homeland
(o bantustan) Entità politico-territoriali riservate ai neri nel Sudafrica dell’. Chiamati originariamente bantustan («Paesi dei bantu»), facevano riferimento alle «riserve» riconosciute nel 1913 come proprietà esclusiva delle diverse popolazioni indigene (circa il 13% della superficie del Sudafrica, poi aumentata al 17%) e dotate (1936) di autogoverno sulla base delle istituzioni tradizionali di ogni singolo gruppo. In seguito alla vittoria elettorale del Partito nazionalista (1948), si procedette al perfezionamento della segregazione razziale col varo dell’apartheid. Nel 1959 il Sudafrica bianco prefigurò un processo che portasse gli h. all’indipendenza piena, presentandolo come una via sudafricana alla decolonizzazione che investiva il resto del continente. I territori dei neri, molto frammentati, furono consolidati, intere comunità furono trasferite e si ottennero dieci h. («patrie»), ciascuna destinata a un gruppo etnico-linguistico. In prospettiva tutti i neri avrebbero dovuto perdere la cittadinanza sudafricana e acquisire quella di uno degli h. sulla base dell’origine etnica. Negli anni Settanta gli h. di Transkei, Ciskei, Bophutatswana e Venda accedettero all’indipendenza. Altri sei, KwaZulu (il più popolato), Qwaqwa, Lebowa, Gazankulu, KaNgwane, KwaNdebele, la rifiutarono. Sovrappopolati, poveri di risorse e infrastrutture, circondati dal territorio sudafricano, gli h. indipendenti non ebbero riconoscimento internazionale e di fatto restarono dei serbatoi di manodopera per il Sudafrica bianco. Nel 1986 il regime razzista rinunciò alla strategia dell’indipendenza, restituendo la cittadinanza ai loro abitanti. Gli h. parteciparono al negoziato per la transizione democratica (1990-94) e oggi sono reintegrati nel quadro del Paese. L’autorità dei capi tradizionali è riconosciuta dalla Costituzione.