I grandi incidenti delle squadre
Oltre alle tragedie legate alla degenerazione in violenza della tifoseria o al cedimento delle strutture degli stadi, la storia del calcio ha conosciuto altri drammatici episodi che hanno comportato la perdita simultanea di numerosi suoi esponenti. Alle 26 persone, tra tecnici e giocatori della squadra sudanese dell'Al Nasr, scomparse in un naufragio sul Nilo Azzurro nel giugno del 1995, si aggiungono le vittime di diverse sciagure aeree. Da ricordare, in particolare, quella del 27 aprile 1993, avvenuta in Gabon, nella quale insieme ad altre nove persone vennero a mancare 17 giocatori della nazionale dello Zambia, e l'incidente all'aeroporto di Monaco di Baviera del 6 febbraio 1958, nel quale morirono otto giocatori del Manchester United, reduci da una partita di Coppa dei Campioni a Belgrado. Ma certamente la tragedia che rimane più viva nel ricordo degli italiani è quella avvenuta la sera del 4 maggio 1949 presso la basilica di Superga, nella quale fu annientato il Grande Torino.
La sera precedente i granata avevano giocato sul campo del Benfica, per onorare l'addio al calcio di Ferreira, amico di Valentino Mazzola. Il presidente Novo era contrario a quella trasferta e non vi aveva preso parte: mancavano quattro giornate alla fine del Campionato e i cinque punti di margine sull'Inter erano rassicuranti ma non davano la certezza matematica della vittoria. Il piano di volo prevedeva l'arrivo alla Malpensa, ma all'improvviso, per ragioni mai chiarite, il trimotore I Elce, un G-212, fece rotta direttamente su Torino, nonostante sulla città le condizioni meteorologiche fossero pessime, con nuvolosità intensa, raffiche di pioggia e visibilità scarsa. Lo schianto contro il basamento della basilica avvenne alle 17.05, quasi certamente dovuto a un guasto all'altimetro. Morirono 31 persone: i giocatori Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Roger Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Pierino Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Julius Schubert; i tecnici Egri Erbstein e Leslie Lievesley; il massaggiatore Ottavio Cortina; i dirigenti Rinaldo Agnisetta, Andrea Bonaiuti e Ippolito Civalleri; i giornalisti Renato Casalbore, Luigi Cavallero, Renato Tosatti; e i quattro membri dell'equipaggio.
Anche se l'eco della notizia si diffuse rapidamente in Italia e nel mondo, non tutti in città ne furono subito al corrente. Sauro Tomà, l'unico giocatore granata rimasto a Torino per infortunio, seppe della tragedia dal lattaio sotto casa, mentre rientrava da una seduta di fisioterapia. A Giorgio Tosatti, figlio undicenne di Renato, la notizia fu brutalmente comunicata da un usciere della sede della Gazzetta del Popolo dove si era recato ad aspettare il padre.
Dopo il riconoscimento, del quale furono incaricati il segretario granata Igino Giusti e il commissario tecnico della nazionale Vittorio Pozzo, e la pietosa ricomposizione, le salme furono portate a Palazzo Madama. Due giorni più tardi una folla immensa, probabilmente superiore al mezzo milione di persone, prese parte al funerale. Tutta Torino era schierata al passaggio del corteo, le case erano deserte, in città dalla sera prima non si trovava più un fiore. La radiocronaca della cerimonia fu trasmessa in diretta, con il commento fra gli altri di Nicolò Carosio e di Sergio Zavoli. I giovani del Filadelfia, che per due giorni e due notti avevano vegliato i campioni scomparsi, nove giorni più tardi andarono in campo al loro posto contro il Genoa, che schierò la sua formazione giovanile, imitato poi dalle rimanenti avversarie. Vinsero, in uno stadio gremito di folla commossa, e la domenica successiva divennero, a loro volta, campioni d'Italia, in nome e per conto della grande squadra che non c'era più.