di Alicia T. R. Acosta
I principali tipi di ecosistemi del pianeta vengono denominati biomi e sono raggruppati soprattutto in funzione della fisionomia della vegetazione dominante. La validità di questo concetto risiede nel fatto che permette di organizzare l’enorme variabilità della vegetazione in categorie più semplici. Le attività umane hanno spesso modificato le caratteristiche naturali di molti biomi, dando origine a fenomeni di degrado spesso irreversibile, con una significativa perdita della diversità biologica. Forniamo una sintetica trattazione dei principali biomi e delle loro caratteristiche.
Foreste tropicali. Ecosistemi dominati da latifoglie sempreverdi o semi-decidue, legati a temperature elevate e piogge molto abbondanti. Esempi: Amazzonia, bacino del Fiume Congo, Indonesia e Nuova Guinea. Queste foreste ospitano un elevatissimo numero di specie, rappresentando il bioma terrestre con maggiore biodiversità e produttività, ma anche il più fragile. La loro distruzione, in paesi poco sviluppati economicamente, è considerata uno dei motivi principali della perdita di biodiversità a scala globale e rientra tra le cause dell’aumento della concentrazione atmosferica di CO2 osservata negli ultimi decenni.
Savane. Ecosistemi caratterizzati da alberi sparsi su uno strato di vegetazione erbacea più o meno continuo. Si trovano in regioni tropicali relativamente aride, specialmente in Africa centrale e australe, dove ospitano grandi popolazioni di mammiferi erbivori e dei loro predatori. Sono sottoposte a un forte rischio di desertificazione, processo influenzato dal pascolo eccessivo e dagli incendi provocati dall’uomo, in ambiti economicamente disagiati.
Deserti. Ecosistemi caratterizzati da precipitazioni molto scarse e da bassa copertura vegetale, in aree tropicali o temperate di diversi continenti (Americhe, Africa, Asia e Australia). La bassa produttività della vegetazione corrisponde a una bassa diversità di animali e piante. Il pascolo eccessivo e lo sfruttamento di risorse energetiche e minerarie minacciano i delicati equilibri di questi ecosistemi.
Foreste e macchie mediterranee. Mosaico di foreste e macchie sempreverdi situato a latitudini medie in diversi continenti (paesi del Mediterraneo, California, Cile, Sudafrica e Australia meridionale) dove gli inverni miti e umidi si alternano con estati calde e aride. I disturbi di origine antropica (incendio, pascolo e deforestazione) trasformano la foresta sempreverde in una macchia sempre più degradata fino alla gariga, con fenomeni di irreversibilità.
Foreste temperate caducifoglie. Ecosistemi forestali diffusi in Europa, Asia orientale e America settentrionale. In risposta alle variazioni stagionali della temperatura, queste foreste presentano cicli di attività con temporanea caduta e ricrescita delle foglie. Trovandosi in aree con elevata densità di popolazione, sono state spesso sostituite da praterie secondarie pascolate o da coltivazioni intensive. Nell’emisfero meridionale (ossia in Sudamerica, Australia e Nuova Zelanda), si osservano foreste temperate sempreverdi, in regioni con piogge intense e clima oceanico.
Praterie e steppe. Ecosistemi dominati da vegetazione erbacea, diffusi dall’Europa orientale all’Asia centrale, nelle Americhe e in Australia. Rispetto alle praterie, le steppe presentano una copertura erbacea più sparsa, sviluppandosi in regioni con minori precipitazioni. Molte piante sono perenni, permettendo in alcuni casi la presenza di importanti popolazioni di erbivori. Il fuoco ha avuto un’importante influenza nel mantenimento di questi ecosistemi, anche se la distribuzione attuale delle praterie è oggi molto ridotta, poiché queste sono state in gran parte rimpiazzate da coltivazioni cerealicole.
Foreste boreali. Ecosistemi costituiti da foresta di aghifoglie sempreverdi (taiga) che si alterna a zone umide più aperte, dove spesso prevalgono betulle e ontani. Si estendono nell’emisfero boreale lungo un’ampia fascia al di sopra dei 50- 60° di latitudine con clima continentale freddo. All’interno di questo bioma vengono incluse anche le foreste alpine di abeti, pini e larici. Attualmente esistono ampie estensioni di taiga in Siberia e Canada, relativamente ben conservate nonostante i danni prodotti dalle piogge acide prodotte dall’inquinamento.
Tundre. Ecosistemi costituiti da piante erbacee di piccole dimensioni, licheni e muschi che entrano in attività durante il breve periodo favorevole. Le poche specie legnose sono arbusti nani e prostrati. La tundra si trova nelle regioni artiche, con clima nivale e suolo permanentemente congelato in profondità (permafrost). Esistono anche le tundre alpine che occupano le montagne sopra il limite degli alberi. Si tratta di ambienti molto fragili, su cui le attività antropiche possono avere un impatto notevole.
La distribuzione dei biomi sul nostro pianeta è il risultato di una lunga e complessa storia evolutiva attraverso le ere geologiche ed è stata determinata prevalentemente dall’alternanza di periodi glaciali ed interglaciali negli ultimi due milioni di anni. Eventuali trasformazioni operate dall’uomo e i cambiamenti climatici avrebbero un effetto significativo sulla loro distribuzione attuale e sul loro supporto alle attività economiche.