare attraverso un anello di 5 cm di diametro e deve avere spigoli e angoli smussati. La lunghezza massima è di 1,15 m, quella minima di 90 cm, e il peso non può superare i 500 g. La parte curva deve essere piatta su entrambi i lati. Un bastone può essere costruito in legno o in altri materiali ritenuti idonei dalla Federazione. La pallina misura 23 cm di circonferenza e pesa 155 g. Il colore deve essere in contrasto con quello della pavimentazione della pista e diverso da quello della linea di porta. L'idoneità della palla è stabilita insindacabilmente dall'arbitro.
I pattini consistono in carrelli con ruote che girano liberamente e che non devono superare il limite anteriore e posteriore delle scarpe alle quali sono fissati in modo solido; nella parte anteriore possono essere dotati di appendici frenanti di foggia e materiali che non costituiscano pericolo per l'incolumità dei giocatori. Sulle scarpe non sono consentite protezioni o appendici metalliche. Sono ammessi i pattini in linea, ma nessuno li usa. In una partita di hockey su pista l'uso del casco protettivo è obbligatorio. È consentito l'uso di una visiera protettiva purché la stessa sia di materiale plastico infrangibile e non arrechi danno agli altri.
A tutti i giocatori è consentito l'uso, ancorché facoltativo, di parastinchi, ginocchiere, guanti, imbottiture (per gli arti superiori, gli omeri, il torace, i testicoli), paradenti in gomma o altro materiale similare. Un discorso a parte merita il portiere che deve avere una attrezzatura specifica che consiste in gambali, parascarpe, guanti, maschera in reticolato metallico (ricoperto da materiali plastificati o simili) a sezione tonda o visiera in plexiglas. L'uso è obbligatorio. I giocatori devono indossare maglie, calzoncini e calzettoni corrispondenti ai colori sociali dichiarati al momento dell'iscrizione alla Lega. Le maglie dei portieri devono essere di colore diverso rispetto a quelle degli altri giocatori.
Nell'hockey in line i pattini devono essere costituiti da 3 o 4 ruote in linea e non possono avere freni. Nell'artistico viene utilizzato dagli atleti di ogni continente il classico pattino a rotelline, due anteriori e due posteriori. Non ha invece riscosso successo il pattino in linea che non permette la realizzazione di alcuni esercizi. Tempo addietro alcuni fra i migliori atleti al mondo, tra i quali l'italiano Patrick Venerucci, avevano provato, spinti anche dai costruttori di pattini in linea, a utilizzare appunto il pattino più amato dai ragazzi, ma ben presto l'esperimento è naufragato.
Una partita di hockey su pista si gioca in 5 contro 5, ma una squadra deve essere composta da almeno 6 giocatori, di cui 2 portieri nei campionati dove vige l'obbligo del portiere di riserva. Nei campionati dove non esiste tale obbligo il numero minimo di giocatori richiesti scende a 5. La squadra può disporre di altri 4 giocatori nei campionati dove è obbligatorio il portiere di riserva, o di 5 giocatori di riserva (indipendentemente dal ruolo ricoperto) negli altri campionati. La squadra che si presenti all'inizio della gara con un numero di giocatori inferiore al previsto e comunque senza il portiere di riserva (laddove obbligatorio) è da considerarsi rinunciataria. La gara già iniziata non può proseguire se una squadra, per qualsiasi ragione, rimane in pista con meno di 3 giocatori. Verificandosi questa eventualità la partita viene sospesa, e la squadra che ha determinato la sospensione verrà dichiarata perdente per 2-0 o con un punteggio più favorevole alla squadra avversaria.
La partita si articola in due tempi di gioco effettivo, la cui durata varia a seconda delle categorie e delle situazioni agonistiche. La palla può essere giocata solo con il bastone e durante il gioco non deve superare la quota di 1,50 m. Se però supera tale altezza ma non provoca pericolo alcuno per la sicurezza dei giocatori l'arbitro non dovrà fischiare il fallo.
La palla può essere giocata usando i pattini per intercettarla, fermarla, sospingerla, calciarla e indirizzarla (stop a seguire). La palla può essere fermata e controllata ‒ ma non trasportata o sospinta ‒ con qualsiasi parte del corpo a eccezione delle mani. Se una squadra manda la palla fuori dalla recinzione, la squadra avversaria beneficia di un tiro indiretto. La zona dietro la porta, delimitata in larghezza dai pali frontali della porta stessa, è zona di transito, e pertanto nessun giocatore in possesso di palla può sostarvi, ferma restando la possibilità dell'arresto seguito da immediata inversione di marcia. L'infrazione è punita con un tiro indiretto. Al portiere, all'interno della propria area, è consentito fermare la palla con ogni parte del corpo, anche se si trova temporaneamente a contatto con il pavimento; può altresì calciarla, deviarla e colpirla in qualsiasi modo ma non può trattenerla o bloccarla intenzionalmente sottraendola al gioco, nel qual caso l'azione va punita con un tiro di rigore battuto dal punto segnato al centro della linea dell'area prospiciente la porta. A eccezione del portiere della squadra penalizzata, che non deve superare con i pattini la linea tracciata parallelamente alla linea di porta alla distanza di 50 cm, e del giocatore incaricato di eseguire il tiro, la cui posizione è libera, tutti gli altri giocatori devono portarsi oltre la linea di centrocampo. Qualora ci sia una seconda ammonizione, l'arbitro fa ricorso all'espulsione temporanea che viene sanzionata con un cartellino azzurro. La durata di un'espulsione temporanea può essere di 2 minuti, o dai 3 ai 5 minuti. L'arbitro sanzionerà l'espulsione definitiva mediante la segnalazione con un cartellino rosso.
I pattini
Elemento comune della corsa, dell'hockey su pista o in line e del pattinaggio artistico è l'utilizzo dei pattini. Il pattino tradizionale, impiegato per esempio nell'hockey su pista, è costituito da un gambaletto montato su quattro ruote affiancate due a due: realizza una superficie larga per favorire l'equilibrio. Nel pattino in linea, che ha consentito lo sviluppo dell'hockey in line, si ha una base d'appoggio più lunga e più stretta: le difficoltà a mantenersi in equilibrio sul piano sagittale saranno ridotte rispetto al pattino tradizionale, mentre aumenteranno sul piano frontale. Potremmo paragonare la lama del pattino in linea a uno sci: mentre è difficile che si verifichino cadute in avanti o indietro, rimangono tuttavia frequenti le cadute laterali.
A partire dai primi pattini rudimentali diverse innovazioni hanno caratterizzato l'evoluzione del mezzo. Fondamentale è stata l'introduzione dei cuscinetti a sfera e, naturalmente, grande peso ha avuto il miglioramento della qualità dei materiali. I primi pattini erano in legno, generalmente turco, poi sostituito da legno più duro, l'acero canadese. Molti furono gli esperimenti con le rotelle di metallo e di gomma dura, fino a quando questi materiali vennero sostituiti da prodotti sintetici, ancora oggi usati, in particolare il poliuretano.
Il belga Smith Antwerp e il francese René Martin sono stati due pionieri nel pattinaggio corsa. Sono stati infatti loro a stabilire i primi record di velocità nella storia della disciplina. Il primo corse su pattini 40 km in 2h08′, il secondo corse per 55 km in 2h25′. Tra i campioni della leggenda merita un posto di primo piano l'inglese James Antro Snowden che nel 1892 coprì in 144 ore 1294 km alla media di 9 km/h.
In Italia il primo campione della specialità corsa fu Mario Borda, tesserato con la società Pro Vercelli, il quale dominò per anni la specialità e fu campione italiano di fondo nel 1911, 1912 e 1915. Tantissimi sono stati, inoltre, i suoi trionfi all'estero: tra questi la 24 ore di Parigi al Velodromo d'inverno nel dicembre 1910 alla media di 25,5 km/h, la 12 ore di Ginevra, il campionato del Luna Park, la veglia di Armes (corsa tra 12 pattinatori di 6 nazioni). La pista dei tempi pionieristici ha trovato altri grandi protagonisti in Ettore Bortolini, Piera Brigatti, campioni italiani nel 1931; nel novarese Fiorenzo Spalla che trionfò nel 1931 nella gran fondo Roma-Ostia di 26 km; nel trio del Milan SHC composto da Muti, Bortolini e Zorloni, campioni d'Italia della staffetta 3x700.
Il primo titolo mondiale di un pattinatore italiano della corsa arrivò nel 1938 a Wembley, per opera del romano Arturo Garagnani che vinse la gara dei 1000 m. Gli anni Cinquanta furono dominati da Alberta Vianello che per dieci anni detenne i primati mondiali delle gare dai 500 m a quella dell'ora. I record mondiali maschili dei 300, 500, 1000, 1500, 5000, 10.000, 15.000, 20.000, 30.000 e 50.000 appartenevano a Venanzi, il quale in coppia con Cavallini deteneva ben 31 primati e con l'aiuto di Faggioli e Pellizzari anche tutti quelli su strada (12).
Gli anni Novanta sono stati segnati dalle prestazioni del pugliese Gregorio Duggento al quale nel 2003 il presidente del CONI Gianni Petrucci ha consegnato il collare d'oro per il suo record mondiale nei 300 m corsi in 24,8″. Giovanni Martignon, commissario tecnico della corsa, è stato il protagonista assoluto del passaggio dal pattino tradizionale a quello in linea. A lui si deve ascrivere la leadership mondiale che con il nuovo pattino la nazionale italiana ha conquistato dagli anni Novanta. Martignon è stato tra i primi a capire che il successo non poteva passare soltanto attraverso il mezzo tecnico e per questo ha aperto una nuova era basata su una stretta collaborazione con l'Istituto di medicina dello sport del CONI, soprattutto grazie all'esperienza del maestro dello sport Sandro Donati, predisponendo con lui rivoluzionari sistemi di allenamento specifici per i velocisti e per i fondisti.
Nell'artistico toccò a Franca Rio iscrivere per la prima volta il nome in un Campionato del Mondo nel 1949; l'anno precedente aveva conquistato il titolo europeo. Rio bissò il titolo mondiale nel 1951. Negli anni Ottanta esplose la grazia e l'eleganza di Chiara Sartori che vinse nove titoli mondiali. L'anno d'oro di questa trevigiana, nata nel 1969, è stato il 1985, durante i Mondiali di Rimini quando, sedicenne, mise a segno una tripletta allora senza precedenti: oro negli obbligatori, nel singolo e nella combinata. A livello maschile è invece l'era di Sandro Guerra, un pattinatore imbattibile in Italia e in Europa, ma che ai mondiali ha sempre ottenuto meno di quanto meritasse. Per lui due titoli iridati in combinata, ma mai un successo nel singolo.
A Sartori successe Raffaella Del Vinaccio, la più grande pattinatrice di singolo, che si aggiudicò 13 titoli mondiali consecutivi, un record che ancora nessuno è riuscito a migliorare o eguagliare. Perfetta ed elegante sia negli obbligatori sia nel libero, fece il pieno anche nella combinata. Dopo di lei è stata l'era della veneziana Letizia Tinghi, che però si è fermata a quattro titoli iridati.
Riconosciuto come il più completo pattinatore di tutti i tempi è Patrick Venerucci, nato a Rimini, che ha dominato la specialità di coppia artistico vincendo 11 titoli mondiali a cavallo tra il 1990 e il 2000. Dotato di straordinario talento, Venerucci è stato allenato nella sua lunga carriera dall'istruttrice Paola Pelli che è poi diventata sua moglie. Agile, elegante, dotato di grande forza fisica, Venerucci ha vinto tre titoli mondiali con Maura Ferri e gli altri con Beatrice Palazzi Rossi, entrambe di Rimini e allenate da Paola Pelli. Venerucci ha ricevuto il collare d'oro del CONI per meriti sportivi. Dal 2004 riveste un incarico tecnico nella nazionale di artistico. Il 2004 è stato l'anno del romano Luca D'Alisera, che ha vinto il titolo mondiale di singolo e combinata. Ricorda per l'eleganza e il carisma Venerucci pur se in una specialità diversa, il singolo.
Nel 2002 è accaduto un fatto storico nella danza: per la prima volta il titolo mondiale sfugge agli atleti americani e a vincere sono gli italiani Emanuela e Marco Bornati, sorella e fratello. I due lavorano nella panetteria del papà e si allenano cinque ore al giorno di sera. Abbandoneranno l'attività agonistica dopo i Mondiali in Argentina nel 2003 conquistando la medaglia di bronzo.
Nell'hockey su pista ci sono alcune società che hanno fatto la storia della specialità e hanno dato campioni alla maglia azzurra: tra quelle riconosciute dalla Federazione ci sono Sempione HC, Pola, US Triestina, Milan SHC, Novara, Padova, Pro Vercelli e Genova. Tra quelle del recente passato e di oggi spiccano Prato, Bassano, Viareggio, Forte de' Marmi, mentre nel Sud si comincia a intravedere uno sviluppo grazie all'attività del Salerno. Il Novara è la società che ha fornito il numero maggiore di giocatori alla nazionale, 77 fino all'edizione del 2003 (6 solo nell'edizione del 1993). Subito dietro il Novara, il Club Monza con 47, la Triestina con 40 e la Amatori Modena con 32. Nel 2004 il titolo italiano è stato vinto dal Bassano del Grappa. Italia, Portogallo e Spagna hanno da sempre dominato la specialità.
Tra i grandi tecnici dell'hockey su pista un posto di primissimo piano è occupato da Raul Micheli, scomparso nel 2003, che ha portato l'Italia al titolo mondiale nel 1997. Micheli, toscano, era un fautore del gioco 'a rombo' e con questo rivoluzionario schema nel 1997 vinse facilmente ai Mondiali di Wuppertal in Germania. A Micheli è successo il portoghese Carlos Dantas, primo tecnico straniero nella storia dell'hockey italiano. Dantas ha guidato l'Italia ai Mondiali di Oliveira de Azeméis (Portogallo) nel 2003, dove ha conquistato la medaglia d'argento avendo perso la finale con il Portogallo ai tempi supplementari 2-1. Dantas si è dimesso nel luglio 2004 e al suo posto è subentrato Massimo Mariotti, nato a Grosseto nel 1966, il quale da giocatore ha vinto sette scudetti (cinque a Novara, uno a Seregno e uno a Monza), da allenatore uno a Prato nel 2003. In maglia azzurra ha conquistato due titoli mondiali: in Brasile nel 1986 a Sertãozinho e nel 1988 a La Coruña in Spagna. Da lui guidata, la nazionale ha conquistato l'argento agli Europei 2004 in Francia.
Negli anni Cinquanta il miglior giocatore italia- no è stato Ferruccio Panagini, un novarese che fu il protagonista assoluto del primo titolo mondiale vinto dall'Italia nel 1953 a Ginevra. Gli anni Sessanta sono stati dominati da Francesco Fontana, eletto miglior portiere in due edizioni dei mondiali, e da Beniamino Battistella, attaccante di grande razza, capocannoniere per due stagioni del campionato italiano con il glorioso Novara.
Negli anni Settanta e fino agli Ottanta in Italia e nel mondo brilla la stella di Giuseppe Marzella, un attaccante nato a Giovinazzo nel 1961 e che sin da piccolo comincia a trionfare a livello internazionale in vari campionati juniores. Marzella vince due titoli mondiali nel 1986 e nel 1988, diventa campione d'Europa a Lodi nel 1990.
Tra i protagonisti dell'ultimo titolo mondiale vinto dall'Italia nel 1997 ci sono i due fratelli gemelli Alberto e Alessandro Michielon. Nati il 24 novembre 1972 a Bassano del Grappa, hanno iniziato all'età di sette anni conquistando in seguito con il Novara otto scudetti. Hanno sempre giocato nella stessa squadra e stessa sorte li ha uniti in nazionale dove hanno conquistato oltre all'oro del 1997 altri tre ori agli europei con la nazionale juniores. Alessandro Michielon detiene il record assoluto di marcature in una partita dei mondiali, avendo segnato sei gol nel 1997 a Wuppertal nella partita Italia-Angola finita con il punteggio di 15-1.
Altro grande nome dell'hockey italiano è quello di Alessandro Bertolucci, viareggino, nato nel 1969: campione del mondo nel 1997, campione d'Europa nel 1985 con la nazionale giovanile e campione europeo nel 1988 con la nazionale juniores. Tra i migliori giocatori al mondo è anche il portiere Massimo Cunegatti, nato a Valdagno nel 1971, due volte campione del mondo con la nazionale juniores nel 1988 e nel 1990, un oro agli Europei del 1990 a Lodi e oro con la nazionale maggiore nel 1997.
Tra i grandi giocatori non italiani è da citare lo spagnolo Alberto Borregán, due ori agli Europei nel 2000 e nel 2002, un oro mondiale nel 2001, un bronzo agli Europei nel 1996 e un argento ai Mondiali del 1999. Un vero monumento nazionale per il Portogallo è Pedro Alves, nato nel 1970, che insieme all'italiano Dario Rigo detiene il record di partecipazioni ai campionati del mondo avendone disputati ben sette. Ne ha vinti tre nel 1991, nel 1993 e nel 2003, oltre a un argento nel 1995 e a un bronzo nel 1999. Per lui anche quattro campionati europei vinti negli anni 1992, 1994, 1996 e 1998 e due argenti.