Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Molto spesso quando si parla di Estremo Oriente si pensa ad un mondo molto lontano da quello europeo, totalmente distaccato, che non ha avuto alcun genere di contatto con la cultura che si è sviluppata in Europa. Se guardiamo alla storia dei Paesi asiatici, invece, possiamo trovare molte fonti che indicano che tra Occidente e Oriente, tra Europa e Asia, vi sono molti contatti soprattutto nel XIII secolo, quando si forma l’impero universale di Gengis Khan. Le ricchezze dell’Oriente spingono i mercanti a viaggiare verso il “Khatai”, seguendo l’antica via che viene di solito ricordata come la “via della seta”.
I primi a muoversi verso l’Oriente non sono i mercanti, ma i missionari che, incoraggiati dalla politica di tolleranza religiosa dei Mongoli, si recano in Mongolia, per via continentale, tentando di diffondervi il cristianesimo. Il più importante tra questi religiosi che, spinto dalla fede, percorre migliaia di chilometri in un continente quasi sconosciuto, è il francescano Giovanni da Pian del Carpine che, partito da Lione nella primavera del 1245, giunge nell’estate dell’anno successivo dal Gran Khan della Mongolia, che all’epoca risiede a Ulan Bathor. Il suo intento di diffondere il cristianesimo fallisce, ma il viaggio nel cuore dell’Asia resta per il frate un’esperienza viva e ricca, che egli racconta nella Historia Mongolarum, considerata, nonostante le sue imprecisioni e il tono a volte fiabesco, la prima fonte di informazione su terre sconosciute di cui dispone l’Occidente.
Un altro missionario-esploratore è Guglielmo di Rubruck, anch’egli francescano, recatosi in Mongolia per diffondervi il cristianesimo, ma senza risultato; egli racconta il suo viaggio nell’Itinerarium, una relazione precisa e realistica, assai più di quella di fra Giovanni, che rappresenta una fonte importante per ricostruire la storia dei Mongoli. Meritano menzione anche Giovanni da Montecorvino (1246-1328), francescano, che diffonde il cristianesimo in Cina molti secoli prima dell’arrivo dei Gesuiti, diventando il primo arcivescovo di Pechino; e Odorico da Pordenone, anch’egli francescano, che viaggia lungo le coste indiane e che è il primo occidentale a raggiungere Giava, Borneo e il Tibet, e visita anche Lhasa, l’antica residenza dei Dalai Lama.
Ovviamente anche i mercanti europei, usufruendo della pax mongola, muovono numerosi verso la Cina in cerca di ricchezze e tessono trame commerciali molto intense e proficue, anche se in genere non lasciano testimonianze scritte dei loro viaggi e sappiamo di loro solo attraverso lo studio fatto dagli storici cinesi. Ma cosa è la pax mongola?
L’equilibrio raggiunto nelle regioni dell’Asia orientale è messo in crisi dall’apparire della potenza dei Mongoli; nel 1206 Gengis Khan viene eletto a capo di tutte le tribù mongole e la sua potenza militare spazza via nel secolo XIII sia i Chin che i Sung. I Mongoli attaccano dapprima il regno di Chin, che non sa opporre alcuna resistenza; nel 1215 cade Beijing, la sua capitale; in seguito conquistano il regno di Hsi-Hsia, impresa che costa la morte di Gengis Khan. Gli succede il figlio Ogodai, il quale tenta di organizzare le terre conquistate nell’Asia orientale, ove vige una sorta di anarchia: i governatori mongoli requisiscono arbitrariamente merci e schiavi, riducono le terre coltivate a pascoli e abbandonano la popolazione a se stessa. Aiutato da un ex funzionario dei Chin, Ogodai riesce a porre rimedio, sebbene solo in parte, ai disordini e allo sfruttamento indiscriminato delle regioni assoggettate in modo da averne un controllo maggiore.
Nel 1260 diviene Gran Khan dei Mongoli Kubilai, nipote di Gengis, il quale nel corso del decennio 1268-1279 conquista tutto il regno dei Sung, già accerchiato dalla potenza mongola: la Cina è annessa ai domini mongoli e la dinastia dei Sung, che tanto ha dato allo Stato cinese, viene definitivamente travolta. Kubilai fonda la dinastia Yuan, che regge la Cina dal 1280 al 1368. Egli si circonda di consiglieri Chin e musulmani e cerca di consolidare il suo potere ispirandosi al modello cinese di Stato; sposta la capitale dei suoi domini a Pechino (Khanbaliq o città del khan) che ristruttura e modernizza, elevandola a centro amministrativo dell’impero. Amministrazione e governo sono affidati prevalentemente a funzionari non cinesi; il sistema degli esami di Stato, al fine di accedere alle cariche pubbliche, è abolito; vengono così eliminati alcuni degli elementi caratterizzanti dell’epoca Sung.
La popolazione è divisa in quattro classi, che godono di diritti diversi: quella dei Mongoli, rappresentata da poche centinaia di migliaia di individui (dinnanzi ai 60 milioni di abitanti), che per lo più sono proprietari terrieri esenti dal pagamento di tributi oppure, in parte minore, funzionari; quella delle persone di “grado speciale”, a cui appartengono le persone originarie dell’Asia centrale e occidentale (Turchi, Persiani e Siriani), in genere addette all’amministrazione e al commercio; quella dei “cinesi” ossia degli abitanti della Cina settentrionale (Chin, Kitani, Jurgi e Coreani) che appartengono alla piccola borghesia; infine, ultima per importanza, vi è la classe dei “barbari del sud” ossia degli abitanti dell’ex regno dei Sung, esclusi da ogni carica e anche dalle attività commerciali.
Come si vede, nella nuova organizzazione sociale imposta dai Mongoli, il ceto dei funzionari-letterati, fondamentali nell’epoca Sung, è privato del suo potere politico, benché riesca in parte a mantenere il potere economico, conservando alcune delle proprietà terriere che gli appartengono. Acquistano invece maggiore prestigio i mercanti, che intensificano sia il commercio transcontinentale che quello costiero, accumulando ingenti ricchezze.
Proprio in relazione alle ricche attività mercantili della Cina di Kubilai, il mercante veneziano Marco Polo raggiunge nel 1275 Pechino: il suo viaggio, in questo contesto, può essere considerato di gran lunga il più significativo. Partito da Venezia nel novembre del 1271, insieme al padre e allo zio, che già in precedenza hanno raggiunto Khanbaliq, attraverso l’altopiano anatolico, i monti dell’Armenia, l’altopiano iranico, egli raggiunge Ormus, sul Golfo Persico, per tentare di arrivare in Asia via mare. La via marittima, però, si presenta troppo pericolosa e Marco, Matteo e Niccolò Polo decidono di proseguire via terra. Ritornano a nord, verso il Khorasan e poi piegano verso oriente, superano la Grande Muraglia cinese, e infine entrano nella valle dell’Hoang-ho, seguendo la quale arrivano a Shang-tu, la residenza estiva di Kubilai Khan. È l’anno 1275 e fino al 1291 i Polo, soggiornano nel Khatai, come viene allora denominata la Cina (i Gesuiti pensano che sia dovuto al nome dei Khitan, un popolo che aveva dominato i Mongoli prima delle loro vittorie militari e della loro ascesa egemonica tra i popoli delle steppe).
Marco lavora al servizio del khan, il quale, avendone intuito le notevoli capacità, lo invia più volte come suo messaggero speciale in regioni lontane, dandogli l’occasione di acquisire cognizioni sempre più numerose e più vaste sul continente asiatico. Da Khanbaliq, per esempio, Marco è inviato nel cuore della Birmania, con le sue foreste tropicali, così diverse dal paesaggio cinese, con la sua civiltà particolare, che il grande viaggiatore veneziano annota mentalmente e confronta con altre tradizioni e altri luoghi.
Dopo aver soggiornato per circa 20 anni in Cina, i Polo decidono di tornare in patria: il viaggio è compiuto in parte via mare, veleggiando lungo le coste meridionali della Cina, l’Indocina e la Malesia, oltrepassando l’odierno Sri Lanka, e la parte meridionale della penisola indiana, per giungere fino a Ormus. Poi i Polo proseguono via terra fino a Trebisonda, sul Mar Nero, e di qui, per mare, essi raggiungono direttamente Venezia nel 1295, dopo più di tre anni di viaggio.
Preso prigioniero nel 1298 dai Genovesi, Marco Polo detta le sue memorie di viaggio a Rustichello da Pisa: da ciò nasce il Libro delle Meraviglie o Milione. Questo libro rappresenta senz’altro un documento fondamentale sia per la storia dell’Occidente che per quella dell’Oriente (basti pensare che in Cina hanno mantenuto un ponte vicino a Pechino con il nome di Marco Polo). Il testo si diffonde presso i missionari e i mercanti che, lette le gesta dei Polo, si spingono a loro volta verso Oriente.
Dal punto di vista religioso, la dominazione mongola è tollerante: buddismo, confucianesimo, taoismo continuano, in diversa misura, a prosperare, mentre si diffondono ulteriormente il nestorianesimo, l’ebraismo e l’islamismo praticati per lo più da stranieri (i religiosi di ogni confessione sono esentati dal pagamento di qualsiasi tributo). È molto interessante leggere le lettere scritte dai Gesuiti che si stupiscono della presenza del cristianesimo in Cina molti secoli prima del loro arrivo. In effetti dalle lettere si comprende che i missionari del XVI secolo non hanno quella cognizione geografica dei missionari del XIII secolo: come, del resto, i mercanti portoghesi e spagnoli, essi non conoscono l’ubicazione precisa dell’antico Khatai e solo attraverso l’attento studio di alcuni missionari, come Matteo Ricci, si riesce a comprendere che il Khatai di Marco Polo è la Cina dei Ming.
È di grande interesse lo studio che fanno i Gesuiti per quanto concerne il nestorianesimo in Cina; essi riescono a ricostruire la vicenda di questi antichi cristiani e ne scrivono la storia fino all’epoca della scomparsa della “setta”. Effettivamente i Gesuiti, quando arrivano in Cina, scoprono molte chiese, monumenti e diari appartenuti a praticanti e novizi che seguono il culto di Nestorio. Sembra che tale culto – bandito nell’Impero romano durante il regno dell’imperatore Teodosio II, in seguito al concilio di Efeso del 431 – si sia diffuso in Oriente durante l’era della dinastia Tang (618-907). Secondo altre fonti è possibile che il nestorianesimo si sia diffuso anche prima, all’inizio del V secolo, attraverso il patriarca di Seleucia-Ctesifonte o forse attraverso una branca della Chiesa di Assiria.
Gli adepti della Chiesa Luminosa (Jingjiao), secondo la denominazione cinese della setta, sono per lo più di origini ebraiche e si diffondono velocemente seguendo le vie dei mercanti. Vi sono anche testimonianze di gruppi cristiani di origini jacobite. I nestoriani riescono a mantenere un forte gruppo lungo tutto il periodo della dinastia Tang: la presenza di una stele di Nestorio, proprio nell’antica capitale Chang’an, fa riflettere sulla grande diffusione di questa religione. Durante la dominazione mongola ritroviamo una forte Chiesa nestoriana soprattutto nell’Asia centro-orientale. In precedenza il nestorianesimo si era diffuso tra le tribù turche, ughuri e mongole. Con l’arrivo della dinastia Yuan questa Chiesa torna a fiorire, ritrovando l’antico splendore del tempo della dinastia Tang.
Quando, nel XVI e XVII secolo, arrivano i missionari cristiani, non trovano assolutamente nulla di questa Chiesa: la dinastia che succede agli Yuan, ovvero i Ming, adotta una politica quasi xenofoba, che induce i nestoriani stranieri a fuggire dai territori delle 18 province. I Gesuiti trovano anche pochissime notizie in merito al primo vescovo cristiano di Roma. Questo induce a credere che dopo la caduta dell’Impero mongolo e la successiva politica isolazionista dei primi Ming, i due “mondi” possano essersi realmente allontanati, per tornare a incontrarsi soltanto molti secoli più tardi.