holding
Termine utilizzato per indicare una società (denominata capogruppo o società madre) che, per effetto dell’entità delle partecipazioni azionarie possedute in altre società del gruppo (➔), ha il potere di controllarne la gestione. Il controllo sull’amministrazione di tali società (che perdono l’autonomia economica, pur conservando quella giuridica) deriva dal possesso (diretto, indiretto, tramite società a loro volta partecipate o reciproco) di una partecipazione che può essere: totalitaria, se riguarda l’intero capitale sociale; maggioritaria, se la quota posseduta supera il 50%; minoritaria, se la quota posseduta non supera il 50% ma riguarda comunque una congrua parte delle quote del capitale della partecipata, tale da permettere alla capogruppo di esercitare un’influenza dominante (quest’ultima può manifestarsi anche per effetto di particolari vincoli contrattuali tra la h. e la società controllata, regolati dall’art. 2359 c.c.). Uno dei principali vantaggi di cui può beneficiare la h. si concretizza nella possibilità di estendere il potere di controllo attraverso il possesso di un’entità limitata di partecipazioni (leva azionaria).
Le h. possono essere di diversa natura: h. finanziaria o pura, h. operativa o mista, h. bancaria. La prima è una società che svolge esclusivamente un’attività di gestione delle partecipazioni e di controllo delle partecipate (operative), garantendo loro il finanziamento e il coordinamento. In questo caso l’attivo della capogruppo è costituito sostanzialmente da partecipazioni finanziarie o strategiche in altre società, quotate o non quotate, le quali appartengono a settori molto eterogenei. Nella h. operativa, la società madre, oltre a svolgere attività di produzione e di scambio, investe le proprie risorse in azioni o quote con finalità di controllo strategico e coordinamento delle società partecipate. Si parla, infine, di h. bancaria, quando la capogruppo detiene partecipazioni di controllo in unità operative appartenenti al settore creditizio.