Jennings, Humphrey (propr. Frank Humphrey Sinkler)
Documentarista inglese, nato a Walberswick (Suffolk) il 19 agosto 1907 e morto nell'isola di Poros (Grecia) il 24 settembre 1950. Pittore, poeta, dotato di una spiccata sensibilità, fu attivo durante gli anni della Seconda guerra mondiale e seppe ritrarre con partecipazione umana il popolo britannico, mostrandone il coraggio nell'affrontare la dura realtà della guerra e la sua determinazione nel volere superare le difficoltà del conflitto. Il suo interesse per lo sperimentalismo gli conferì una grande libertà espressiva e una notevole originalità nella scelta dell'inquadratura, dei suoni e del commento parlato, elementi che egli accostò sia in maniera complementare, sia volutamente in contrasto. Fu infatti dall'elaborazione e dalla coerente integrazione di tali elementi che J. derivò un proprio stile dallo straordinario potere evocativo. La sua produzione documentaria risulta caratterizzata da uno slancio poetico e da un'acuta ed equilibrata capacità di riflessione, tuttavia l'elevata tensione morale dei suoi film registrò un calo all'indomani della guerra; di lì a poco avvenne la sua scomparsa prematura, mentre realizzava il primo di una serie di documentari che intendevano descrivere il nuovo volto dell'Europa.
Nato in una famiglia agiata dalla quale gli giunsero forti stimoli culturali (il padre era architetto e la madre pittrice), compì studi letterari all'università di Cambridge specializzandosi sulla letteratura e sul teatro elisabettiani; appassionato di poesia, pittura e teatro, scrisse alcuni poemi e realizzò scenografie per le rappresentazioni teatrali del college, nutrendo una particolare predilezione per il poeta e pittore W. Blake, che sarebbe restato per il regista un punto di riferimento costante. Accostatosi all'ambiente del Surrealismo, nel 1936 collaborò a organizzarne la mostra internazionale a Londra, dove espose anche alcune delle sue opere. Nel 1937 contribuì a fondare Mass-Observation, organizzazione che si proponeva di elaborare un'accurata indagine sociologica sulla vita quotidiana degli inglesi.
Già dalla fine del 1934 J. si era avvicinato al cinema entrando alla General Post Office Film Unit come collaboratore di John Grierson, occupandosi inizialmente di problemi artistici relativi alle scenografie e all'uso del colore. Fu con l'entrata in guerra della Gran Bretagna che J. si accostò alla regia realizzando il suo primo documentario, The first days (1939), diretto insieme a Harry Watt e Pat Jackson, minuziosa descrizione della vita di alcuni soldati che si trovano al fronte durante i primi mesi di guerra. Nello stesso anno realizzò anche Spare time, un quadro realistico, privo di facili bozzettismi, che ritrae alcuni operai inglesi nei loro momenti di svago. Successivamente, con London can take it (1940) codiretto da Watt, J. cominciò a inserire quegli elementi destinati a divenire caratteristici del suo stile. Il film è la cronaca di una notte di bombardamenti tedeschi sulla capitale inglese in cui la singolare incisività delle immagini, colte dalla cinepresa sotto le luci delle esplosioni, si accompagna a un commento concepito in forma di dispaccio, realizzato dalla voce del celebre corrispondente americano Quentin Reynolds. Ma fu lavorando per la Crown Film Unit del Central Office of Information, con The heart of Britain (1941) e soprattutto con Listen to Britain (1942) che J. perfezionò le doti di sintesi e di realismo, sviluppando appieno le sue potenzialità espressive che raggiunsero livelli di rara intensità. È in queste due opere che, lavorando in piena libertà con gli elementi filmici, J. celebra l'anima collettiva del popolo inglese, restituendone un'immagine emotivamente toccante e al contempo perfettamente aderente alla realtà. Nel successivo Fires were started, noto anche con il titolo I was a fireman (1943), J. si misurò con il lungometraggio, dapprima documentandosi a lungo sulle azioni delle brigate antincendio, in seguito scritturando come attori alcuni pompieri che collaborarono anche alla stesura dei dialoghi. Diretto in parte negli studi di Pinewood, in parte in esterni, il film è uno degli esempi più efficaci di commistione tra documentario e film di finzione e contribuisce in modo significativo alla creazione di un'immagine mitica della resistenza inglese, colta nel suo quotidiano eroismo. Verso la fine della guerra J. realizzò un mediometraggio, A diary for Timothy (1946), concepito come una riflessione sul futuro postbellico e strutturato mediante il distacco dalla pratica documentaristica. Costruito come un diario che un militare britannico scrive per il figlio appena nato, il film abbraccia un periodo di sei mesi e intreccia la storia di Timothy e di sua madre a quella di quattro lavoratori inglesi. Profondamente poetica e suggestiva, quest'opera pone però molti interrogativi sul futuro dell'Inghilterra lasciando intravedere lo scetticismo dell'autore. Sfortunatamente nelle poche opere che precedettero la sua morte accidentale (per es., The dim little island, 1948, e Family portrait, 1950), J. non riuscì ad andare oltre un elegante formalismo, più adatto a celebrare le tradizioni che a suscitare una tensione morale collettiva.
Humphrey Jennings Memorial Fund Committee, Humphrey Jennings, 1907-1950: a tribute, London 1951.
P. Vecchi, Il simbolo e la contrapposizione, in Grierson: un dibattito, a cura diF. Di Giammatteo, Modena 1981, pp. 59-62.
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Humphrey Jennings ‒ Film-maker, painter, poet, ed. M.-L. Jennings, London 1982 (trad. it. Modena 1983).
G. Novell-Smith, Humphrey Jennings ‒ Surrealist observer, in C. Barr, All our yesterdays, London 1986, pp. 321-33.