honorificabilitudinitate
Esempio (VE Il VII 6) di parola che, essendo di più di undici sillabe, eccede la misura di qualunque verso volgare (duodena perficitur sillaba in vulgari, et in gramatica tredena perficitur in duobus obliquis): infatti essa deriva dalla parola latina, in dativo e ablativo, honorificabilitudinitatibus, che era citata nelle scuole e usata come prova di penna.
L'esempio è già in Pietro da Pisa, grammatico di Carlo Magno; è dato da Uguccione, che forse è la fonte dantesca diretta. Compare anche nell'Ars poetica di Gervasio di Melkley (ediz. Gräbener, Münster W. 1965, 210), e poi in Albertino Mussato (De Gestis Henrici VII, in Rer. Ital. Script. X 376) e, appunto come prova di penna, in un codice pavese trecentesco (pubblicato da G. Contini, in Studi in onore di C. Pellegrini, Torino 1963, 66-67). Ebbe vita estesa e longeva se compare ancora in Love's labouros Lost di W. Shakespeare (V 1).
Bibl. - G. Nencioni, D. e la Retorica, in D. e Bologna nei tempi di D., Bologna 1967, 93.