HURTADO DE MENDOZA, Diego
Scrittore e diplomatico spagnolo, nato a Granata alla fine del 1503, morto a Madrid il 14 agosto 1575. Della più eletta aristocrazia cortigiana di Spagna - il padre, Íñigo López de Mendoza, era capitano generale del regno di Granata, e i fratelli furon tutti governatori nei varî possedimenti imperiali dalle Fiandre al Perù - l'H. ne seguì la tradizione. Vissuto nel periodo più glorioso della storia spagnola, ne percorse i vasti dominî da soldato, ne conobbe le corti amiche da diplomatico, e da puro letterato ne studiò, specie nell'Italia umanistica, la poesia e il pensiero.
A Granata apprese il latino alla scuola dell'italiano Pietro Martire d'Anghiera; continuò gli studî classici e orientali a Salamanca, dove si perfezionò magistralmente nella conoscenza del greco, ebraico e arabo. Passò quindi in Italia, cavaliere nell'esercito che vinse a Pavia; e a Padova, Bologna, Roma rinnovò e rassodò la propria cultura filosofica, giuridica e filologica. L'Italia diventò così la terra della sua giovinezza, maturatasi via via nell'esercizio continuo della politica e nell'ardore non mai spento per gli studî umanistici. Ambasciatore a venezia (1539-1547), rappresentante di Carlo V al Concilio di Trento (1545), ambasciatore a Roma dal 1547, governatore di Siena, dove condusse una forte campagna repressiva, ritornò in Spagna nel 1554, impiegato da Filippo II in altre importanti missioni. Erano quelli gli anni più delicati per i rapporti diplomatici e correvano allora avvenimenti difficili per conservare la fiducia dell'imperatore; ma l'H. disimpegnò i suoi incarichi con tatto intelligente e fu sempre consapevole delle gravi responsabilità a cui era chiamato. Nel 1567, in seguito a un'impulsiva rissa avuta alla corte, ne fu allontanato; e visse a Granata fino al 1574, appartato e chiuso in sé stesso, soltanto in relazione epistolare con politici ed eruditi, specie con J. Zurita, eminente storiografo. Alla storia, infatti, l'H. si orientò negli ultimi anni, e nell'esilio granadino compose la Guerra de Granada, la sua migliore opera in prosa (1a ed., scorretta, a cura di L. Tribaldos di Toledo, 1627). Testimone oculare della ribellione moresca (1568-71), ne rievocò le vicende con procedimento cronachistico, forse troppo legato all'ordine cronologico, che ne disperde le fila e ne frantuma l'azione centrale. L'emulazione degli antichi - Tacito e Sallustio soprattutto -, lo stile classicamente pretensioso, lo sforzo tenace di nulla omettere rendono un po' astratta e incerta la narrazione storica; ma in complesso essa è veridica, condotta con imparzialità di giudizio, severa nel rilevare l'imperizia dei governatori e la disgregazione politica e militare durante la rivolta, concreta e aderente all'avvenimento, pittorica nella rappresentazione di figure e nella rievocazione di ambienti: diffusasi per tempo, rimase fonte principale, a cui ricorsero poeti e storici, come Juan Rufo per il suo poema dell'Austriada (1584) e L. de Mármol Carvajal per il racconto della stessa storia (1600). Alla comprensione dei fatti politici l'H. si era educato alla scuola dell'esperienza diretta, mentre la prosa espositiva si era affinata durante i suoi uffici diplomatici, negli ampî resoconti e nelle vivaci e precise Cartas ai suoi signori e ai suoi amici, reso più avveduto dal commercio con gli uomini delle corti italiane. Del resto, a questi vivai di cultura risale la sua attività letteraria, così quella del poeta come l'altra dell'erudito, che in lui si alternavano, forse senza viva fusione, ma rispettivamente con forte impronta personale. Se traduceva con rigore scientifico la Meccanica di Aristotele, mentre a Venezia e a Roma raccoglieva codici antichi con discernimento da filologo - e fino al 1671 la Biblioteca dell'Escorial aveva 350 manoscritti greci delle sue raccolte -, d'altra parte nella poesia, in tutte le sue varie forme metriche, egli traduceva il suo temperamento tra idillico e burlesco, un po' grave nelle ore di grigia pensosità, smaliziato e canzonatorio nei momenti della felice levità spirituale. Fin dal 1539 aveva pubblicato qualche composizione: spigliato traduttore da Virgilio, Orazio, Ovidio, dai lirici toscani; abile artefice di sonetti, canzoni, elegie, egloghe, epistole, satire, l'H. trapassa con rapida e spontanea alternativa dalla malinconia petrarchesca all'idillio pastorale, dal tono saggio e moralistico a quello giocoso e caricaturale, sempre terso nell'espressione, maturo e agile nella tecnica, ricco di soggetti letterarî e di motivi umani, italianizzante senza servilità, tradizionalista per certi metri e certi temi spagnoli, ma con rinnovata sensibilità. Egli, che conosceva le lingue classiche e gustava il linguaggio della lirica italiana, serbò una vigile coscienza della purezza castigliana ed espressamente trattò contro i barbarismi di certi scrittori. Sulla traccia del Boscán e di Garcilaso, ne tentò la maniera elegante e musicale; ma, di indole più distratta e di gusto meno esclusivo, si rivolse a un contenuto più vario, seppure meno profondo; tanto che per questa sua molteplicità di atteggiamenti gli furono attribuite opere di altri: specie La Vida de Lazarillo (v. lazarillo), che parve ricordare certo stile faceto e parodistico con cui l'H. componeva molte poesie e qualche pagina di prosa.
Ediz.: Guerra de Granada, in Bibl. aut. esp., XXI; Poesías, ivi, XXXII; Obras poéticas, a cura di W. I. Knapp, in Colección de libros raros, Madrid 1877; Poésies burlesques et satiriques inédites, a cura di A. Morel-Fatio, in Jahrbuch f. rom. u. engl. Sprache u. Lit., II (1875); Mechánica de Aristótiles, a cura di R. Foulché-Delbosc, in Revue hisp., V (1898); Cartas, a cura dello stesso, in Archivo de investigaciones históricas, II (1911); Carta del Capitán Salazar, a cura di L. de Torre, in Revista de Archivos, XXVIII (1913).
Bibl.: C. Graux, Essai sur les origines des fonds grec de l'Escurial, in Bibl. de l'École des Hautes Études, Parigi 1880; R. Foulché-Delbosc, Étude sur la "Guerra de Granada", in Revue hisp., I (1894), VII (1900); id., Les oeuvres attribuées à H. de M., ivi, XXXII (1914), pp. 1-86; Documents relatifs à la Guerre de Grenade, ivi, pp. 486-523; A. Morel-Fatio, Quelques remarques sur la Geurre de Grenade de D. H. de M., in Annuaire de l'École Pratique des Hautes-Études, Parigi 1914, pp. 5-50; id., À propos de la correspondance diplomatique de D. H. de M., in Bull. hisp., XVI (1914), pp. 133-176; L. de Torre y Franco Romero, D. H. de M. no fué el autor de "La guerra de Granada", in Bol. de la R. Ac. de la Hist., LXIV e LXV (1914); R. Foulché-Delbosc, L'authenticité de la "Geurra de Granada", in Revue hisp., XXXV (1915), pp. 476-538.