HURRITI (XVIII, p. 609)
È tuttora questione controversa se i H. siano da tenersi distinti dai Subarei, oppure debbano essere considerati una sola entità storica con loro. La seconda alternativa è stata presentata e difesa da A. Ungnad e E. A. Speiser, per esempio, mentre la prima, più probabile, è stata sostenuta e riaffermata recentemente da I. J. Gelb.
Originarî dei monti dell'Armenia, nelle regioni attorno al lago Van, i H. debbono aver iniziato la penetrazione verso occidente e verso il sud della Mesopotamia abbastanza presto, poiché un deposito di fondazione con tavoletta hurrita trovato in Mesopotamia, anche se non si accetta la datazione proposta dagli editori (J. Nougayrol e A. Parrot) che lo collocano alla fine del periodo presargonico o al principio della dinastia di Agade, non può però essere abbassato oltre i limiti di quella dinastia. A giudicare dai nomi proprî che ricorrono nei documenti, i H. sono già ben presenti nel sud della Babilonia durante il periodo di Ur III (inizio del secondo millennio), nel nord al tempo delle colonie assire di Kültepe (v. asia minore in questa App.) circa il 1800-1900, e al tempo di Hammurabi (ca. 1700) si rivelano presenti in Mari, sul medio Eufrate, con rituali religiosi redatti in hurrito. A questa prima fase di espansione, o piuttosto di infiltrazione e penetrazione pacifica, ne succede un'altra più direttamente di occupazione, che li rende padroni del nord della Mesopotamia, del nord della Siria e dell'Assiria. Pare invece da escludersi una loro presenza determinante nel movimento degli Hyksos, che era stata ventilata. La loro organizzazione dovette essere dapprima nella forma di gruppi o piccoli stati con struttura non chiaramente definita, senza una vera coscienza unitaria (i testi parlano di "regioni dei H.") alla quale pervennero solo dietro lo stimolo di nuovi arrivati, genti arie, i Mitanni, i quali, portando con sé la conoscenza dell'allevamento del cavallo (si veda il trattato di Kikkuli, trovato a Boǧazköy) e la tecnica dei carri da guerra, riuscirono a farsi accettare dai H. e a costituirne la nobiltà dominante. Sotto la loro spinta, nei secc. XV e XIV, si forma così un grande e potente stato con centro nella regione del Habur, affluente dell'Eufrate, che si estende dai monti Zagros a est fino al Mediterraneo a ovest. Anche l'Assiria entra nella sfera del dominio mitannico (1450-1390, tra Ashshurrābi I e Ashshur-nadin-akhkhē II) appena la Babilonia, conquistata dai Cassiti, rilascia la sua presa su Assur. Circa il 1450 Shaushshatar di Mitanni, figlio di Parsashatar, comanda tanto ad Arrapkha (nella regione dell'odierna Kerkūk), in oriente, come nel regno dei Mukiṡh, comprendente parte della pianura dell'Amq, il basso corso dell'Oronte, il territorio di Aleppo e quello di Niya, con capitale Alalakh. Quando l'Egitto, sotto Thutmosis III, tenta la conquista della Palestina e della Siria, sente al di là la potenza di Mitanni e la riconosce come tale. Infatti dalle lettere di el-‛Amārna sappiamo che al tempo di Thutmosis IV e Amenophis III principesse mitanniche vengono richieste in spose dalla corte egiziana. Inoltre Shuttarna II, secondo successore di Shaushshatar, invia al Faraone la statua della dea Ishtar di Ninive, e il Faraone guarisce. Un secondo invio della medesima statua al Faraone "suo fratello", a una nuova malattia del re in età più avanzata, non varrà più a scamparlo dalla morte. A Shuttarna II succede, legalmente o come usurpatore, non si sa, Tushratta, sotto il quale il regno di Mitanni tocca il suo apogeo, o almeno gode prestigio e autorità, come fa fede la corrispondenza diplomatica con i Faraoni d'Egitto, Amenophis III e IV, per arrivare quasi improvvisamente al suo crollo in circostanze non ben chiare. A causa di mene di Artatama, re hurrita (distinto, pare, da Mitanni), Tushratta muove guerra al re hittita, Shuppiluliuma, il quale invade il paese e conquista la capitale Washshukanni. Ma come conclusione dei torbidi non è Artatama, né suo figlio Shuttarna a succedergli sul trono, bensì Mattiwaza, il figlio di Tushratta, fuggito con due soli uomini e un carro alla corte di Shuppiluliuma. Dal trattato che lo riconosce re si vede che Mattiwaza e i Mitanni sono ormai soltanto uno stato vassallo degli Hittiti. L'eredità hurrita sarà fatta rifiorire qualche secolo dopo (tra il sec. IX e il 585 a. C.) dal nuovo regno di Urartu.
La lingua hurrita, nota solo da qualche lettera, da pochi testi religiosi e da nomi proprî, per quanto penetrata nella sua struttura, non la si può ancora dire interamente interpretata. Di tipo agglutinante, presenta caratteri di somiglianza con le lingue caucasiche, ma non si può stabilire nessuna parentela con lingue note. La letteratura probabilmente giace ancora sepolta sotto le rovine della capitale Washshukanni, da ricercarsi vicino alla regione di Ras el-‛Ain, ma non ancora scoperta.
Quanto all'arte, un'idea dell'architettura si può ricavare da due palazzi: quello del governatore di Nuzi e quello del principe Niqmepa di Alalakh (Tell Acana), simili tra loro. Essenzialmente consistono di un ambiente rettangolare con entrata su uno dei lati maggiori e focolare contro il lato minore più distante dall'ingresso. Altre stanze si trovano alle due testate dell'ambiente principale. L'entrata può essere preparata da un atrio e piccoli ambienti secondarî. E l'idea del khilāni (v. asia minore, in questa App.). Caratteristica è pure una particolare ceramica dipinta, con bande nere di colore opaco su fondo giallo chiaro e motivi ornamentali vegetali in bianco su nero, trovata a Nuzi, Assur, Tell Khalaf e Alalakh.
La religione presenta caratteri sincretistici, poiché consta di elementi di varia derivazione, sumero-accadici, semitici occidentali, e originali h. e mitannici. Dèi principali: Teshup, dio della tempesta, e sua moglie Khepat, che hanno esercitato un influsso non piccolo sul pantheon hittita. La grande processione di Yazılıkaya, presso Boǧazköy, è stata interpretata da E. Laroche, in base alle scritte geroglifiche che l'accompagnano, come raffigurazione di divinità h. Altra divinità è la Ishtar di Ninive, che ha subìto probabilmente l'influsso della analoga dea hurrita Shaushka. Un'altra divinità su cui possediamo testi mitologici in hittito è Kumarbi (in cui s'intravvedono tratti del greco Kronos). Anche i sigilli ci hanno conservato motivi religiosi: scena della presentazione dell'orante, scena dell'albero tra due animali sotto il disco solare, scena del simposio, ecc.
Bibl.: E. A. Speiser, Introduction to Hurrian, in Annals of the American schools of oriental research, XX, 1940-41 (la miglior trattazione sulla lingua); id., in Cahiers d'Histoire Mondiale, 1-2, Parigi 1953, 1954 (breve presentazione della storia e della cultura h.); A. Ungnad, Beiträge zur Kulturgeschichte und Völkerkunde Vorderasiens, Berlino e Lipsia 1936; I. J. Gelb, Hurrians and Subarians, Chicago 1944; id., New light on Hurrians and Subarians, in Studi Orientalistici in onore di Giorgio Levi Della Vida, I, Roma 1956, p. 378-392); R. T. O' Callaghan, Aram Naharaim, Roma 1948; J. Nougayrol, Un document de fondation hurrite de l'époque d'Agadé, in Comptes rendus Acad. des Inscript., 1948; A. Parrot-J. Nougayrol, Un document de fondation hurrite, in Revue d'Assyriologie, XLII (1948), pp. 1-20; J. J. Finkelstein, Subartu and Subarians in old Babylonian sources, in Journal of cuneiform studies, IX (1955) i; A. Goetze, Hethiter, Hurriter und Assyrer, Hauptlinien der vorderasiatischen Kulturentwicklung im II. Jahrtausend v. Chr. Geb., Oslo 1936; id., Kleinasien (Kulturgeschichte des Alten Orients, 3, 1), in Handbuch der Altertumswiss., 2ª ed., Monaco 1957; C. Schaeffer, Stratigraphie comparée et chronologie de l'Asie Occidentale, dans le IIe millénaire, Oxford 1948; H.G. Güterbock, Kumarbi. Mythen vom churritischen Kronos aus den hethitischen Fragmenten zusammengestellt, übersetzt und erklärt, Zurigo-New York 1946; E. Laroche, Le Panthéon de Yazilikaya, in Journal of cuneiform studies, VI (1952), pp. 113 segg.; A. Moortgat, in Aegypten und Vorderasien im Altertum, Monaco 1950 (2ª ed., 1959), pp. 340-348; H. Schmökel, Geschichte des Alten Vorderasien, Leida 1957, pp. 154-170; G. Furlani, Storia della Mesopotamia e dell'Asia Minore, in Le Civiltà dell'Oriente, Roma 1956, I, pp. 151-152; III, ivi 1957, pp. 113-115. La copiosa bibliografia specifica relativa agli Hurriti e alla loro civiltà è facilmente raggiungibile attraverso le opere qui sopra elencate.