Dante, i' ho preso l'abito di doglia
. Questo sonetto (Rime XCVIII) fu indirizzato da Cino da Pistoia a D. che non sappiamo se rispose con un altro sonetto. Si trova in uno dei codici più autorevoli del sec. XIV: il Chigiano L VIII 305. La collocazione che il sonetto ha nell'edizione del 1921 (libro V, che comprende rime approssimativamente anteriori alle petrose, e perciò al 1296-97) indica che il Barbi lo riteneva del medesimo tempo di altri sonetti di corrispondenza fra D. e Cino, anteriori all'esilio. Nel sonetto Cino esprime i suoi " martìri " per la sventura che ha colpito la donna amata vestita a lutto per la morte di persona cara: " ché 'l vel tinto ch'i' vidi e 'l drappo scuro / d'ogni allegrezza e d'ogni ben mi spoglia ". È una situazione che ricorre in altri sonetti di Cino, con i quali il nostro ha evidente relazione (i sonetti da CXII a CXVII dell'edizione Di Benedetto). Il Contini ha avanzato delle riserve sulla collocazione proposta dal Barbi, e ha osservato giustamente che non è conciliabile con essa la posizione più arretrata assegnata nel medesimo libro V all'altro sonetto di Cino in corrispondenza con D.: Novellamente Amor mi giura e dice. Il Contini, inoltre, ritiene che da un elemento interno del testo del sonetto si possa trarre la conseguenza che Cino lo compose in tempi piuttosto avanzati dell'esilio di D., quando poteva essere a conoscenza dell'invenzione di tormenti infernali da parte di Dante. Si tratta del v. 12 " E però, se tu sai novo tormento ". È un'ipotesi da tener presente, ma il testo in sé può essere interpretato diversamente.
Bibl. - Cino Da Pistoia, Rime, a c. di G. Zaccagnini, Ginevra 1925, Pistoia 1937, 110; Rimatori del dolce stil novo, a c. di L. Di Benedetto, Bari 1939, 187; Contini, Rime 137; ID., Poeti II (la sezione ciniana è a c. di D. De Robertis) 649.