Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel Novecento, la danza e la musica affrontano un profondo rinnovamento estetico e tecnico, con il superamento delle convenzioni accademiche e un rinnovato rapporto con altre forme artistiche. A partire dal sodalizio tra Chajkovskij e Petipa nell’ambito del balletto romantico fino alle ricerche dell’avanguardia più iconoclasta condotte dalla coppia Cage-Cunningham, molti compositori del XX secolo, attratti dalle nuove possibilità espressive del balletto moderno, hanno contribuito all’ampliamento delle potenzialità offerte dal rapporto fra musica e danza, collaborando strettamente con i coreografi più innovativi.
Il rinnovamento del balletto
All’inizio del Novecento, nel panorama della danza europea dètta ancora legge il balletto romantico, nato da una visione idealistica della vita, nel quale la tecnica di base esalta la leggerezza femminile e la verticalità dei movimenti; attraverso il tutù e le punte, la prima ballerina viene mitizzata, innalzata a divinità. La scuola del balletto romantico, nata in Italia all’inizio dell’Ottocento, sviluppatasi a Parigi e poi approdata in Russia nella seconda metà del secolo, raggiunge nei teatri imperiali di Pietroburgo il massimo splendore grazie al coreografo marsigliese Marius Petipa (1818-1910). Nel periodo in cui egli dirige il teatro fino al suo congedo (1904) vengono presentati i tre capolavori di Pëtr Il’ic Chajkovskij (1840-1893): La bella addormentata nel bosco (1890), Lo schiaccianoci (1892) e il Lago dei cigni (1895). Per la prima volta si assiste a una compiuta cooperazione tra compositore e coreografo: una rivoluzione intellettuale e un modello canonico, il cui risultato è una musica “danzante” per eccellenza, che ancora oggi non teme confronti.
Un altro avvenimento decisivo per il rinnovamento del balletto è l’arrivo a Pietroburgo nel 1905 di Isadora Duncan (1877-1927), proveniente dagli Stati Uniti. Ignorata in patria, è ammiratissima a Londra, Parigi, Vienna e Berlino: abolite punte e scarpette, balla scalza, usa tuniche al posto del tutù e considera la nudità il massimo della purezza. Il suo stile si ispira alla scultura greco-romana con gesti plastici e atletici. Il giovane Michail Fokin (1880-1942), ballerino e coreografo, trova nelle proposte della ballerina americana un sostegno alle sue idee riformatrici, mentre l’impresario Sergej Diaghilev (1872-1929), con la compagnia dei Ballets Russes, dà vita a uno straordinario movimento intellettuale che coinvolge tutti gli artisti più rappresentativi dell’epoca e stabilisce con Igor Stravinskij (1882-1971) un’intesa, umana e artistica, esemplare e irripetibile.
Molti compositori del Novecento sono stati attratti dalle nuove possibilità espressive del balletto moderno; danza e musica sono così progredite insieme, con un costante influsso reciproco. Il balletto romantico si era basato su musiche orecchiabili di scarso valore, largamente stereotipate: con Chajkovskij e Delibes il livello musicale del balletto migliora notevolmente, ma le composizioni strutturalmente più complesse provocano un certo smarrimento sia nei coreografi meno aggiornati che negli spettatori più conservatori.
Tuttavia, ancor prima dell’apparizione di Stravinskij, Béla Bartók (1881-1945) e altri compositori d’avanguardia sulla scena del teatro coreografico, la danza d’arte ha intrapreso un processo di metamorfosi estetica in parallelo con il riaccendersi dell’interesse, anche nel mondo del balletto romantico, verso il folklore e le tradizioni popolari: nascono così le danze polovesiane del Principe Igor (1909) di Borodin/Fokin, Shéhérazade (1910) e Il gallo d’oro (1914) di Rimskij-Korsakov/Fokin.
Da Debussy a Schaeffer
In Francia, fra i compositori affascinati dalla danza, Claude Debussy (1862-1918) nel 1911 scrive Le martyre de Saint-Sébastien, oratorio scenico su testo di Gabriele D’Annunzio, per la danzatrice Ida Rubinstein, e l’anno seguente dà il permesso di utilizzare il Prélude à l’après midi d’un faune per l’interpretazione coreografica di Vaslav Nijinskij: sarà un memorabile scandalo, prima ancora del Sacre stravinskiano. Nel 1913, su commissione dello stesso Diaghilev, compone il poema danzato Jeux, un passo a tre accolto con una certa indifferenza dal pubblico.
Maurice Ravel (1875-1937) contribuisce al repertorio dei Ballets Russes con Daphnis et Chloé, tratto dal romanzo ellenistico di Longo Sofista, con la coreografia di Fokin: ambientato in una Grecia mitologica e incantata, è un lavoro in cui tutte le risorse strumentali sono impiegate per creare seduzioni sonore, delicate figure di danza, o momenti di vibrante forza dionisiaca. Altre sue partiture, nate inizialmente per una fruizione concertistica, vengono riadattate per la danza: su sollecitazione della danzatrice Nina Trouhanova, i Valses nobles et sentimentales (1911) sono riproposti con il titolo Adelaïde ou le langage des fleurs, mentre di Ma Mère l’Oye (1912) viene adattata una versione orchestrale. Sono invece espressamente concepiti per il balletto La valse (1920) e il famosissimo Boléro (1928) dedicato a Ida Rubinstein. Dello stesso periodo è La Péri (1912) di Paul Dukas, elegante composizione influenzata dai modelli russi.
Manuel De Falla (1876-1946) compone per la danza, oltre a El amor brujo (1915), El sombrero de tres picos (1917), in cui elementi melodici popolari spagnoli si combinano con stilemi neoclassici, che troveranno nel Pulcinella (1920) di Stravinskij, una rappresentazione più organica.
Tra il 1920 e il 1925 la scena teatrale parigina è attraversata dalla compagnia di ballo svedese, fondata da Rolf De Maré, che si avvale dell’audace coreografo, direttore e primo solista Jean Bîrlin: a lui si deve il lancio del Gruppo dei Sei con lo spregiudicato lavoro collettivo Les mariées de la Tour Eiffel (1921). Tra i successi più significativi dei Ballets suédois si deve ricordare La création du monde, con musiche di Darius Milhaud (1892-1974), su un soggetto di Blaise Cendrars, scene e costumi di Fernand Léger, rappresentato per la prima volta a Parigi, al Théâtre des Champs-Elysées, il 25 ottobre 1923.
All’avvio del Novecento il panorama del balletto in Italia si presenta piuttosto spento rispetto agli ultimi decenni dell’Ottocento. Nei primi trent’anni, dopo l’ubriacatura dei “balli grandi” (Excelsior in testa) si verifica una battuta d’arresto dovuta in gran parte alla negligenza e incompetenza di pubblico e critica. La danza rinnovata dalla compagnia dei Ballets Russes non viene recepita ed è tacciata di spirito elitario.
Una svolta decisiva si presenta con l’arrivo in Italia del coreografo ungherese Aurelio M. Milloss (1906-1988): egli realizza una riforma simile a quella promossa da Djagilev agli inizi del secolo, invitando i grandi pittori a realizzare scene e costumi delle sue creazioni e collaborando attivamente con musicisti e compositori di fama internazionale.
Particolare importanza ha l’incontro con Béla Bartók, con il quale stabilisce una profonda intesa, a partire dal celebre Mandarino meraviglioso andato in scena alla Scala il 12 ottobre 1942, poi ripreso in numerosi teatri in Italia e all’estero. Millos realizza la coreografia anche di un altro balletto composto da Bartók, Il principe di legno (1950), e di musiche preesistenti del compositore connazionale.
Il movimento centroeuropeo a favore della danza libera, che in Italia ha avuto deboli echi incontrando difficoltà ricettive, ha trovato uno dei terreni più fertili in Francia, dove si sono sviluppate geniali personalità di coreografi, artefici insieme ai compositori di realizzazioni eccezionali. Roland Petit (1924-), allievo di Serge Lifar ed enfant prodige della danza, firma appena ventenne i capolavori Les forains (1945) su musica di Henri Saguet e Le jeune homme et la mort, su brani di Johann Sebastian Bach orchestrati da Ottorino Respighi e libretto scritto in collaborazione con Jean Cocteau.
Maurice Béjart (1927-2007), fondatore del Ballet du XXeme siècle e del Lausanne Ballet, attivo per la maggior parte della sua carriera fuori del suo Paese, proprio per il Ballet de l’Etoile di Parigi ha creato il suo primo capolavoro, Symphonie pour un homme seul, su musica concreta di Pierre Henry e Pierre Schaeffer, concepita come la rappresentazione coreutico-musicale dell’uomo moderno.
Unione Sovietica e Stati Uniti
Se molte componenti della danza moderna sono state esportate dalla Russia, grazie a Diaghilev e ai migliori elementi della sua compagnia, il “balletto russo”, attivo e celebre all’estero, in patria si tiene quasi orgogliosamente estraneo alle moderne esigenze di rinnovamento e di libera ricerca. Lo sperimentalismo, che subito dopo la rivoluzione d’ottobre investe vari settori della cultura, si presenta meno efficacemente nel mondo del balletto. Verso la metà degli anni Venti rinascono le scuole con un’impostazione classicista, in accordo con la politica culturale sovietica: il primo successo di netta ispirazione socialista è costituito da Il papavero rosso (1927) di Reinhold Moricevic Glière.
Nel 1936 si svolge a Mosca un festival della danza popolare e nello stesso anno viene istituito un organo di Stato volto alla rinascita pedagogica del ballo folklorico: due avvenimenti di fondamentale importanza ai quali si aggiunge nel 1937 la fondazione della compagnia di danza popolare dell’URSS. Sono queste impostazioni a fornire le basi per le creazioni dei musicisti e coreografi della nuova generazione. Nell’ambito del balletto d’arte, i vertici espressivi sono rappresentati dalla produzione di Prokof’ev (1891-1953); tornato in patria dopo una lunga permanenza in Europa, già ha al suo attivo quattro partiture ballettistiche (Chout, 1920; Le pas d’acier, 1925; L’enfant prodigue, 1928; Sur le Borysthène, 1932), caratterizzate da notevole diversità nei contenuti e modernità delle soluzioni espressive. Messo di fronte alla tradizione di stampo classico, Prokof’ev concepisce una sorta di versione coreografica del melodramma, dando sfogo all’invenzione melodica. Romeo e Giulietta (1935-1936), Cenerentola (1940-1944) e La favola del fiore di pietra (1948-1950) sono i tre balletti del periodo sovietico: i primi due sono capolavori in cui è molto curata la caratterizzazione dei personaggi secondo la lezione di Chajkovskij; nell’ultimo, basato su leggende popolari russe, l’autore si piega all’estetica del realismo socialista.
L’altro grande compositore che si dedica al balletto è Dmitrij Sostakovic (1906-1975). Coltiva inizialmente uno stile “modernista” che riscuote scarsi consensi; i suoi primi due lavori L’età dell’oro (1930) e Il bullone (1931) vengono ingiustamente disapprovati dalla critica sovietica e il terzo, intitolato Il limpido fiume (1935), è addirittura oggetto di censura. Tali accoglienze inducono il compositore ad abbandonare il genere del balletto per farvi ritorno durante l’ultimo anno di vita con un lavoro, I sognatori (1975), che rielabora le soluzioni precedenti.
Maggiore fortuna incontrano balletti tradizionalisti come Gajaneh (1942), di Aram Khačiaturian, in cui si fondono elementi folklorici con motivi ideologico-rivoluzionari. Anche in anni più vicini a noi, il balletto russo ha conservato alcune caratteristiche peculiari: da Borodin a Khačiaturian, da Čajkovskij a Stravinskij, il motivo di fondo che accomuna tutti è l’elemento popolare della danza, terreno sul quale la coreografia si è sviluppata in una dimensione internazionale nelle scuole del Kirov di Leningrado e del Bolschoi di Mosca, dai quali sono provenuti gli insuperabili e leggendari ballerini e coreografi esuli come Rudolf Nurejev e Michail Barishnikov.
Il sodalizio artistico fra il coreografo Merce Cunningham (1919-2006) e il compositore John Cage (1912-1992) rappresenta un altro fulgido esempio della possibile complementarità fra danza e musica, e costituisce una delle più importanti rivoluzioni coreiche del secondo Novecento. Seguaci del buddismo Zen, entrambi rifiutano gli psicologismi e la dimensione emotiva come motore drammaturgico: si affidano perciò al metodo aleatorio creando separatamente le loro composizioni, musicale e coreutica. Allievo di Martha Graham, Cunningham ha preso in seguito le distanze dalla modern dance nordamericana e si è riavvicinato alle linee pure e astratte della tecnica classica seguendo George Balanchine, uno degli ultimi geniali coreografi dei Balletti Russi. Con Cage, attua una rivoluzione del proprio linguaggio artistico che provoca un clamoroso divorzio tra suono e movimento, da cui la nascita di un nuovo rapporto basato sulla durata delle due partiture, senza alcuna diretta interrelazione narrativa. Fra le opere nate dalla loro collaborazione: Variation V (1965), How to Pass, Kick, Fall and Run (1968), Travelogue (1977).