hotspot di biodiversita
hotspot di biodiversità <ḥòt- ...> locuz. sost. m. – Area individuata come prioritaria (letteralmente «punto caldo») per la conservazione di (v.). La concentrazione delle specie minacciate in aree ristrette del pianeta e la sproporzione tra le emergenze di conservazione della biodiversità e le risorse economiche disponibili per contrastarle hanno dato un considerevole impulso, nella prima decade del 21° sec., al progresso nel campo dell’individuazione delle aree prioritarie da proteggere. Il metodo degli hotspots si fonda sul fatto che una grande percentuale della biodiversità conosciuta è concentrata in una piccola porzione del pianeta. Sulla base di questo principio, è stato identificato un insieme di siti che nel complesso occupano lo 0,5% delle terre emerse, contengono il 20% delle specie di piante vascolari finora descritte e sono fortemente minacciati a causa delle attività umane, che hanno convertito nel passato oltre il 70% della vegetazione naturale presente in aree di produzione. Proteggere questi siti significa proteggere molta biodiversità in poche aree, dunque con costi relativamente contenuti. I 34 siti individuati includono tra l’altro la porzione tropicale delle Ande, i frammenti di foresta dell’Africa occidentale, la Rift Valley, il Madagascar, la catena dei Monti Ghati in India, l’Indonesia, la Malesia. Poiché l’analisi degli hotspots si incentrava sulla distribuzione delle piante, oltre a queste e altre regioni tropicali sono state individuate, come punti caldi per la conservazione, le regioni floristiche del Mediterraneo e del Capo di Buona Speranza in Sudafrica, entrambe ricchissime di piante a fiore non presenti altrove sulla Terra.
Principio di complementarietà. – Il principio in base al quale un sito è incluso nel sistema di aree da proteggere o ne è escluso si fonda sul concetto di complementarietà. L’aggiunta di un sito al sistema di aree selezionate è utile solo se questo, complementando il contenuto di biodiversità degli altri siti già selezionati, contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo di conservazione. Conoscendo il costo della conservazione di ciascun sito (acquisizione, gestione) è possibile selezionare a parità di contributo i siti più economici, massimizzando così il ritorno (in termini di biodiversità preservata) dell’investimento di conservazione. Oltre a identificare i sistemi di aree protette più efficienti per raggiungere gli obiettivi di conservazione, i metodi di pianificazione sistematica della conservazione consentono la valutazione del contributo di ciascuna unità di pianificazione al raggiungimento dell’obiettivo. Questo contributo è definito irreplaceability (letteralmente «insostituibilità») dell’unità di pianificazione ed equivale alla probabilità che l’unità sia necessaria per raggiungere l’obiettivo. Un’unità di pianificazione può essere completamente insostituibile se contiene specie o habitat non presenti altrove, o se ne contiene una quantità così grande che non può essere sostituita nemmeno dalla somma di tutte le altre.