HOLBACH, Paul Heinrich Dietrich, barone di
Pensatore francese, ma oriundo tedesco, nato a Heidesheim (presso Frankenthal, nel Palatinato) sul principio del 1723, morto a Parigi il 21 febbraio 1789. Venuto giovane a Parigi poté coi suoi larghi mezzi raccogliere intorno a sé il gruppo degli enciclopedisti e di quelli che ad essi si riconnettevano, e assorbirne le idee che sistemò poi in quella estrema forma, che restò tipica come una delle espressioni più rudi del materialismo e dello scetticismo illuministico ed enciclopedistico.
L'opera sua principale è il Système de la nature, ou des lois du monde physique et du monde moral, pubblicato sotto il falso nome di Mirabaud e con la falsa data di Londra (in realtà, ad Amsterdam o a Leida) nel 1770. Ma oltre a questa il d'H. pubblicò varî altri scritti anonimi (per es., Lettres à Eugénie ou Préservatif contre les préjugés, Londra 1768; Essai sur les préjugés ou de l'influence des opinions sur les møurs et sur le bonheur des hommes, Londra 1770; Le bon sens ou Idées naturelles opposées aux idées surnaturelles, Londra 1772; Système social ou principes naturels de la morale et de la politique, Londra 1773; La politique naturelle ou Discours sur les vrais principes du gouvernement, Amsterdam 1773; La morale universelle, Amsterdam 1776; Éthocratie ou le gouvernement fondé sur la morale, Amsterdam 1776), parte dei quali non sono d'altronde di sicura autenticità (cfr. per ciò il sottocitato Verzeichnis del Röck).
Rigorosamente orientato verso la negazione di qualsiasi valore che si potesse pensare sovrastante all'immediata naturalità delle cose, il sistema del H. è anzitutto un materialismo, che, come quello più antico ed elementare di Democrito, vede nel tutto un aggregato di atomi, soggetti a leggi e perciò legati da un'immutabile necessità. Questo fato naturale costringe d'altronde egualmente il mondo oggettivo e quello soggettivo, la sfera dei movimenti e quella dei sentimenti: come nella fisica dominano i principî, immutabili e irresponsabili, della gravità, della repulsione e dell'attrazione, così nella morale imperano quelli dell'egoismo, dell'odio e dell'amore. Al materialismo, che al d'H. deriva soprattutto da J. de Lamettrie, si somma così un sensismo, che discende da É. de Condillac, ma resta naturalmente privo di tutto quel significato più profondo che dà valore idealistico al soggettivismo e sensismo condillachiano. Concepita, poi, la tendenza pratica dell'uomo come naturale e fatale al pari dell'accadere fisico, cade la possibilità di qualsiasi discriminazione morale, che quella tendenza pretenda di giudicare: unico fine dell'uomo è quello del raggiungimento della propria felicità, e se a questa conducesse il vizio meglio che la virtù, il vizio sarebbe da anteporre alla virtù. L'individualismo egoistico di questa morale è tuttavia attenuato utilitaristicamente dal d'H intento a giustificare le norme etiche dal punto di vista del maggior vantaggio che dal loro adempimento deriva al complesso sociale. Ma né queste norme hanno valore assoluto, né al disopra del mondo umano è alcuna legge religiosa, ogni concezione del divino non nascendo che dalla fantasia, e non fornendo neppure i vantaggi dell'illusione: tale l'ateismo del d'H., che suscitava così l'avversione e il contrasto non soltanto di Goethe, ma persino di Voltaire e di Federico II di Prussia.
Bibl.: H. Röck, Kritisches Verzeichnis der philosophischen Schriften H.s, in Archiv für Gesch. d. Philosophie, XXX (1917), pp. 270-90; M. P. Cushing, Baron d'H., New York 1914; G. Plechanow, Beiträge z. Geschichte des Materialismus, H., Helvetius, Marx, 3a ed., Stoccarda 1921; R. Hubert, d'H. et ses amis, Parigi 1928.